Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17510 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a., in persona del responsabile

del Settore Dipartimentale legale Sud e Sicilia del Servizio

Consulenza e Assistenza Legale, munito dei poteri di rappresentanza

per procura speciale rogiti Dott. Mario Zanchi, rappr. e dif.

dall’avv. Carlo Varvaro del foro di Palermo,

carlo.varvaro.legalmail.it, elettivamente domiciliata in Roma, viale

Gorizia n. 22, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Ludovico Motti

Barsini, per procura alle liti in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

HAWK INVESTMENTS s.r.l., in persona dell’Amministratore Unico e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, Viale

G.Mazzini n. 88 presso lo studio dell’avv. Francesca Fedele e

rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Randazzo del Foro di

Messina e dall’avv. Maria Adelaide Merendino, per procura speciale

in calce all’atto;

– controricorrente –

e

contro

Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in persona del curatore fallimentare;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Messina 26.04.2018, n.

389/2018, in R.G. n. 340/2014;

viste le memorie delle parti;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 17 giugno 2020 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1.BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a. (BANCA) impugna la sentenza App. Messina 26.04.2018, n. 389/2018, in R.G. n. 340/2014, che ne ha accolto solo parzialmente l’appello principale avverso la sentenza Trib. Messina n. 2591/13 – la quale, su domanda del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. (FALLIMENTO) revocava e dichiarava inefficaci nei confronti della massa dei creditori le rimesse in conto corrente bancario – così alfine condannando la banca al pagamento della ridotta somma di 1.026.787,50 Euro in favore della curatela; la stessa sentenza ora impugnata ha rigettato l’appello incidentale proposto dal Fallimento, diretto ad estendere la revoca anche ad altre rimesse solutorie;

2.1a corte ha invero rilevato: a) la sussistenza di un’apertura di credito sul conto corrente 130.80, sulla base di riscontri indiretti tratti dagli estratti conto di periodo (1992-93) e dal tenore della revoca del fidi, così condividendo le conclusioni del CTU d’appello sulla esistenza di un limite di 300 milioni Lire nell’anno anteriore al fallimento e a tale stregua riscontrando un’operatività allo scoperto per 1.988.137.832 Lire revocabili, non potendosi tenere conto – per tardività ed irritualità di allegazione – delle opposte operazioni bilanciate, ma solo delle rimesse; b) l’elemento psicologico dell’azione risultava dall’aver operato la società pressochè sempre in extrafido da fine dicembre 1992 alla citata revoca del 15.3.1993, un periodo connotato da protesti, levati con pubblicazione ampiamente anteriore alle rimesse e considerato che la crisi del ‘gruppo Manganarò (di appartenenza della fallita) pur formalmente discussa in riunione interbancaria del marzo 1993, appariva ragionevolmente preceduta da una fase preparatoria, secondo una stima di probabile condotta prudente;

3. con il ricorso si deduce, in unico motivo, il vizio di omesso esame circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo all’esclusione dal conteggio delle rimesse revocabili delle operazioni bilanciate; al ricorso si oppone con controricorso la HAWK INVESTMENTS s.r.l., in qualità di successore del fallimento, in forza di omologazione del concordato fallimentare della società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1.il motivo è inammissibile, ai sensi di un indirizzo già espresso in Cass. 9610/2018 e in giudizio analogo fra le parti; invero la ricorrente, rispetto ad un punto specifico della sentenza d’appello, non ha allegato in quale sede e con quale tempestività di censura abbia introdotto avanti al giudice di merito e già in primo grado (con la prima difesa) la specifica eccezione attinente alla sussistenza, in una con le operazioni bilanciate, di uno o più importi versati dal debitore sul conto corrente, ma estranei alla nozione di rimessa solutoria; la ricorrente non ha allegato nè provato – per contraddire la statuizione della corte messinese – la tempestività dell’eccezione non solutoria delle rimesse ove causalmente tradottesi in operazioni bilanciate, cioè con costituzione di provvista ad hoc permessa dalla banca e contestuale operazione a debito e non a rientro del debito esigibile, anzi emergendo che si tratta di eccezione sollevata in primo grado solo dopo la CTU e senza che i dettagli di tali operazioni, accompagnati da “accordi con il cliente”, siano stati in alcun modo almeno riassunti;

2.in tal senso il ricorso non censura in modo idoneo la motivazione del secondo giudice, laddove questi ha in realtà accertato, per un verso, il limitato affidamento della società fallita ed il suo costante operare in extrafido nell’anno anteriore al fallimento (pag. 9), quale complessa circostanza che, in fatto, già rendeva “ininfluente” l’ulteriore accertamento volto a stabilire se vi fossero o meno state operazioni bilanciate; va allora ricordato che, per effetto del gravame incidentale del fallimento (nella cui posizione processuale è subentrato l’assuntore del concordato) e a prescindere dall’esito nel merito della impugnazione, l’intero rapporto fra banca e fallita, e dunque tutte le rimesse, sono state rianalizzate, dando così conto che la stessa questione delle operazioni bilanciate, non provate secondo il tribunale e prima ancora appunto “ininfluenti”, perchè tardivamente introdotte nel processo, secondo il giudizio della corte d’appello, era stata assorbita dalla qualificazione primaria della predetta e più ampia revocabilità delle rimesse;

3. tale circostanza aggiunge decisività allo stabilire se la menzionata tempestività e soprattutto specificità dell’eccezione – idonea, se provata, a diminuire la consistenza delle rimesse revocabii, per diversità di causa – appartenesse alla condotta processuale di primo grado (negata dalla corte), prova che la sentenza esclude sia stata però fornita; diviene pertanto improprio il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, che pur permette – ratione temporis – la ricostruibilità anche per facta concludentia delle citate operazioni (Cass.19751/2017), e ciò in quanto la deduzione di pretesi e specifici accordi fra banca e cliente non è provatamente appartenuta in modo rituale alla condotta di difesa nel processo a fronte dell’azione svolta ex art. 67 L. Fall., comma 2, ed il ricorrente, con l’odierno vizio, non permette un diverso sindacato sulla pronuncia di merito;

4. nè infatti può dirsi, sotto altro contestuale profilo, che la questione non sia stata trattata e decisa, sia pur con esiti negativi e ragioni di rigetto diverse, dai giudici di merito; rileva questo Collegio che appare conseguentemente fuori registro anche l’invocazione del vizio di motivazione, per come dedotto; può conclusivamente convenirsi che la qualificazione siccome solutorie di tutte le rimesse, per come recepita dalla corte d’appello alla stregua di atti di pagamento rispetto allo scoperto di conto, assorbe anche il tema delle operazioni bilanciate, senza refluire in alcuna omessa pronuncia e, nella sua contestazione anche come vizio di motivazione, è assoggettata ai limiti della citata Cass. s.u. 8053/2014;

il ricorso è, pertanto, inammissibile; ne consegue la condanna alle spese secondo soccombenza e liquidazione come da dispositivo; sussistono inoltre i presupposti processuali per il pagamento del cd. Contributo unificato.

PQM

la Corte dichiara rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 8.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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