Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17526 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34547-2018 proposto da:

TORNO SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 11, presso

lo studio dell’avvocato LUCA BOLOGNESI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI MONFORTE;

– ricorrente –

Contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROVVEDITORATO -INTERREGIONALE OOPP CAMPANIA – MOLISE PUGLIA –

BASILICATA, COMMISSIONE MINISTERIALE PER LA REVISIONE DEI PREZZI

CONTRATTUALI DELLE OPERE PUBBLICHE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2019/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La società Torno S.p.A., in liquidazione, ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza n. 2019 del 3 maggio 2018 con la quale la corte di appello di Napoli, rigettati gli appelli in via principale ed incidentale proposti dalla ricorrente e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha confermato la sentenza con cui il locale tribunale aveva disatteso la domanda proposta da Torno S.p.A., in liquidazione, di condanna del Ministero, del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche Campania e Molise del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della Commissione ministeriale per la revisione dei prezzi contrattuali delle oo.pp., alla corresponsione della somma di Euro 1.690.952,54 quale differenza dovuta a titolo di compenso revisionale per le prestazioni eseguite in esecuzione del contratto di appalto del 7 ottobre 1982, concernente la costruzione dell’acquedotto della Campania occidentale, II e II Sifone in partenza da San Prisco-Progetto speciale 29/107.

Il tribunale aveva ritenuto, con principio confermato in appello, che ai fini del calcolo del compenso revisionale doveva applicarsi la tabella relativa al trimestre gennaio/marzo 1982 all’interno della quale era stata presentata l’offerta ancorchè essa tabella non fosse ancora stata pubblicata all’epoca dell’offerta e non quella precedente del periodò luglio-settembre 1981 conosciuta da Torno al momento dell’offerta.

2. Con il primo motivo la ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato 6 dicembre 1947, n. 1501, art. 1, comma 1, ratificato con L. 9 maggio 1950, n. 329, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, che stabilisce che per i lavori relativi alle opere pubbliche da appaltarsi è ammessa la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi pattuiti, quando l’amministrazione riconosce che il costo complessivo dell’opera è aumentato o diminuito in misura superiore al 10% per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute dopo la presentazione dell’offerta.

Secondo norma, il momento in cui il prezzo corrente si cristallizza è quello in cui l’impresa formula l’offerta e pertanto l’interpretazione della corte di appello aveva stravolto la disposizione là dove aveva invece ritenuto che con “prezzi correnti” dovessero intendersi quelli rilevati ed elaborati, rispetto al trimestre di riferimento, dalle Commissioni ministeriali nelle tabelle riferite al periodo in cui l’offerta era stata proposta e tanto all’esito dell’introduzione del sistema tabellare. La ricorrente aveva accettato il calcolo del compenso revisionale con il sistema tabellare, ma non la tabella scelta dalla stazione appaltante da applicarsi al caso concreto che non poteva essere quella ancora non pubblicata al momento dell’offerta perchè essa avrebbe così ricompreso le variazioni dei prezzi, frutto di oscillazioni di mercato successive al giorno dell’offerta.

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. del Capo provvisorio dello Stato n. 1501 del 1947. art. 1, comma 1 e dell’art. 97 Cost., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Torno aveva sempre dedotto l’applicazione della tabella relativa al trimestre luglio-settembre 1981 quale ultima pubblicata al tempo dell’offerta, intervenuta il 22 gennaio 1982, epoca in cui non era stata invece ancora pubblicata quella del trimestre gennaio/marzo 1982 e poichè la circolare 663/48 Ministero LL.PP., che individuava i calcoli aritmetici in ragione dei quali si determinavano i prezzi, stabiliva che i conteggi potessero essere dati in visione alle imprese interessate.

Con il principio di conoscibilità così espresso si Voleva che le imprese fossero rese edotte dell’andamento del mercato al momento della formulazione dell’offerta.

La sentenza impugnata in violazione della ratio del D.Lgs. cit., art. 1, avrebbe avvalorato il principio della irrilevanza della non conoscibilità dei prezzi al momento dell’offerta là dove il dato della pubblicità è insito nella norma in adesione anche ai principi di buon andamento, e quindi di economicità, di efficacia e di efficienza della P.A.. Le amministrazioni appaltanti devono essere poste in condizioni di conoscere al momento dell’offerta, per valutarne la serietà, i prezzi correnti, che non possono rimanere non definibili per mancanza di dati (i prezzi tabellari) e tanto a discapito, anche, della verifica delle coperture finanziarie.

4. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.L. c.p.s. n. 1501 del 1947, art. 1, comma 1 e degli artt. 2 e 3 Cost. e dell’art. 97 Cost., commi 1 e 2, per mancata applicazione della tutela del legittimo affidamento in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. L’impresa aveva quantificato la propria offerta facendo legittimo affidamento sulla circostanza che in sede di determinazione del compenso revisionale la stazione appaltante avrebbe fatto riferimento alla variazione dei prezzi correnti espressi nell’ultima tabella pubblicata al tempo dell’offerta e tanto secondo condotta tenuta dalla p.a. dal 1948, anno di istituzione delle commissioni di rilevazione dei prezzi, sino alla metà degli anni ottanta, periodo comprendente quello dell’offerta. La ricorrente ha depositato memoria.

5. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, ai quali può darsi congiunta trattazione in quanto connessi, sono inammissibili perchè in contrasto con il principio espresso da questa Corte di cassazione, e nel tempo constante, di cui ha fatto corretta applicazione la corte partenopea con l’impugnata sentenza, per il quale, nella natura dichiarativa delle relative tabelle e nella periodicità dei rilievi in base ai quali esse vengono predisposte: “in tema di revisione dei prezzi di appalto di opere pubbliche, il D.Lgs. C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, art. 1, comma 1, che impone di tenere, conto delle variazioni intervenute rispetto ai prezzi correnti al tempo della presentazione dell’offerta, si interpreta nel senso che i prezzi correnti al momento dell’esecuzione dell’opera devono essere confrontati non già con quelli risultanti dalla tabella nota alla data dell’offerta medesima, la quale riporta i prezzi registrati nel periodo anteriore alla sua pubblicazione, ma con quelli indicati nella tabella relativa al momento in cui l’offerta è stata presentata, ancorchè sia stata redatta e resa pubblica solo in epoca successiva” (Cass. n. 24161 del 12/11/2014; Cass. n. 23670 del 06/11/2006; Cass. n. 3726 del 25/02/2004; Cass. n. 2822 del 11/03/1995; Cass. n. 4644 del 12/05/1994; Cass. n. 9720 del 25/09/1993); nè le proposte censure offrono elementi per mutare l’orientamento ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.

5.2. Segnatamente gli argomenti sviluppati dalla ricorrente in ricorso ed ulteriormente illustrati nella memoria depositata non deducono su rilevanti novità non facendo valere profili che non siano stati già vagliati da questa Corte nel dare contenuto e definizione all’indirizzo in applicazione o, comunque, non sono in grado di sostenere una corretta individuazione della ratio della norma (D.L.c.p.s. n. 1501 del 1947. art. 1) per poi introdurre, nel perimetro decisionale, ragioni di sostegno di una diversa certa soluzione.

5.3. Si argomenta in ricorso su di una nozione di “prezzo corrente” nella sua accezione fattuale e fenomenica, destinata a registrare l’andamento delle fluttuazioni sui mercati del valore di scambio di beni in epoca pregressa e che varrebbe, come tale, ad individuare il prezzo “effettivo” alla data dell’offerta.

All’applicazione del sistema tabellare entrato in vigore successivamente al D. n. 1501 del 1947, art. 1, si accompagnerebbe, invece, alla determinazione del prezzo una serie di complessi calcoli aritmetici che fissati nella circolare n. 663/48 su base tabellare temporalmente prestabilita, mensile o trimestrale, risulterebbe comprensiva di fluttuazioni successive alla data in cui l’offerta è stata formulata.

Si tratterebbe di esito non consentito dall’art. 1 cit. in quanto contrassegnato dalla mancata coincidenza tra il prezzo corrente alla data dell’offerta ed il prezzo corrente tabellare.

5.4. Quanto alla nozione di “prezzo corrente” questa Corte si e espressa nella prospettiva che a sua definizione deve farsi riferimento alle tabelle che effettivamente ineriscono al tempo dell’offerta e non a quelle che elaborate ed esistenti a quell’epoca tuttavia riflettono un periodo precedente e tanto nel rilievo che esse fornirebbero notizia non già dei prezzi “correnti”, come richiesto dal cit. art. 1, bensì di prezzi passati (Cass. n. 2822 del 11/03/1995, che richiama Cass. n. 9720 del 1993).

L’esegesi indicata si è apprezzata da questa Corte come ben armonizzabile con la nozione di prezzo corrente o di mercato richiamata nella norma di legge e tanto nel presupposto che le tabelle in questione piive di valore costitutivo, con effetto erga omnes, hanno invece rilevanza nei limiti della veridicità degli elementi acquisiti, con la conseguenza che, ai fini del compenso revisionale spettante all’appaltatore di opera pubblica, deve aversi riguardo ai prezzi effettivamente attuali al momento dell’offerta e quindi alla tabella che realmente li riproduce ancorchè essa sia stata compilata e pubblicata successivamente la sentenza (Cass. n. 10723 del 1990 in motivazione).

5.5. L’individuazione della ratio del richiamato indirizzo che legge nel prezzo “effettivo” il “prezzo attuale” all’epoca dell’offerta, individuato tra i valori compresi nella tabella trimestrale anche se ancora oggetto di approvazione, fa sì che il riferimento al “prezzo futuro” – che per deduzione difensiva il sistema tabellare porterebbe impropriamente con se quale effetto applicativo, risultando l’applicanda tabella trimestrale comprensiva di elementi per l’appunto futuri rispetto all’epoca dell’offerta – introduca un elemento che, rimasto estraneo alle ragioni su cui l’indirizzo giurisprudenziale si e formato, non riesce a dare conto della diversa propugnata soluzione.

5.6. Il secondo motivo si presta ad un ulteriore rilievo di inammissibilità nella parte in cui la ricorrente deduce la violazione dell’art. 97 Cost., commi 1 e 2 e del principio di buon andamento dell’azione amministrativa.

Si tratta di censura non perspicua, incapace di contrastare la decisione impugnata e per essa il segnalato principio di diritto, la cui ratio vuole la coincidenza tra prezzo corrente ed effettivo dell’offerta realizzato attraverso il sistema tabellare, nel senso esposto.

6. Il terzo motivo, ancora illustrato in memoria dalla ricorrente, si presta ad una valutazione di inammissibilità per l’apprezzata novità in fatto quanto all’intervenuto affidamento della ricorrente nel diverso comportamento tenuto dalla P.A. in materia di revisione prezzi – evidenza sostenuta nell’odierno ricorso da allegazioni di pareri resi nel corso degli anni settanta dalla Commissione ministeriale per la revisione dei prezzi – per il quale le stazioni appaltanti dovevano effettuare la revisione prezzi non con riferimento ai prezzi correnti alla data dell’offerta rilevabili dal mercato a cura dell’appaltatore ed in seguito accertati con effetto retroattivo dalla Commissione, ma a quelli che l’appaltatore aveva l’onere di rilevare dalla tabella in vigore alla data dell’offerta.

6.1. Per pacifico indirizzo di legittimità infatti “ove una determinata questione giuridica – che – implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa” (Cass. n. 2038 del 24/01/2019; Cass. n. 20518 del 28/07/2008; Cass. n. 14590 del 12/07/2005). Le allegazioni documentali (pareri Commissione) su cui si deduce l’esistenza della contraria prassi amministrativa, per cui era “imposto” alle imprese concorrenti di calcolare il compenso revisionale in forza delle tabelle già pubblicate, si accompagnano per vero solo all’odierno ricorso senza poi che le deduzioni argomentative di sostegno risultino puntualmente dedotte in appello.

6.2. Inoltre, il tema di diritto introdotto, la tutela dell’affidamento ingenerato nell’appaltatrice da precedenti prassi dirette a fondare la revisione prezzi sulle pregresse tabelle già pubblicate ed in vigore all’epoca dell’offerta, non riveste il voluto carattere di novità tale da sostenere della norma (art. 1 cit.) il diverso qui propugnato contenuto.

La questione dell’affidamento è stata per vero già scrutinata da questa Corte ed esclusa nel suo rilievo in considerazione dell’indebito vantaggio che verrebbe dalla contraria interpretazione all’appaltatore “che dopo aver presentato la propria offerta, sulla scorta dei prezzi in corso, fruirebbe della revisione anche in relazione ad aumenti già determinatisi, per il solo fatto che non siano stati ancora recepiti nelle tabelle ministeriali” (punto 2 parte motiva, Cass. n. 2822 del 1995) ed il mezzo che la questione qui propone neppure si fa carico di contraddire le conclusioni sul punto già raggiunte da questa Corte per infirmarne la portata.

7. Il ricorso è conclusivamente inammissibile e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese di lite secondo soccombenza come da dispositivo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (come da ultimo chiarito da Cass. SU n. 4315 del 20/02/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente Torno S.p.A. in liquidazione a rifondere al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti le spese di lite che liquida in Euro 8.000,00 per compensi ed in Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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