Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17509 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2010, (ud. 04/05/2010, dep. 26/07/2010), n.17509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. PERNA

51, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO GEUSA, rappresentato e

difeso dagli avvocati ZACCHINO ANGELO, GEUSA ORESTE, giusta delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati RASPANTI RITA, LA PECCERELLA LUIGI

che lo rappresentano e difendono, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 889/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 14/04/2008 R.G.N. 367/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito l’Avvocato RASPANTI RITA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. Con ricorso al Pretore di Lecce, depositato il 9 maggio 1996, G.A. chiedeva accertarsi il diritto alla rendita per infortunio sul lavoro nella misura del 35%, rendita ridotta dall’INAIL, in sede di revisione, alla percentuale del 18%.

2. Espletata consulenza tecnica, con sentenza del 27 marzo 1998 il Pretore rigettava la domanda.

3. L’appello dell’assicurato, cui resisteva l’INAIL, veniva rigettato dal Tribunale di Lecce con sentenza del 16 ottobre 2000. Preso atto che il consulente tecnico di ufficio nominato in secondo grado aveva concluso per la sussistenza di postumi del 25% a partire dall’epoca della revisione, il Tribunale riteneva però di condividere le conclusioni del C.T.U. di primo grado, in quanto sorrette da analitica e dettagliata motivazione.

4. Il ricorso per cassazione di G.A. è stato accolto per quanto di ragione con sentenza 19 febbraio 2004, n. 3285, e la causa rinviata alla Corte di appello di Bari.

5. Riassunto il giudizio, il giudice del rinvio, con la sentenza di cui si domanda la cassazione, accoglie in parte l’appello del G. e, in riforma della sentenza di primo grado, accerta il diritto dell’assicurato alla rendita da infortunio corrispondente ad inabilità permanente del 22% dalla data della revisione. La decisione è giustificata con l’adesione alle valutazioni del secondo consulente tecnico nominato nel giudizio di rinvio, giudicando non condivisibili quelle del primo consulente nominato, secondo il quale l’inabilità era pari al 30%.

6. Il ricorso di G.A. si articola in tre motivi;

resiste con controricorso l’Inail. G.A. deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. La questione di inammissibilità del ricorso per tardività, proposta dall’Istituto resistente, non è fondata.

La sentenza è stata notificata da G.A. ad uno dei procuratori costituiti per l’Inail (avv. Bianco) non presso il domicilio eletto (Bari, Lungomare Trieste n. 29) ma presso la sede di Bari dell’Istituto. La nullità della notificazione ha pertanto impedito la decorrenza del termine breve d’impugnazione.

A tale conclusione deve pervenirsi osservando che la notificazione della sentenza nelle forme di cui agli artt. 285 e 170 c.p.c., comma 1, fa decorrere il termine d’impugnazione, a norma dell’art. 326 c.p.c., non solo per la parte destinataria ma anche per quella che ha effettuato la notifica, a tal fine dovendosi attribuire rilievo alla “conoscenza legale” collegata al compimento della notifica e non alla funzione che nel caso specifico essa possa avere avuto in relazione all’esito del giudizio ed all’intenzione della parte notificante, Ma, perchè possa ravvisarsi detta conoscenza legale dell’atto, così determinando la decorrenza del termine per l’impugnazione, è necessario che la notificazione sia andata a buon fine, non bastando la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (vedi, per l’enunciazione di un principio analogo, Cass. 25 settembre 2009, n. 20684).

2. Con il primo motivo di ricorso si denunzia vizio della motivazione sia in relazione alla giustificazione resa dalla Corte di Bari in ordine alla necessità di nominare un secondo consulente tecnico, sia alla valutazione della percentuale di inabilità, determinata nel 22% senza alcuna spiegazione delle ragioni per le quali ci si discostava dagli accertamenti compiuti dagli altri consulenti che avevano prestato la loro opera nelle altre fasi del processo ed omettendo di considerare adeguatamente l’inabilità relativa all’arto inferiore sinistro.

3. Con il secondo motivo di ricorso si ripetono in sostanza, con ulteriori specificazioni, le stesse argomentazioni contenute nel primo motivo: insufficienza e illogicità delle ragioni per le quali ci si discostava dai precedenti giudizi tecnici, non si condividevano i rilievi mossi con la consulenza tecnica di parte, non si valutava adeguatamente l’inabilità dell’arto inferiore sinistro.

4. Con il terzo motivo, si denuncia ancora vizio di motivazione, ripetendo che la scelta di aderire pienamente alle conclusioni del secondo consulente nominato nel giudizio di rinvio non risultava suffragata da valide ragioni, deducendo, in particolare, che già in sede di revisione l’Inail aveva riconosciuto il 18% per la lesione all’arto inferiore sinistro, mentre la sentenza impugnata, accertando la compromissione dell’arto superiore sinistro nella misura del 18%, aveva ridotto al solo 5% un’inabilità già riconosciuta dall’Inail al 18%.

5. La Corte, esaminati unitariamente i tre motivi per la connessione tra le argomentazioni, li giudica privi di fondamento.

6. La questione controversa nel giudizio era la sussistenza del nesso di causalità tra l’infortunio del (OMISSIS) e la rottura tendinea a carico del flessore lungo de primo dito della mano sinistra. Su questo punto la sentenza di cassazione ha ritenuto non adeguatamente motivata la decisione del Tribunale di Lecce e disposto un nuovo giudizio per l’accertamento della derivazione dall’infortunio della rottura del tendine flessore del pollice sinistro.

Nel giudizio di rinvio è rimasta accertata definitivamente la derivazione causale dall’infortunio dei postumi invalidanti alla mano sinistra. Di ciò più non si discute, restando la controversia limitata alla valutazione in percentuale dei postumi.

7. Con la relazione del secondo consulente tecnico nominato nel giudizio di rinvio (Dott. M.) e con i chiarimenti resi dallo stesso in merito ai rilievi formulati dal consulente di parte, la complessiva percentuale del 22% risulta giustificata: a) con l’accertamento, a carico dell’arto inferiore sinistro, di una limitazione agli ultimi gradi della flessione del ginocchio (peraltro su base antalgica e non di blocco articolare), senza deficit funzionali a carico dell’articolazione tibio-carsica; b) con l’accertamento, a carico dell’arto superiore sinistro, di lieve deficit del pollice e della presa a pugno derivante da lesione del nervo mediano; c) con la considerazione che la valutazione complessiva dei postumi a carico del gomito e della gamba sinistra induceva a ritenere pari al 22% la riduzione permanente dell’attitudine lavorativa.

8. Si è in presenza, pertanto, di una motivazione della sentenza impugnata (che ha riportato integralmente gli accertamenti ed i giudizi del consulente) sufficiente e logica, tale da rendere inammissibili in sede di legittimità le critiche basate su diverse valutazioni del fatto, ovvero su quanto avvenuto in sede di procedimento amministrativo, completamente irrilevante ai fini dell’esito della contestazione giudiziale sulla reale consistenza del rapporto assicurativo regolato esclusivamente dalla legge. Si deve, al riguardo, ribadire che, in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell’assicurato, il difetto di motivazione denunciarle in cassazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile soltanto in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza, medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali, dai quali secondo le predette nozioni non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un’inammissibile critica del convincimento del giudice (di recente, Cass. 29 aprile 2009, n. 9988).

9. Non ha consistenza, poi, la denuncia di omessa motivazione sulle ragioni che hanno indotto il giudice a nominare un secondo consulente tecnico, atteso che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito disporre o non il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, restando escluso che il relativo provvedimento possa, di per sè, essere censurato in sede di legittimità (vedi Cass., 11 maggio 2007, n. 10849).

10. Nè può, infine, riconoscersi consistenza alla censura relativa alla mancata esplicitazione delle ragioni per le quali il giudice del rinvio ha ritenuto di condividere esclusivamente gli accertamenti e le valutazioni del secondo consulente nominato. In merito è consolidato l’orientamento della giurisprudenza della Corte secondo cui, quando, in presenza di contrastanti consulenze tecniche d’ufficio, il giudice aderisca al parere del consulente che abbia espletato la sua opera per ultimo, la motivazione della sentenza è sufficiente – ed è escluso quindi il vizio di motivazione, deducibile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – pur se tale adesione non sia specificamente giustificata, ove il secondo parere tecnico fornisca gli elementi che consentano, sul piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, sul piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti in altre relazioni o aliunde deducibili. In tal caso, le doglianze di parte, che siano solo dirette al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico e non individuino gli specifici passaggi della sentenza idonei ad inficiarne, anche per derivazione dal ragionamento del consulente, la logicità, non possono configurare l’anzidetto vizio di motivazione (vedi Cass;. 27 febbraio 2009, n. 4850).

11. Al rigetto del ricorso non consegue la statuizione sulle spese, ricorrendo le condizioni previste per l’esonero della parte soccombente dal rimborso a norma dell’art. 152 disp. att. nel testo originario, quale risultante a seguito della sentenza costituzionale n. 134 del 1994, non essendo applicabile la modificazione introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, ultimo comma, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326) a giudizio introdotto in data 9.5.1996, (prima del 2 ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla da provvedere in ordine alle spese e agli onorari del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 4 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA