Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17528 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36171-2018 proposto da:

L.N., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FABRIZIO DINI;

– ricorrente –

contro

Z.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 575/2018 della CORTE DI APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L.N. ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza n. 575/2018 con cui la corte di appello di Ancona, rigettando l’appello principale ed incidentale proposti, confermava la sentenza con cui il tribunale di Urbino addebitava la separaz:one personale di L.N. e Z.V. al primo, affidava i figli ad entrambi i genitori con collocazione presso la madre, disponeva sul diritto di visita del padre a carico del quale poneva altresì l’obbligo di corrispondere per il mantenimento dei figli la somma di Euro 400,00, a far data dall’instaurazione del giudizio, oltre rivalutazione Istat e spese straordinarie nella misura del 50%…

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. dell’art. 654c.p.p. e art. 295 c.p.p. “in relazione all’art. 151 c.c., comma 2” e “violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 7”.

Il ricorrente era stato assolto con sentenze irrevocabili pronunciate in seguito a dibattimento, aventi efficacia di giudicato nel giudizio civile, dai reati di maltrattamenti in famiglia cx art. 572 c.p., e di lesioni ex artt. 582 e 585 c.p., e la corte di appello con l’impugnata sentenza non avrebbe potuto apprezzare diversamente gli stessi fatti materiali su cui era caduto il giudicato penale per fondare su di essi l’addebito della separazione al ricorrente. Il presidente del tribunale di Urbino aveva infatti adottato una ordinanza di sospensione del giudizio di separazione personale tra i coniugi in attesa della definizione di quello penale nel ritenuto carattere pregiudiziale dell’accertamento.

3. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 445c.c. e artt. 708 e 709 c.p.c. La corte di appello aveva confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva fatto decorrere l’importo dell’assegno di contributo al mantenimento dei figli incrementato fino alla misura di Euro 400,00 mensili a far data dalla domanda senza considerare i provvedimenti adottati in sede di udienza presidenziale e, quindi, dal giudice istruttore nella misura di Euro 100,00 con successivo implemento ad Euro 300,00 e riduzione in Euro 200,00 mensili, il tutto in applicazione della giurisprudenza di legittimità che aveva precisato che, il principio della decorrenza delle statuizioni della sentenza dalla data della domanda è destinata a valere nelle ipotesi ii cui la determinazione dell’assegno di contributo al mantenimento non sia stato oggetto prima della sentenza di alcun provvedimento provvisorio ai sensi degli artt. 708 e 709 c.p.c. (Cass. 18538/2013 e Cass. 10788/2018).

Il ricorrente ha depositato memoria.

4. Il primo motivo è inammissibile, le ragioni sono quelle di seguito indicate.

Il motivo è inammissibile perchè manca di autosufficienza ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 in relazione ai contenuti del giudicato di assoluzione intervenuto nel giudizio penale per i reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) e di lesioni (art. 582 c.p.).

I1 ricorrente non ha provveduto a depositare la sentenza di assoluzione nè ha dedotto in ordine alla loro tempestiva rappresentazione dinanzi ai giudici di appello nei termini fatti valere in ricorso.

Ed infatti “il giudicato di assoluzione è idoneo a produrre effetti preclusivi – quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso- nel “giudizio civile solo quando contenga un effettivo, specifico e concreto accertamento circa l’insussistenza del fatto o l’impossibilita di attribuire questo all’imputato, e non anche quando l’assoluzione sia determinata dall’insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso all’imputato” (Cass. n. 20325 del 20/09/2006), nel rilievo della necessita che “la soluzione del primo -il giudizio penale-dipenda pali stessi tatti materiali del secondo -il giudizio civile- e la legge civile non ponga alla prova della posizione soggettiva controversa” (Cass. n. 16080 del 02/08/2016).

Nè il richiamo ai contenuti dell’ordinanza di sospensione del giudizio civile adottata dal giudice ex art. 295 c.p.c., rispetto al giudizio penale incardinato per maltrattamenti e lesioni personali può valere a supplire all’indicata mancanza, non consentendo l’ordinanza di sospensione, intervenuta prima dell’adozione di ogni sentenza in sede penale, di apprezzare, nei termini sopra indicati, i contenuti dell’assoluzione divenuta irrevocabile e quindi del fatto ivi escluso.

Il motivo, ancora, nulla deduce sulla identità soggettiva dei giudizi penale e civile quale presupposto perchè l’irrevocabilità dell’accertamento condotto nel primo potesse vincolare il giudice civile, fermo il principio per il quale: “la sentenza penale di assoluzione con la formula “perchè il fatto non costituisce reato” ha valore di giudicato interno in ordine all’accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del processo penale, all’accertamento del nesso causale e a tutte le statuizioni sulla responsabilità civile qualora il giudizio civile si sia incardinato nel procedimento penale, con la costituzione di parte civile e la partecipazione ad esso delle controparti. In caso invece di mancata costituzione di parte civile la sentenza penale può essere utilizzata dal giudice per trarre elementi di giudizio, pur se non vincolanti” (Cass. n. 11773 del 06/08/2002; Cass. n. 17401 del 30/08/2004).

L’identità soggettiva dei giudizi per la partecipazione anche del coniuge, Z.V., è infatti evidenza neppure dedotta dai ricorrente.

D’altro canto, la puntuale allegazione ad opera del ricorrente dei contenuti della sentenza penale vieppiù si imponeva a fronte della motivazione spiegata dalla corte di merito sugli accertamenti operati in sede penale.

5. Il secondo motivo con cui il ricorrente deduce la violazione di legge in ordine alla decorrenza dell’assegno di contributo al mantenimento dei figli ritiene il Collegio che si presti anch’esso ad una valutazione di inammissibilità.

Va premesso che, come da formato orientamento di questa Corte di cassazione, la “proposta” del relatore di cui all’art. 380-bis c.p.c., non ha carattere decisorio e vincolante per il Collegio, ma funge da mera prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio (Cass. n. 4541 del 22/02/2017; Cass. n. 7541 del 16/03/2019; Cass. n. 2720 del 05/02/2020), con il conseguente rilievo che il procedimento può essere definito con rito camerale ove ricorra un’ipotesi diversa da quella opinata nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la causa alla pubblica udienza soltanto se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5, (Cass. n. 7605 del 23/03/2017).

Ciò posto, poichè il motivo proposto non risulta apprezzato in appello) – nè il ricorrer te allega di avere tempestivamente dedotto la questione dinanzi alla corte territoriale che avrebbe sul punto omesso pronuncia – il tema dal primo introdotto risulta, preliminarmente ad ogni altra valutazione, coperto da giudicato e come tale non più coltivabile in sede di legittimità.

Nulla sulle spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (come da ultimo chiarito da Cass. SU’ n. 4315 del 20/02/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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