Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17508 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 17/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) S.N.C., in persona del curatore fallimentare

p.t., rappr. e dif. dall’avv. Salvatore Coppolino, elett. dom.

presso lo studio dell’avv. Carmen Tedesca, in Roma, via Sirte n. 28,

come da procura in calce all’atto

– ricorrente –

Contro

RISCOSSIONE SICILIA s.p.a. – Agente della riscossione per la

provincia di Catania, in persona del dirett. gen. l.r.p.t., rappr. e

dif. dall’avv. Luigi Tambone, avv.tambone.pec.it elett. dom. presso

lo studio in Catania, via della Libertà n. 212, come da delega in

calce all’atto

-controricorrente-

per la cassazione del decreto Trib. Barcellona Pozzo di Gotto

2.3.2017, n. 1978/2017, in R.G. n. 554/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 17 giugno 2020 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. Il FALLIMENTO (OMISSIS) S.N.C. (FALLIMENTO) impugna il decreto Trib. Barcellona Pozzo di Gotto 2.3.2017, n. 1978/2017, in R.G. n. 554/2015, con cui è stata accolta l’opposizione allo stato passivo proposta da RISCOSSIONE SICILIA s.p.a. – Agente della riscossione per la provincia di Messina (AGENTE DI RISCOSSIONE) ai sensi degli artt. 98 e 99 L. Fall., avverso il decreto di esclusione emesso dal giudice delegato sulla domanda di ammissione del credito di Euro 158.874,91 (di cui 132.247,32 in chirografo e 26.627,59 in privilegio), riconosciuto ma con l’eccezione di Euro 143.819,16 quali crediti non tributari ed alfine ammesso per intero dal tribunale, secondo il tenore conforme alla domanda;

2. il tribunale ha invero ritenuto che, a fondare l’ammissione dei crediti per cui è causa (tributi, interessi, compensi e accessori portati dai ruoli), sia sufficiente l’estratto di ruolo, tenuto conto che il creditore aveva altresì prodotto il piano di ripartizione dei debiti (assunto evidentemente dal debitore), la prova delle notifiche (delle cartelle) anteriori al fallimento e così rilevato l’assenza di contestazioni sul ruolo stesso o i presupposti per l’iscrizione;

3. con il ricorso si deducono: a) la violazione degli artt. 2953 c.c. e art. 2948 c.c., n. 4, posto che il credito si prescriveva in cinque anni, come eccepito; b) la violazione di legge del combinato disposto dell’art. 2749 c.c., art. 2948 c.c., n. 4 e art. 1282 c.c., D.P.R. n. 602 del 1973, art. 88,D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 31,artt. 52 e 92 L. Fall., ove il tribunale ha ammesso il credito solo sulla base dell’estratto di ruolo e non considerando le originarie contestazioni del curatore avanti al giudice delegato, avendo riguardo alla distinzione con i crediti non tributari non ammessi; c) la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il tribunale ammesso, oltre la domanda, accessori del credito quali spese tabellari, interessi di mora, aggio su cartelle non notificate, nonchè l’aggio sul privilegio;

4. Riscossione Sicilia resiste e si è costituita con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il primo motivo di ricorso è inammissibile, avendo efficacemente il tribunale opposto all’eccezione di prescrizione il piano di ripartizione del debito, cioè un atto frutto dell’ingresso diretto nel procedimento di esazione da parte del debitore, che così era nella condizione di poter fruire della relativa rateazione dei pagamenti; a fronte di tale circostanza, appare irrilevante la stessa questione della natura quinquennale o decennale del termine di prescrizione, poichè essa è stata sollevata in modo del tutto generico, non aggredendo tale ratio decidendi, non indicando il preteso dies a quo da cui si sarebbe compiuto il periodo preclusivo all’esercizio del diritto di credito, nè avendo il ricorrente riportato, almeno per tratti essenziali, le specifiche difese di merito sviluppate sul punto;

2. il secondo motivo di ricorso è inammissibile, innanzitutto per genericità della censura; con essa, e indistintamente, il fallimento avversa l’ammissione al passivo delle sanzioni amministrative e dei debiti previdenziali iscritti a ruolo, senza però operare una specifica contestazione delle parti del più ampio credito cui quelle si riferiscono, così non assolvendo all’onere di provare, eccependo l’inidoneità probatoria dell’estratto di ruolo e sviluppando un’autosufficiente censura di merito, altresì la inconferenza anche degli altri elementi recati al giudizio dall’agente; nemmeno per essi, invero, vi è stata ordinata contestazione che permetta di riconoscere quali cartelle di pagamento siano state notificate prima ovvero dopo il fallimento, per quali non vi sia stata opposizione anteriore già da parte del debitore, così scrutinando in modo critico gli accessori (indistintamente cumulati) e come, quando e con quale tempestività l’eventuale eccezione sia stata sollevata avanti al giudice di merito; ne deriva il difetto della possibilità di esaminare, per i limiti di specificità del ricorso, efficacia e fondatezza delle eccezioni che sarebbero state elevate dal curatore stesso avverso l’ammissione al passivo postulata in sede di reclamo avanti al tribunale;

3. va invero ribadito il principio, cui dare continuità, per cui “in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (Cass. 20694/2018);

4. va anche aggiunto, per la materia di causa, che “il principio secondo cui il curatore può sollevare in sede di opposizione eccezioni non formulate al momento della verifica delle domande di insinuazione va coordinato con la natura impugnatoria del medesimo giudizio, di modo che se l’eccezione introdotta ex novo mira a sovvertire l’accertamento del credito già compiuto dal G.D. o i presupposti su cui lo stesso si fonda, la sua proposizione presuppone lo svolgimento dell’attività processuale a ciò necessaria, cioè l’impugnazione del provvedimento già assunto” (Cass.13008/2019), circostanza -come visto- non risultante; ne consegue anche l’assorbimento delle restanti doglianze, oltre la loro genericità;

5. così circoscritta allora la contestazione del curatore effettivamente appartenente al giudizio, vanno richiamati i canoni interpretativi che muovono dal disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, comma 2, ove prevede che se il debitore è dichiarato fallito “il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle entrate l’ammissione al passivo della procedura” ed il successivo art. 88, comma 1, aggiunge che “se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva, anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva a norma del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 101 ” (Cass.5244/2017);

6. nonostante la differenza sostanziale che caratterizza il “ruolo” e “l’estratto di ruolo”, comunque “l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale” (Cass. 11794/2016); l’art. 93 L. Fall., richiede ai fini dell’ammissione al passivo l’allegazione al ricorso dei documenti dimostrativi del diritto del creditore e, a tali fini, non solo il ruolo ma anche l’estratto di ruolo è idoneo a dimostrare l’esistenza del diritto di credito (Cass. 5244/2017), nè, esigendo la notifica della cartella di pagamento, si può imporre all’agente della riscossione un onere maggiore, equivalente a pretendere inammissibilmente un titolo esecutivo in allegazione al proprio credito: infatti questa Corte ha ritenuto che “per l’ammissione al passivo fallimentare dei crediti insinuati dai concessionari della riscossione dei tributi è sufficiente, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, n. 46, art. 87, comma 2, la produzione del solo estratto di ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale” (Cass. 12117/2016, 655/2016); l’indirizzo può dirsi consolidato (Cass. 16112/2019, 2732/2019, 23576/2017), avendo questa Corte da ultimo precisato che “in ragione del processo di informatizzazione dell’amministrazione finanziaria che, comportando la smaterializzazione del ruolo, rende indisponibile un documento cartaceo, imponendone la sostituzione con una stampa dei dati riguardanti la partita da riscuotere… stante il disposto del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23 (modificato dal D.Lgs. n. 235 del 2010, art. 16, comma 1), gli estratti del ruolo, consistenti in copie operate su supporto analogico di un documento informatico, formate nell’osservanza delle regole tecniche che presiedono alla trasmissione dei dati dall’ente creditore al concessionario, hanno piena efficacia probatoria ove il curatore non contesti la loro conformità all’originale”, circostanza ultima che non risulta nè provata nè allegata;

7. quanto richiamato opera per tutti i crediti veicolati dall’agente di riscossione, mutando solo, con la contestazione sostanziale, lo sviluppo processuale del relativo accertamento: per Cass. 2732/2019, infatti, “l’ammissione allo stato passivo di crediti sia previdenziali che tributari, può essere richiesta dalle società concessionarie per la riscossione, sulla base del semplice estratto del ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa norma di legge, la previa notifica della cartella esattoriale, salva la necessità, in caso di contestazioni del curatore, per i crediti tributari, di provvedere all’ammissione con riserva, e per i crediti previdenziali, in quanto assoggettati alla giurisdizione del giudice ordinario, della necessità da parte del concessionario di integrare la prova con altri documenti giustificativi in possesso dell’ente previdenziale”; si tratta di principi applicabili ad ogni credito di natura non tributaria, com’è per le sanzioni amministrative prefettizie veicolate dal concessionario ai sensi dell’art. 93 L. Fall., o per i crediti previdenziali;

8. dal decreto risulta invero che la eccezione in fase sommaria della curatela abbia riguardato – come detto – solo aspetti attinenti alla efficacia probatoria dell’estratto di ruolo, e non alla portata sostanziale del credito; la non perspicuità della censura, sul punto, non consente di distinguere altri vizi di merito (più sicuramente introducibili nell’accertamento del passivo e nel relativo giudizio di opposizione) diversi dalla mera contestazione della efficacia dell’estratto di ruolo, conseguendone l’improprietà dell’eccezione del curatore, per come riportata e non altrimenti individuabile quale ammissibile eccezione di merito; tanto più che, si osserva, “in materia di opposizione a sanzioni amministrative, è inammissibile l’opposizione a cartella di pagamento, ove finalizzata a recuperare il momento di garanzia di cui l’interessato sostiene di non essersi potuto avvalere nella fase di formazione del titolo per mancata notifica dell’atto presupposto, qualora l’opponente non deduca, oltre alla mancata notifica, anche vizi propri dell’atto presupposto” (Cass.26843/2018); per gli altri crediti non tributari, l’impossibilità stessa di circoscrivere la loro latitudine osta all’esame di una altrettale generica censura;

al rigetto del ricorso consegue, oltre alla condanna alle spese regolata secondo il principio della soccombenza e liquidazione come meglio da dispositivo, la dichiarazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

PQM

la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 4.600 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre al 15 % a forfait sui compensi e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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