Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17519 del 18/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 18/06/2021), n.17519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19061/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GLESIA Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. Adriana La Rocca, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. Rita Gradara in Roma, largo

Somalia n. 67, giusta procura speciale a mezzo scrittura privata

autenticata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/46/2012 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata in data 8 maggio 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 marzo 2021

dal Consigliere Dott. Grazia Corradini.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 52/25/2010 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano accolse il ricorso proposto dalla Srl GLESIA contro la cartella di pagamento notificata in data 22.4.2009 scaturente dal controllo automatizzato della dichiarazione Modello Unico 2006 presentata dalla società per il periodo di imposta 2005, con cui era stato rilevato l’omesso versamento del saldo IVA relativo all’anno 2005, il carente versamento di IVA periodica di gennaio e febbraio ed il tardivo versamento di IVA periodica di luglio per la stessa annualità di imposta ed erano stati quindi iscritti a ruolo la imposta non versata con relativi sanzioni e interessi, nonchè le sanzioni e gli interessi sulla parte di IVA versata in ritardo.

Con il ricorso la società Glesia aveva dedotto che, dopo avere ricevuto in data 18.12.2008 la comunicazione di irregolarità prodromica alla cartella, aveva presentato istanza di autotutela all’Ufficio che non aveva risposto poichè aveva emesso la iscrizione a ruolo senza attendere il termine di 30 giorni dalla notificazione della iscrizione di irregolarità; che, quanto alle sanzioni ed interessi sul tardivo versamento dell’IVA aveva sanato la tardività mediante l’istituto del ravvedimento operoso di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13; che con riguardo agli ulteriori importi iscritti a ruolo aveva diritto alla riduzione delle sanzioni dal 30 al 10% posto che, a seguito del ritardo della notifica della dichiarazione di irregolarità non avrebbe potuto usufruire del beneficio della riduzione delle sanzioni prevista dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2; che la iscrizione a ruolo era stata effettuata oltre il termine previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis; che infine la dichiarazione dei redditi cui facevano riferimento la iscrizione a ruolo e la cartella era stata integrata con una successiva dichiarazione presentata in data 26.10.2007.

L’Ufficio aveva opposto che il termine per la iscrizione a ruolo, dedotto dalla contribuente, era meramente ordinatorio, che la richiesta di parziale autotutela presentata dal contribuente era stata accolta ed era stata in conseguenza parzialmente annullata la cartella esattoriale a seguito della validità del ravvedimento operoso effettuato dalla contribuente con riguardo al tardivo versamento dell’IVA, mentre invece non poteva essere accolta la richiesta di riduzione al 10% delle sanzioni iscritte a ruolo, ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, per presunta violazione dell’art. 6 dello statuto dei diritti del contribuente, poichè la comunicazione di irregolarità era stata regolarmente notificata in data 18.12.2008 e il contribuente non aveva provveduto al pagamento anche parziale degli importi iscritti a ruolo entro 30 giorni dalla ricezione dell’avviso bonario.

La Commissione Tributaria Provinciale, in accoglimento del ricorso, annullò la cartella di pagamento ritenendo che la Amministrazione, avendo iscritto a ruolo i tributi senza attendere il termine concesso alla contribuente per fare pervenire le proprie osservazioni e fare pervenire ulteriore documentazione, senza prendere in esame la istanza di autotutela prodotta dalla contribuente il 19.12.2008 e la successiva comunicazione del 23.12.2008, entrambe nel termine di 30 giorni, avesse violato il diritto di difesa della contribuente così negandole la possibilità di rettificare gli importi liquidati e di potere usufruire delle sanzioni ridotte.

Decidendo sull’appello della Agenzia delle Entrate – che lamentò in particolare la erronea interpretazione delle risultanze processuali e la violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., poichè i primi giudici, dopo avere riconosciuto che era stato rispettato il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, avevano annullato la intera cartella, mentre invece avrebbero potuto accogliere il ricorso solo laddove la contribuente aveva richiesto la riduzione delle sanzioni, posto che vi era stato un riconoscimento del debito da parte della contribuente in ordine alla debenza della maggior parte delle somme iscritte a ruolo – la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 55/46/2012, depositata in data 8.5.2012, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ridusse le sanzioni ad Euro 5.736,49, annullando nel resto la cartella. La CTR ritenne corretta la decisione di primo grado, stante la lesione del diritto di difesa della contribuente in merito alla mancata concessione del termine necessario alla presentazione di una dichiarazione integrativa a rettifica della precedente e della possibilità di presentare proprie osservazioni in merito ai fatti e di instaurare il contraddittorio con la Amministrazione ed in ogni caso di usufruire della riduzione delle sanzioni nel limite del 10% come previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6.

Contro la sentenza di appello, non notificata, la Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, con atto notificato in data 25 – 31 luglio 2012.

Ha resistito con controricorso la Srl Glesia la quale, avendo successivamente ricevuto la comunicazione della avvenuta fissazione dell’adunanza in camera di consiglio del 3 luglio 2019, ha comunicato, in data 21 giugno 2019, il decesso dell’unico difensore e quindi ha presentato in data 26 giugno 2019 istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. per la nomina di un nuovo difensore con contestuale deposito della nomina del nuovo difensore e memoria difensiva ex art. 380 bis 1 c.p.c., in caso di accoglimento dell’istanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ opportuno premettere che non si impone un provvedimento di rimessione in termine della parte contribuente ex art. 153 c.p.c., poichè il decesso dell’unico difensore immediatamente prima della comunicazione della fissazione della precedente adunanza camerale è documentato in atti e peraltro la parte ha depositato tempestivamente la procura al nuovo difensore nonchè “la memoria difensore da valere per il caso di rimessione in termine”, alla presentazione della quale era finalizzata la richiesta ex art. 153 c.p.c..

2. Ciò posto, con un unico motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 3 e 36 bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè la sentenza impugnata, pur essendo indubbio ed incontestato che le imposte iscritte a ruolo fossero dovute in base alla dichiarazione, aveva confermato l’annullamento della cartella di pagamento (fatta eccezione, peraltro contraddittoriamente, per una parte delle sanzioni), non già per mancata debenza dei tributi ovvero per errori nella liquidazione, bensì esclusivamente per presunti vizi procedurali che sarebbero consistiti nella violazione dei termini per l’esercizio del diritto di autotutela della contribuente, per mancata concessione di un termine necessario per la presentazione di una dichiarazione integrativa a rettifica della precedente e per mancata concessione della possibilità di presentare proprie osservazioni ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 6, u.c., benchè l’invito a fornire chiarimenti fosse previsto dall’art. 6, comma 5, con concessione di un termine non inferiore a 30 giorni alla parte per l’incombenza, a pena di nullità dei provvedimenti emessi senza il rispetto del termine, solo nel caso in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; per cui, laddove tale incertezza non sussista, come nel caso in esame in cui la sentenza impugnata non la aveva individuata e l’Ufficio aveva provveduto alla liquidazione semplicemente sulla base del rilievo del mancato versamento dell’IVA dichiarata per l’anno 2005, senza apportare alcuna correzione ai dati contenuti nella dichiarazioni, non sarebbe stata configurabile alcuna illegittimità della cartella e del ruolo pur se fosse stata completamente omessa la preventiva comunicazione dell’esito della liquidazione, tanto più che anche la mancata concessione di un termine adeguato per l’esercizio della autotutela avrebbe potuto, eventualmente, incidere sulle sanzioni ma non certamente sulla debenza dei tributi dichiarati e non versati.

3. La contribuente ha opposto, in via preliminare, con il controricorso illustrato da successiva memoria, la formazione del giudicato interno sul capo della sentenza di primo grado che aveva annullato la cartella di pagamento per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione essendo divenuta definitiva tale pronuncia che costituiva una ratio autonoma della decisione e che non era stata impugnata dalla Agenzia con l’atto di appello, nonchè, comunque, la infondatezza del ricorso poichè l’invio della comunicazione di irregolarità da parte della Agenzia delle Entrate comportava il riconoscimento del diritto della contribuente al contraddittorio ed era erroneo il richiamo, in sede di ricorso per cassazione, al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, considerato che la disposizione applicabile in tema di IVA era il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis.

3. Il ricorso è ammissibile poichè non sussiste il giudicato interno invocato dalla contribuente sull’annullamento della cartella, da parte del giudice di primo grado, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, che non sarebbe stato contestato dall’Agenzia delle Entrate con l’atto di appello. Infatti, con l’atto di appello, come risulta dalla parziale trascrizione nella sentenza di secondo grado a pagina 1 e nello stralcio riportato a pagina 10 del controricorso, l’Ufficio aveva contestato che “il primo giudice non aveva tenuto alcun conto delle argomentazioni svolte e del riconoscimento del debito ad opera della contribuente in ordine alla debenza delle maggiori somme iscritte a ruolo” e che “controparte infatti contestava come non dovuti i soli importi richiesti ai righi 9 e 10 della cartella, oggetto poi di successivo sgravio…” e quindi aveva contestato alla radice il fondamento della decisione di primo grado nella sua globalità, in relazione a tutte le argomentazioni svolte; il che escludeva la formazione del giudicato con riguardo alla pretesa nullità della iscrizione a ruolo per violazione dello statuto dei diritti del contribuente, art. 6, comma 5, avendo la Agenzia delle Entrate difeso, con l’appello, la completa legittimità della iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento anche sotto il profilo della errata ed insufficiente motivazione della sentenza, della erronea interpretazione delle risultanze processuali e della violazione di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, in particolare per avere la sentenza impugnata annullato addirittura la parte della iscrizione che riguardava le imposte dichiarate e non versate (v. pag. 1 della sentenza impugnata laddove riepiloga i motivi di appello); il che esclude pure che la Agenzia delle Entrate avesse riconosciuto il diritto della contribuente al contraddittorio in sede procedimentale.

4. E’ d’altronde irrilevante la circostanza che il motivo di ricorso indichi come norma violata il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 bis (che disciplina le imposte sui redditi) in luogo del D.P.R. n. 602 del 1972, art. 54 (che disciplina l’imposta sul valore aggiunto, che viene in considerazione nel caso in esame) poichè non solo le due disposizioni sono del tutto identiche ma è identico il meccanismo di liquidazione delle imposte dovute in base alla dichiarazione per entrambe le tipologie di imposte.

5. Tanto premesso il ricorso è fondato.

6. Si evince chiaramente dagli atti e risulta incontestato in causa anche sulla base delle sentenze di primo e di secondo grado che la cartella è stata emessa per omessi e ritardati versamenti di IVA liquidati in conformità alla dichiarazione presentata dalla parte. Orbene, in tal caso, sulla base di una giurisprudenza ampiamente consolidata di questa Corte, in materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è neppure prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2, (v. Sez. 5, Sentenza n. 12023 del 10/06/2015 Rv. 635672 – 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016 Rv. 640341 – 01).

7. Infatti, in tema di riscossione delle imposte, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere a iscrizione a ruolo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, ma soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione che non ricorre necessariamente nei casi di liquidazione “cartolare” che si basa sul mero controllo documentale di dati direttamente riportati in dichiarazione dal contribuente (v. Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 9463 del 12/04/2017 Rv. 643769 – 01; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15740 del 28/07/2016 Rv. 640654 – 01 e successive conformi); e del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 27716 del 21/11/2017 Rv. 646427 – 01).

8. Ne consegue che, in caso di iscrizione a ruolo di omessi e tardivi versamenti di imposta sulla base di mero controllo cartolare, come nel caso in esame, non era previsto il contraddittorio preventivo e neppure la comunicazione di irregolarità (o avviso bonario) per cui la sua emissione, non dovuta, non poteva determinare la nullità della iscrizione a ruolo e della conseguente cartella di pagamento per violazione dei diritti di difesa e della possibilità di instaurare il contraddittorio con la Amministrazione Finanziaria anche onde godere della riduzione delle sanzioni, così come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata.

9. A tali principi derivanti dalla giurisprudenza ampiamente consolidata di questa Corte non si è attenuta la sentenza impugnata, per cui, accoglimento del ricorso, la stessa deve essere annullata, con rinvio della causa per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che dovrà pronunciare sui motivi di appello posti dalla Agenzia delle Entrate sulla base dei principi di diritto sopra indicati. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2021

 

 

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