Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17520 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. trib., 28/06/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 28/06/2019), n.17520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4656-2014 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VODICE 27,

presso lo studio dell’avvocato CINZIA SCARPINO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA SANTORO, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FORINO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 548/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 15/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/05/2019 dal Consigliere Dott. MAURA CAPRIOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRANCESCO SALZANO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato SANTORO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Con sentenza n. 480 del 2011 La CTP di Avellino, investita da M.A. dell’impugnativa avente ad oggetto un avviso di accertamento ai fini Tarsu inerente gli anni 2005/2010 emesso dal Comune di Forino, annullava parzialmente il provvedimento stabilendo l’esclusione della tassazione per talune aree scoperte pertinenziali pari a mq 4.767,45 e dei depositi di metalli puliti e sicuri ex art. 2, comma, pari a mq 2644,15 ritenendo soggette a tassazione le aree destinate a beni strumentali e ai veicoli prima del trattamento per mq 2325 oltre i depositi di rifiuti per mq 196,10,uffici e abitazioni per mq 96,75 con riconoscimento del cumulo giuridico delle sanzioni.

Avverso tale sentenza proponeva appello M.A. chiedendo la riforma della sentenza per le parti in cui lo stesso era rimasto soccombente.

Nel corso del giudizio veniva disposta c.t.u. all’esito la CTR rigettava l’appello.

Rilevava che la pretesa di esentare dal pagamento del tributo tutti i rifiuti perchè pericolosi non era sorretta da alcun indirizzo normativo interno e da alcuna decisione del Consiglio Europee il quale in attuazione della direttiva comunitaria 2008/98/Ce aveva introdotto i criteri per stabilire in relazione ad alcuni tipi di rottami il momento in cui si verifica la perdita della qualifica di rifiuto.

Osservava che la delibera comunale posta a fondamento del provvedimento impositivo doveva ritenersi legittima essendo in essa riportati i principi sufficienti a determinare l’assimilazione dei rifiuti tossici e nocivi a quelli urbani.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione M.A. fondato su tre motivi di ricorso; nessuno si costituisce per il Comune di Forino.

Diritto

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, lett e) e art. 238.

In particolare lamenta, alla luce del quadro normativo di riferimento ai sensi dell’art. 62, comma 2 e dell’art. 62, comma 3, la mancata individuazione da parte del Comune delle categorie produttive speciali, dei criteri, della natura e dei costi degli smaltimenti dei rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione.

Osserva infatti che la previsione del regolamento comunale nr 48/1996 si limita unicamente a stabilire la tassazione al 50% per le attività produttive di rifiuti speciali e tossici. Da qui l’illegittimità della pretesa impositiva azionata che aveva assoggettato a tassazione aree non produttive di rifiuti solidi urbani in violazione del disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, lett e) nonchè del principio comunitario stabilito dal Trattato Ce, art. 174, violazione ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238.

Afferma che i rifiuti provenienti da dette aree sono smaltite a spese del ricorrente come documentano le fatture prodotte e conservano la qualità di rifiuto all’uscita della zona di lavorazione.

Rileva poi la non pertinenza del richiamo operato dal giudice di appello alla normativa Europea che si riferisce ai rottami puliti e sicuri che sono considerati non rifiuti una volta recuperati quali materie prime o secondarie e che pertanto non si attaglia al caso in esame ove gli scarti di lavorazione mantengono la connotazione di rifiuti in uscita contrassegnati come rifiuti speciali con codice CER.

Circostanze queste emerse dalla c.t.u. che aveva accertato la mancata produzione di rifiuti urbani o assimilabili agli urbani ad eccezione degli spazi adibiti ad ufficio e ad abitazione del custode.

Con un secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo e discusso fra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare il contribuente si duole della mancata valutazione della consulenza d’ufficio che ove correttamente esaminata avrebbe portato all’accoglimento delle richieste avanzate dal ricorrente.

Lamenta infatti che la CTR non avrebbe spiegato le ragioni per le quali doveva essere operata una riduzione in percentuale della tassazione ordinaria alle aree delle categorie produttive di rifiuti speciali, tossici e nocivi, laddove l’ente non aveva provveduto all’individuazione delle stesse. Con l’ultimo motivo denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, conseguente all’errata applicazione della normativa in materia alla fattispecie in esame.

I motivi che vanno trattati congiuntamente per l’intima connessione sono fondati.

La questione controversa concerne il preteso diritto della società contribuente alla esenzione dalla TARES, relativamente agli anni 2005/2010 avendo, appunto, domandato il contribuente l’annullamento dell’atto impositivo, per un’area non produttiva di rifiuti solidi urbani, avuto riguardo alla dedotta circostanza che il Comune di Forino nel regolamento non ha individuato categorie di attività produttive di rifiuti speciali, tossici o nocivi, alle quali applicare una riduzione.

In questa prospettiva occorre ricordare che “il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti: l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perchè ivi si producono rifiuti speciali, come pure l’esclusione di parti di aree perchè inidonee alla produzione di rifiuti, sono subordinate all’adeguata delimitazione di tali spazi ed alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente (Cass. n. 11351/2012, in tema di TARSU; cfr nello stesso senso Cass. 2019 nr 10226) e che “nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti.

Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta” (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, commi 1 e 2).

Ciò non comporta, pertanto, che tali categorie di rifiuti (tossici nocivi, speciali) siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62,comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente rifiuti speciali (Cass. n. 5377 del 30 novembre 2011; Cass. n. 4793 del 2015; Cass. nn. 4792 e 4793 del 2016), tenendo conto dei relativi regolamenti comunali.

Ciò premesso va osservato che il richiamo operato dalla CTR alla normativa comunitaria che ha introdotto i criteri idonei a stabilire quando alcuni tipi di rottami cessano di essere considerati rifiuti non è pertinente alla luce delle risultanze peritali.

La descrizione del ciclo lavorativo relativo all’impianto di autodemolizione di cui è titolare la ditta individuale di M.A. quale contenuta nella c.t.u. (cfr da pag. 4 a pag. 18) infatti dimostra che i rifiuti prodotti dall’attività in questione, con la sola eccezione della palazzina adibita ad ufficio e a casa del custode non possono per caratteristiche quali-quantitative essere assimilati o equiparati a rifiuti solidi urbani.

Non vi è in alcuna fase dell’attività produttiva in cui il rifiuto perda la connotazione di rifiuto rimanendo contrassegnati anche in uscita dal codice Cer come rifiuto speciale.

Ne consegue che in assenza di una disposizione regolamentare in cui siano specificamente individuati le categorie produttive di rifiuti speciali alle quali applicare la riduzione di percentuale disposta dal D.Lgs. n. 507 del 1993, così come è dato evincersi dal testo del Reg. comunale n. 48 del 1996, art. 3, riprodotto nel ricorso, deve trovare applicazione prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, la quale stabilisce che nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte va esclusa la tassazione per le aree pari a mq 3225 produttive di rifiuti speciali non assimilabili per qualità e quantità a quelli urbani, con conseguente cassazione della sentenza ed accoglimento dell’integrale ricorso originario del contribuente non essendo necessario un ulteriore accertamento in fatto.

Le spese dell’intero procedimento vanno compensate in considerazione dell’assenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale, appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendonel merito accoglie integralmente l’originario ricorso del contribuente; compensa le spese dell’intero procedimento.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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