Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17511 del 14/07/2017
Cassazione civile, sez. trib., 14/07/2017, (ud. 13/06/2017, dep.14/07/2017), n. 17511
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Annamaria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 512/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei
Portoghesi n. 12 è domiciliata;
– ricorrente –
contro
V.L., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Anna Cardinali e
Virgilio Terzoli, elettivamente domiciliata presso lo studio del
secondo in Roma alla via Carlo Poma n. 4, per procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
e contro
M.A., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Claudio Duchi e
Fabrizio Paoletti, elettivamente domiciliato presso lo studio del
secondo in Roma alla via Giunio Bazzoni n. 3, per procura a margine
del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 109/50/10 depositata l’8 settembre 2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 giugno 2017
dal Consigliere Dott. Enrico Carbone.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
Uditi gli Avv.ti Pietro Garofoli per la ricorrente e Fabrizio
Paoletti per il controricorrente M..
Fatto
FATTI DI CAUSA
In accoglimento dell’appello proposto da V.L. e M.A., la Commissione tributaria regionale della Lombardia annullava l’avviso di liquidazione loro notificato per imposta proporzionale di registro su verbale di conciliazione giudiziale tra i medesimi stipulato in data 28 maggio 2008.
Rovesciando la ratio decidendi di primo grado, il giudice d’appello affermava che il verbale di conciliazione avrebbe dovuto essere tassato in misura fissa, avendo ad oggetto una cessione di quote tra soci.
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi.
I contribuenti resistono mediante distinti controricorsi; M.A. ha depositato memoria illustrativa.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, art. 8 tariffa parte I, per aver il giudice d’appello escluso la tassazione proporzionale del verbale di conciliazione nonostante questo prevedesse l’obbligo di una parte di versare all’altra una somma di danaro.
1.1. Il motivo è infondato.
Il verbale di conciliazione giudiziale deve essere tassato con l’imposta di registro adeguata al contenuto dell’accordo che vi è recepito (Cass. 29 febbraio 2008, n. 5480, Rv. 602126).
Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 equipara la conciliazione giudiziale alla sentenza passata in giudicato, ma detta equiparazione deve essere coordinata con le previsioni di tariffa, le quali, rapportandosi al contenuto economico dell’atto, esprimono gli indici di capacità contributiva.
Correttamente, quindi, il giudice d’appello ha ritenuto infondata la pretesa erariale di tassare il verbale di conciliazione tra V. e M. con l’aliquota proporzionale del 3% prevista per la “condanna al pagamento di somme” (art. 8 tariffa parte I).
Detta pretesa astrae il negozio conciliativo dalla causa societaria, viceversa evidenziata dal verbale tassato e non contestata dal fisco: l’obbligo pecuniario del M. corrisponde alla liquidazione della quota sociale della V., sicchè, trattandosi essenzialmente dell’assegnazione della titolarità aziendale a un socio, l’imposta di registro deve liquidarsi in misura fissa ex art. 4 tariffa parte I (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3670, Rv. 596876).
2. Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso denunciano omissioni motivazionali, per non aver il giudice d’appello chiarito la natura sostanziale dell’atto recepito dal verbale, che, ove qualificabile come transazione, sconterebbe ancora un’imposta proporzionale.
2.1. I motivi sono inammissibili.
Il giudice d’appello ha interpretato il negozio conciliativo alla stregua di una liquidazione di quota sociale per recesso; la difesa erariale non può rivisitare in sede di legittimità questo esito interpretativo, senza neppure dedurre una specifica violazione di canoni ermeneutici.
3. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, che per compensi liquida in Euro 4.000,00 a favore di V.L. e in Euro 5.000,00 a favore di M.A., oltre spese generali al 15% e accessori di legge per entrambi.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017