Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17514 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. trib., 28/06/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 28/06/2019), n.17514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25187-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE & MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

EON PRODUZIONE SPA;

– intimato –

Nonchè da:

EON PRODUZIONE SPA, in persona del Procuratore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

G. MAZZINI 9-11, presso lo studio dell’avvocato LIVIA SALVINI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVIDE DE GIROLAMO

giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2495/2017 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 05/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/05/2019 dal Consigliere Dott. GRAZIA CORRADINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato FUSO per delega

dell’Avvocato SALVINI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

incidentale, rigetto ricorso principale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 311/2015 la Commissione Tributaria Provinciale di Mantova aveva accolto il ricorso proposto da E.ON. Produzione Spa contro il diniego di rimborso prot. (OMISSIS) del (OMISSIS) della accisa versata su olio combustibile denso (OCD) per produzione di energia elettrica, a seguito di reimmissione del prodotto in regime sospensivo ai sensi del D.M. 25 marzo 1996, n. 201, art. 17, comma 2, per l’importo di Euro 385.700,00, oltre interessi. Il diniego era stato motivato con la mancata osservanza, da parte di E.ON., dell’art. 6, comma 6 (poi comma 13) del Testo Unico Accise, non essendo stata la domanda presentata prima della spedizione dei prodotti, bensì solo con istanza formale in data 15.7.2014; la Commissione Tributaria Provinciale aveva ritenuto che la domanda di rimborso fosse stata anticipata da E.ON. già il 13.11.2011 con la richiesta alla Dogana di reimmissione fuori dalla linea doganale dei prodotti acquistati – anche se in quella data era stato impossibile determinare il “quantum” della richiesta per circostanze esterne, fuori dal controllo del contribuente – su cui erano state pagate le accise, come asseverato dall’Ufficio delle Dogane di Mantova con l’autorizzazione del 15.2.2012, considerato che il TUA non prevedeva formule sacramentali e consentiva di modellare la richiesta alle peculiarità del caso e che in ogni caso E.ON aveva fornito in giudizio la prova dell’assolvimento della accisa, mentre la necessità di produrre la documentazione dimostrativa congiuntamente alla richiesta di rimborso non derivava dalla legge ma solo da Circolari interne alla Agenzia delle Dogane.

La Agenzia delle Dogane aveva impugnato in appello la sentenza lamentando errata valutazione dei fatti da parte del giudice di primo grado poichè, nella istanza del 13.12.2011 diretta ad ottenere la autorizzazione al trasferimento dei beni, la questione del rimborso era stata prospettata solo in termini di eventualità futura e non era stata corredata dalle fatture che comprovavano l’avvenuto pagamento delle accise e dalla autorizzazione al trasferimento per ciascuna spedizione, così come stabilito dagli artt. 3, 13 e 14 del TUA, nonchè la decadenza biennale dal diritto al rimborso, con riferimento alla effettuazione delle singole operazioni, relativamente alle operazioni effettuate dal 19.3.2012 al 9.7.2012, per l’importo di Euro 201.067,92, essendo stata la domanda di rimborso presentata in data 15.7.2014.

La Commissione Tributaria della Lombardia – Sezione Distaccata di Brescia, con sentenza n. 2495/23/2017 in data 3 aprile 2017, in parziale accoglimento dell’appello, riteneva decaduta E.ON. dal rimborso delle accise per l’importo di Euro 201.067,92 con riguardo alle operazioni effettuate fino al 9.7.2012, mentre rigettava l’appello e confermava la legittimità del rimborso richiesto dalla società per le operazioni successive al 14.7.2012 (due anni prima della istanza di rimborso) per l’importo di Euro 183.936,78, poichè le imperfezioni formali della istanza di rimborso del 13.12.2011, con cui era stata manifestata la volontà di richiedere il rimborso delle accise già pagate, pur in assenza di specifica documentazione, non potevano essere considerate di ostacolo alla attività di vigilanza in quanto conosciute in tempo reale dagli Uffici della Dogana stante il rilevamento elettronico di tutte le operazioni doganali.

Contro la sentenza di appello depositata in data 5 giugno 2017, non notificata, ha presentato ricorso la Agenzia delle Entrate con atto notificato il 19-20 ottobre 2017, affidato ad un unico motivo.

La E.ON Produzione Spa si è costituita con controricorso, con atto notificato il 29.11/1.12.2017, con cui ha dedotto la inammissibilità del ricorso principale ed ha proposto altresì ricorso incidentale, nonchè riproposto i motivi iniziali di ricorso ritenuti assorbiti dalla decisione di merito.

Ha presentato altresì successive memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo di ricorso la Agenzia delle Dogane lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 405 del 1995, art. 6, comma 13 e del D.M. n. 210 del 1996, art. 17, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la sentenza impugnata ammesso il rimborso dell’accisa – sia pure parzialmente e limitatamente alla somma di Euro 183.936,78 – in violazione delle disposizioni normative che impongono la necessità di una domanda di rimborso dell’imposta assolta sui prodotti, preventiva rispetto alla loro spedizione, come previsto anche con la Circolare del 30.4.1996 n. 106/D del Ministero delle Finanze e con la Direttoriale n. 158253/RU della Agenzia delle Dogane del 7.12.2010.

1.1. Tale non poteva essere considerata la istanza in data 13.11.2011 presentata dalla società per il rilascio dell’autorizzazione al trasferimento di Olio Combustibile Denso alla raffineria – deposito fiscale P.A. di Ravenna per rilavorazione, con reimmissione in regime sospensivo del prodotto, ai sensi del D.M. n. 210 del 1996, art. 17, comma 2, in quanto contenente soltanto la generica intenzione di “successivamente richiedere il recupero dell’accisa pagata al fornitore sull’O.C.D. per produzione E.E.”, mentre la domanda effettiva di rimborso era stata presentata solo nel luglio 2014, a posteriori rispetto a plurime operazioni di caricamento di O.C.D. su autocisterne, iniziate il 19.3.2012 e concluse il 12.11.2012.

1.2. Non si trattava, poi, di imperfezioni formali della istanza del 13.12.2011, come ritenuto dal primo giudice, ma di mancanza dei requisiti minimi per qualificare l’atto come domanda di rimborso, anche alla luce della ratio dell’art. 13, comma 6, del TUA che era quella di agevolare i controlli doganali preventivi, così da permettere la verifica dei dati trasmessi con la comunicazione, in relazione ai quali, anche nella ipotesi in cui non fosse stato determinato e/o determinabile inizialmente il quantum della pretesa, sarebbe pur sempre stato possibile per la società avanzare una richiesta di rimborso completa e formalmente valida, attestando con fatture l’avvenuto pagamento dell’accisa e riportando anche le modalità di effettuazione del rimborso sull’intero quantitativo di prodotto per il quale era stata inoltrata istanza di autorizzazione alla spedizione al deposito fiscale, e, successivamente, richiamare ed integrare la istanza al fine di precisare nel dettaglio l’importo dell’accisa da richiedere sul prodotto spedito.

2. Con il controricorso la E.ON. Produzione Spa ha opposto che la istanza del 13.12.2011 – come ritenuto in via di fatto da entrambi i giudici di merito con accertamento conforme, insindacabile nel giudizio di legittimità – aveva natura di istanza di rimborso, pur non potendo quantificare in quel momento nel dettaglio il prodotto che sarebbe stato in concreto oggetto di reimmissione in regime sospensivo, come espressamente riconosciuto dall’Ufficio delle Dogane di Mantova con la autorizzazione prot. N. (OMISSIS) del (OMISSIS) con cui aveva risposto “in riferimento alla istanza di rimborso dell’accisa, ai sensi del D.Lgs n. 504 del 1995, art. 6, comma 6, avanzata dalla società con la nota indicata a margine, si precisa che la stessa sarà esitata a conclusione del trasferimento ed a seguito della presentazione, da parte della società istante, di apposita documentazione comprovante l’avvenuta traslazione dell’imposta…”; per cui il provvedimento di diniego si poneva in contrasto con quanto asseverato con la autorizzazione del 14.2.2012, il che rivelava la inammissibilità del ricorso della Agenzia, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5 e comunque la sua infondatezza poichè il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 6, comma 6 (ora 13), prevedeva una istanza necessariamente generica, esplicativa della volontà di richiedere il rimborso della accisa assolta anticipatamente che trovava il suo fisiologico completamento solo all’esito delle operazioni di trasferimento, dovendo comunque la tutela giurisdizionale essere improntata al principio di effettività di derivazione comunitaria.

2.1. In via di ricorso incidentale la società E.ON., con riguardo alla pronuncia del giudice di appello di avvenuta decadenza dal diritto di ottenere il rimborso dell’accisa assolta sui trasferimenti effettuati nel periodo antecedente al 14 luglio 2012, ha poi dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Premesso che era coperta da giudicato la pronuncia del giudice di appello per cui il termine iniziale di decadenza biennale previsto dalla detta norma era quello del cambio dello stato del prodotto da nazionale ad estero e quindi del momento di immissione in magazzini fuori dalla linea doganale, il giudice di appello aveva violato l’art. 14, comma 3, del TUA nello scindere -ai fini della determinazione del termine iniziale della decadenza dal diritto al rimborso – l’unitario processo di trasferimento del combustibile, fra l’altro collegato alla unitaria autorizzazione alla reimmissione in regime sospensivo ed al trattamento riservato alla operazione da parte della Agenzia delle Dogane che si era impegnata ad esitare la istanza di rimborso “a conclusione del trasferimento”, avvenuto il 12.11.2012.

2.2. La E.ON. ha altresì riproposto, dichiaratamente per puro tuziorismo, i motivi iniziali del ricorso contro il diniego del rimborso, ritenuti assorbiti dai giudici di merito, con riguardo alla violazione della L. n. 212 del 2010, art. 6, commi 2 e 5 e 10, per avere la Agenzia delle Dogane omesso di chiedere alla società di integrare la documentazione presentata, se ritenuta insufficiente e per avere rigettato la istanza di rimborso dopo avere asseverato in data (OMISSIS) la sussistenza di una specifica domanda di rimborso.

3. Il ricorso della Agenzia delle Dogane è ammissibile – al contrario di quanto dedotto dalla controricorrente – poichè la regola, emergente dal combinato disposto dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, secondo la quale la sentenza di appello che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme), non è censurabile con il mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è applicabile nel caso di specie in cui il ricorso è stato proposto per violazione di legge.

3.1. Il ricorso è peraltro infondato. La Agenzia delle Dogane sostiene che l’art. 6, comma 13, del TUA contemplerebbe esclusivamente un modello di istanza di rimborso completo, contenente la allegazione della documentazione di supporto, a garanzia dei controlli da parte della Amministrazione Finanziaria, per cui la iniziale istanza presentata dalla società non integrerebbe una istanza di rimborso e quella successiva del 2014 non sarebbe valida perchè intervenuta dopo la spedizione della merce.

3.2. In proposito l’art. 6 del TUA (Circolazione in regime sospensivo di prodotti sottoposti ad accisa), nel testo modificato dal D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 57, art. 1, in vigore ratione temporis (dal 29.4.2011) prevede al comma 5 (richiamato dal successivo comma 13 che interessa direttamente): “La circolazione, in regime sospensivo, dei prodotti sottoposti ad accisa deve aver luogo con un documento amministrativo elettronico di cui al Reg. (CE) n. 684/2009 della Commissione, del 24 luglio 2009, emesso dal sistema informatizzato previo inserimento dei relativi dati da parte del soggetto speditore. I medesimi prodotti circolano con la scorta di una copia stampata del documento amministrativo elettronico o di qualsiasi altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile il codice unico di riferimento amministrativo. Tale documento è esibito su richiesta alle autorità competenti durante la circolazione in regime sospensivo; in caso di divergenza tra i dati in esso riportati e quelli inseriti nel sistema informatizzato, fanno fede gli elementi risultanti da quest’ultimo” ed, al comma 13: “Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, le disposizioni del comma 5 si applicano anche ai prodotti sottoposti ad accisa e già immessi in consumo quando, su richiesta di un operatore nell’esercizio della propria attività economica, sono avviati ad un deposito fiscale; la domanda di rimborso dell’imposta assolta sui prodotti deve essere presentata prima della loro spedizione; per il rimborso si osservano le disposizioni dell’art. 14”. Il successivo art. 14, per la parte che ora interessa, al comma 3 dispone poi: “I prodotti assoggettati ad accisa immessi in consumo possono dar luogo a rimborso della stessa, su richiesta dell’operatore nell’esercizio della attività economica da lui svolta, quando sono trasferiti in un altro Stato membro o esportati. Il rimborso compete anche nel caso in cui vengano autorizzate miscelazioni dalle quali si ottiene un prodotto per il quale è dovuta l’accisa di ammontare inferiore a quella pagata sui singoli componenti. L’istanza di rimborso è presentata, a pena di decadenza, entro due anni dalla data in cui sono state effettuate le operazioni”.

3.3. Orbene, dal coordinamento delle suddette disposizioni emerge con assoluta chiarezza che la domanda di rimborso, nel caso che interessa, si articola, per legge, in due fasi, in cui in un primo momento viene presentata una istanza generica, che, dopo il compimento delle operazioni, viene “completata” con la quantificazione esatta della imposta chiesta a rimborso e la documentazione di supporto, non possibile se non dopo la spedizione del prodotto interessato. Di ciò ha dato comunque atto anche la Agenzia ricorrente la quale, a pagina 8 del ricorso, per superare tale argomento, ha sostenuto che sarebbe stato pur sempre possibile inviare una prima istanza “formale” (prima della spedizione della merce) e poi una seconda istanza integrativa al fine di precisare l’importo della accisa da richiedere sul prodotto finito; il che però non considera che la istanza inviata nel 2011 dalla E.ON era “formale” e dava atto della circostanza che il “dettaglio” sarebbe stato inviato dopo il completamento della operazione, nonchè la circostanza che l’Ufficio, come risultava dai documenti richiamati a pag. 1 della sentenza impugnata (e che la E.ON. aveva allegato al ricorso iniziale ed ha prodotto nuovamente in allegato alle controdeduzioni, nonchè trascritto nelle stesse) ed in particolare dal provvedimento della Agenzia delle Dogane del (OMISSIS), aveva specificamente preso atto della “prima istanza” riconoscendola come tale e rispondendo che la istanza di rimborso dell’accisa presentata dalla società in data (OMISSIS), ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 6, comma 6, “sarà esitata a conclusione del trasferimento ed a seguito della presentazione, da parte della società istante, di apposita documentazione comprovante l’avvenuta traslazione dell’imposta”.

3.4. La interpretazione della normativa in esame da parte della Agenzia delle Dogane è quindi erronea mentre la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione della stessa ritenendo che la procedura di presentazione della istanza di rimborso si articolasse, secondo la previsione di legge, in due fasi, una precedente al trasferimento della merce ed una seconda dopo il completamento del trasferimento e che, in ogni caso, non vi sarebbe stata alcuna violazione “sostanziale” considerato che la Dogana aveva avuto piena possibilità di verificare e vigilare tutte le operazioni attraverso il rilevamento elettronico di esse.

3.5. In proposito si deve tenere conto del principio comunitario di prevalenza della sostanza sulla forma.

3.6. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha recentemente consolidato le proprie linee-guida interpretative in relazione al rapporto tra requisiti sostanziali e adempimenti formali ai fini dell’individuazione del trattamento impositivo. Il conflitto tra “forma” e “sostanza” nell’applicazione dei tributi armonizzati è stato infatti risolto nel senso della prevalenza di quest’ultima sia con riguardo all’IVA (CGUE, 15 settembre 2016, causa C-516/14, Barlis 06) sia con riferimento alle imposte di consumo (CGUE, 2 giugno 2016, causa C-418/14, Roz-Swit).

3.7. Quello della substance over form doctrine (prevalenza della sostanza sulla forma) costituisce ormai un criterio consolidato nella giurisprudenza Europea, che tuttavia continua a scontrarsi con i sistemi normativi interni, nei quali, all’opposto, assumono tuttora un ruolo predominante le procedure e gli adempimenti che la Corte di Giustizia definisce “formali”. Quanto all’IVA, il problema assume proporzioni estremamente significative con riguardo al diritto alla detrazione, il cui esercizio, secondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 12913/08, 11109/2003), è subordinato all’esatto rispetto degli obblighi di fatturazione, registrazione, tenuta della contabilità e dichiarazione. Secondo la tradizionale impostazione interna, la testualità del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17,prescrive che il diritto alla detrazione venga esercitato nel rispetto dei modi e dei termini di cui alle successive disposizioni del Decreto IVA (registrazione, liquidazione, dichiarazione), che dunque prevedono obblighi di natura sostanziale, in un sistema in cui il pieno adempimento di detti obblighi costituisce condizione essenziale per l’espletamento dei controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. 16643/2011). In questa prospettiva, gli obblighi di fatturazione, di registrazione, di corretta tenuta della contabilità finiscono per costituire una vera e propria conditio sine qua non per l’esercizio del diritto alla detrazione.

3.8. Tuttavia, tale impostazione è stata fermamente respinta dalla Corte di Giustizia, la quale, in relazione all’interpretazione della Direttiva 2006/112/CE, artt. 167 e ss. (CGUE, 8 maggio 2008, C-95/07 e C-96/07, Ecotrade; Id., 11 dicembre 2014, causa C-590/13, Id. Laboratories Italia), ha chiaramente distinto i requisiti “sostanziali” dagli adempimenti “formali”, evidenziando che la mancata osservanza di questi ultimi (attinenti la contabilità, la fatturazione e la dichiarazione) non preclude il diritto alla detrazione, laddove i requisiti sostanziali (effettività, certezza, inerenza) siano soddisfatti.

3.9. Sulla base della giurisprudenza comunitaria, anche questa Corte, nei più recenti approdi, ha modificato la propria impostazione, dapprima limitatamente al regime del reverse charge, ove la Corte ha ritenuto che “l’adempimento degli obblighi di tenuta, registrazione e conservazione delle fatture di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, non costituisce “conditio sine qua non” per il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’imposta” (Cass., 6 settembre 2013, n. 20846; Cass., Sez. trib., 3 aprile 2013, n. 8038). Ed il principio, confermato successivamente sia dalle Sezioni semplici (Cass., 15 aprile 2015, n. 7576; Cass., Sez. trib., 25 gennaio 2017, n. 1962) che dalle Sezioni Unite della Cassazione (8 settembre 2016, n. 17757), pare ormai pienamente operante anche a livello interno. E’ il solo possesso della fattura che, per la normativa comunitaria, legittima l’acquirente a detrarre l’IVA, sicchè, nel caso di inadempimenti “formali”, il diritto alla detrazione non può essere negato, laddove vengano esibite le fatture di acquisto portanti l’IVA assolta in rivalsa. Da ultimo, la Corte di Giustizia (CGUE, 15 settembre 2016, causa C-516/14, Barlis 06) ha precisato che tale principio opera anche laddove la fattura di acquisto contenga un’indicazione generica circa l’oggetto dell’operazione economica: l’amministrazione finanziaria non può disconoscere automaticamente la detrazione, ma deve tenere conto delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, al fine di stabilire se, dal punto di vista sostanziale, ricorrano le condizioni per la detraibilità dell’imposta.

3.10. Nell’ambito dell’IVA, sono stati quindi raggiunti dei punti fermi da cui la giurisprudenza interna, ormai in fase di pieno adeguamento ai principi ermeneutici Europei, non potrà discostarsi. Ma la tensione tra “forma” e “sostanza” non si limita all’IVA: essa involge più in generale la totalità delle imposte con riguardo agli elementi negativi dell’imposizione (deduzioni, detrazioni, agevolazioni, semplificazioni, etc.), che assumono rilevanza fiscale solo laddove siano rispettati taluni, sovente gravosi, adempimenti formali. Ed è questo, in particolare, il caso delle imposte di consumo sui prodotti energetici, ove le normative sia Europea (Direttiva 2003/96/CE) che nazionale (D.Lgs. n. 504 del 1995) prevedono differenti livelli di tassazione a seconda dell’utilizzo del prodotto sottoposto ad accisa, vincolando il riconoscimento dei livelli inferiori di tassazione all’espletamento di formalità (dichiarazioni, registri, comunicazioni, etc.).

3.11. In relazione a tali ipotesi, lo stesso Giudice Europeo ha mutato il proprio orientamento, passando dall’iniziale principio di “stretta interpretazione” delle esenzioni o agevolazioni (che, costituendo un’eccezione alla regola, “possono essere concesse solo a determinate condizioni ed in casi specificamente previsti”, v. CGCE, 1 ottobre 2009, C-552/08), fino a giungere, nella recente sentenza Roz-Swit (CGUE, 2 giugno 2016, causa C-418/14), in materia di accise, ad un’impostazione diametralmente opposta, imperniata sul principio di proporzionalità. Il caso riguarda le conseguenze derivanti dalla mancata trasmissione di una comunicazione mensile, da inviare entro il mese successivo al consumo, prevista dalla legge polacca ai fini della fruizione di un’aliquota ridotta sul carburante rifornito a soggetti terzi “agevolabili”, contenente l’elenco di questi ultimi. Secondo la Corte del Lussemburgo, il mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione non può determinare l’applicazione automatica del livello di tassazione superiore (non agevolato), perchè ciò sarebbe in contrasto sia con la Direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici sia, più in generale, con il principio di proporzionalità: una mera irregolarità di carattere formale non può condurre all’applicazione di un regime impositivo diverso da quello spettante sulla base della fattispecie sostanziale.

3.12. Anche in tale ipotesi, al pari di quanto sostenuto con riguardo all’IVA, l’amministrazione finanziaria non può perciò limitarsi al dato del mancato adempimento formale, ma deve indagare il profilo sostanziale, al fine di stabilire l’effettivo impiego del prodotto energetico da cui consegue il relativo regime fiscale, agevolato oppure ordinario. Per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea anche il principio di “stretta interpretazione delle agevolazioni” cede dunque il passo, nell’innovazione dell’ordinamento giuridico, alla supremazia dei principi di proporzionalità e della “prevalenza della sostanza sulla forma”, in base ai quali il mancato espletamento di adempimenti formali non può portare al disconoscimento della sostanza giuridica della fattispecie impositiva.

3.13. Anche alla luce di tali principi che condizionano la applicazione della normativa interna -che prescinde dalle Circolari che non vincolano il giudice – si deve pertanto escludere una interpretazione dell’art. 6 del TUA, quale quella pretesa dalla Agenzia, per cui la istanza di rimborso, da presentare prima dell’inizio delle operazioni, dovrebbe contenere tutti gli elementi di dettaglio e la documentazione (neppure esistente in quel momento), dovendosi al contrario ritenere che la eventuale violazione di alcuni dettagli di forma non possa escludere il diritto al rimborso, se esistente e non contestato dalla Agenzia delle Dogane, soprattutto qualora, come nel caso in esame, la Agenzia non abbia mai negato la esistenza del pagamento della imposta, bensì soltanto addotto che la istanza presentata preventivamente non sarebbe tale in quanto non completa, il che si scontra i principi comunitari sopra indicati.

3.14. Secondo la Agenzia si sarebbe poi trattato di violazione sostanziale poichè preordinata a rendere possibili i controlli preventivi, ma un tale argomento non è pertinente una volta che la istanza vi è stata ed è stata esaminata dalla stessa Agenzia. D’altronde anche i principi interni di affidamento e di buona fede, derivanti dallo statuto del diritto del contribuente, portano a ritenere che l’Ufficio, dopo avere preso in esame la istanza riservandosi di evaderla dopo la presentazione della documentazione comprovante la avvenuta traslazione della imposta, non possa poi sostenere che la mancata presentazione della istanza avrebbe impedito la esecuzione dei controlli. E comunque l’argomento non si confronta con la specifica affermazione della sentenza impugnata per cui i controlli erano possibili.

3.15. Il ricorso principale è quindi infondato.

4. E’ invece fondato il ricorso incidentale della società E. ON Produzione con riferimento alla pronuncia di decadenza biennale della società dal diritto al rimborso, in relazione all’accisa assolta sui trasferimenti effettuati nel periodo antecedente al 14 luglio 2012.

4.1. Erroneamente infatti la sentenza impugnata, ai fini di determinare il termine iniziale di decadenza, ha operato una scissione, nell’ambito delle operazioni di trasferimento, fra i diversi “carichi” dei beni, che si erano succeduti dal 19 marzo al 12 novembre del 2012, invece di considerarli una operazione unitaria.

4.2. In proposito l’art. 14 del TUA, nel testo vigente ratione temporis, in vigore dal 1.4.2010, a seguito del D.Lgs. 29 marzo 2010, art. 1, ha previsto che: 1. Le somme dovute a titolo d’imposta o indebitamente abbuonate o restituite si esigono con la procedura di riscossione coattiva prevista dal D.Lgs.13 aprile 1999, n. 112, e successive modificazioni. Prima di avviare tale procedura gli uffici spediscono, mediante raccomandata postale, un avviso di pagamento fissando un termine di quindici giorni per l’adempimento, decorrente dalla data di ricevimento del predetto avviso. 2. L’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata. Fermo restando quanto previsto dall’art. 7, comma 1, lett. e) e dall’art. 10-ter, comma 1, lett. d), il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento. Qualora al termine di un procedimento giurisdizionale il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa sia condannato alla restituzione a terzi di somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell’accisa, il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che impone la restituzione delle somme. Sulle somme da rimborsare sono dovuti gli interessi nella misura prevista dall’art. 3, comma 4, a decorrere dalla data di presentazione della relativa istanza. 3. I prodotti assoggettati ad accisa immessi in consumo possono dar luogo a rimborso della stessa, su richiesta dell’operatore nell’esercizio della attività economica da lui svolta, quando sono trasferiti in un altro Stato membro o esportati. Il rimborso compete anche nel caso in cui vengano autorizzate miscelazioni dalle quali si ottiene un prodotto per il quale è dovuta l’accisa di ammontare inferiore a quella pagata sui singoli componenti. L’istanza di rimborso è presentata, a pena di decadenza, entro due anni dalla data in cui sono state effettuate le operazioni.

4.3. Alla luce della normativa sopra indicata è corretta e conforme a legge la decisione della CTR laddove sostiene che la decadenza decorre, per la ipotesi che qui interessa, non già dal pagamento, che costituisce il dies a quo per il calcolo del termine di decadenza nel caso di indebito pagamento (v., per tutte, Sez. 5, Sentenza n. 24056 del 16/11/2011 Rv. 620348 – 01), bensì dal giorno in cui si è verificato il presupposto per il rimborso, così come previsto anche dal comma 2, seconda parte e specificato dall’art. 14, comma 3 e cioè dalla effettuazione delle operazioni: circostanza, questa, comunque condivisa anche dalla Agenzia delle Dogane e coperta dal giudicato interno poichè la Agenzia non la ha contestata.

4.4. Non è invece condivisibile la tesi della sentenza impugnata per cui, pur nell’ambito di una unitaria operazione di trasferimento (dichiarata unitariamente ed autorizzata unitariamente), si possa poi operare una scissione ritenendo autonomi i singoli trasporti solo ai fini della decadenza. Tanto più che solo al termine del procedimento di ritrasferimento in regime sospensivo dell’olio combustibile denso poteva essere definita la quantificazione dell’accisa eventualmente rimborsabile che costituiva il presupposto del rimborso e quindi anche il dies a quo per il calcolo della decadenza.

4.5. Analogamente, sempre in materia d’imposta sulla produzione e sui consumi, ai sensi del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, comma 2, il rimborso (o la corrispondente detrazione) dell’accisa indebitamente pagata (sul consumo di gas metano), in caso di versamento di acconti, deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro 2 anni, decorrenti dalla data di presentazione della dichiarazione annuale, con la conseguenza che, nel caso di versamento di acconti risultati maggiori del dovuto, questi devono sommarsi con il credito d’imposta relativo all’anno successivo (v. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9283 del 17/04/2013 Rv. 626334 – 01). Si tratta di situazione che risponde alla eadem ratio di quella in esame sotto il profilo che, anche secondo l’art. 26, comma 8 TUA cit., ogni rapporto relativo all’imposta di consumo si conclude con la dichiarazione annuale e che con la dichiarazione annuale si realizza il fatto costitutivo rappresentato dal pagamento di indebito, con conseguente diritto azionabile al rimborso solo qualora quel rapporto sia concluso. Sicchè nell’eventualità di un credito a favore del contribuente, con conseguente diritto ad una corrispondente detrazione, ovvero al rimborso in unica soluzione del credito, tale diritto non può che essere esercitato, a pena di decadenza, entro il termine di due anni, come stabilito dall’art. 14 del TUA cit., decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione annuale o comunque da quella in cui è venuto in essere il diritto di credito, alla luce delle particolari modalità di pagamento dell’accisa in esame.

4.6. Le considerazioni appena esposte, d’altra parte, non sono certo nuove nella giurisprudenza di questa Corte che, sia pur in ambito diverso, ha avuto modo di ritenere che il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38,decorre, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto (cfr. Cass. 13478/2008; Cass. n. 21764/12.7.10).

5. Poichè il ricorso della Agenzia è stato rigettato resta poi assorbita la riproposizione, da parte di E.ON., dei motivi dell’iniziale ricorso contro l’atto impugnato non presi in esame dal giudice di merito.

6. In conclusione il ricorso incidentale deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa da questa Corte nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento integrale dell’iniziale ricorso della E.ON..

7. Ferma restando la compensazione delle spese del giudizio di merito, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente principale, mentre non sussistono i presupposti per l’applicazione della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1.17, con il quale è stato modificato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, mediante l’inserimento del comma 1 – quater, poichè tale disposizione non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (v., per tutte, Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del /01/2016 (Rv. 638714 – 01).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa senza rinvio sul punto la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie integralmente l’iniziale ricorso della E.ON. Produzione Spa. Condanna la ricorrente Agenzia delle Dogane al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 10.260 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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