Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17507 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 14/07/2017, (ud. 05/06/2017, dep.14/07/2017),  n. 17507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17077/2010 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

FIMM SERVICE s.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni

Maria Lancisi, n. 31/a, presso lo studio dell’avvocato Nicoletta

Gervasi, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale

apposta a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 114/2/09, depositata il 7 maggio 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 5 giugno 2017

dal Consigliere Dott. Giuseppe Nicastro.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che:

1.- A seguito della liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni relative agli anni d’imposta 1998 e 1999, effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, fu notificata alla FIMM SERVICE s.r.l. una cartella di pagamento, che recava l’iscrizione a ruolo di IVA per l’anno 1998 e di ritenute alla fonte e IVA per l’anno 1999, imposte dovute in base alla predette dichiarazioni. L’iscrizione a ruolo dell’IVA per l’anno 1999, in particolare, era scaturita dal fatto che la società contribuente, pur avendo indicato nella dichiarazione (al quadro VE, rigo 22) l’effettuazione di operazioni esenti (per Lire 66.223.000) ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, aveva detratto la totalità dell’imposta assolta sugli acquisti, in violazione dei commi 2 e 5 dell’art. 19 dello stesso decreto (secondo cui, rispettivamente, “Non è detraibile l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti” e “Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis”).

2.- La menzionata cartella di pagamento fu impugnata dalla FIMM SERVICE s.r.l. davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma (hinc: “CTP”) che accolse il ricorso della società.

3.- Avverso tale pronuncia, limitatamente alla parte di essa concernente l’iscrizione a ruolo dell’IVA per l’anno 1999, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Roma (OMISSIS), propose appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (hinc: “CTR”), deducendo che il descritto errore di compilazione della dichiarazione non poteva ritenersi formale, in quanto incideva sulla determinazione dell’imposta. La FIMM SERVICE s.r.l. si costituì nel giudizio controdeducendo di avere indicato la somma di Lire 66.223.000 nel rigo della dichiarazione relativo alle operazioni esenti per mero errore, atteso che tale somma era relativa a operazioni non imponibili ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, comma 1, n. 3), sicchè essa non doveva essere indicata nel detto rigo nè esposta nella dichiarazione, non essendo rilevante ai fini della stessa nè della determinazione dell’imposta, con la conseguente spettanza del diritto alla detrazione della totalità dell’IVA assolta sugli acquisti. La CTR, ritenuto che la società appellata aveva fornito la prova che la somma di Lire 66.223.000 indicata nel rigo della dichiarazione relativo alle operazioni esenti era in realtà relativa a operazioni non imponibili ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 15, comma 1, n. 3), rigettò l’appello dell’Ufficio, statuendo che, attesa tale natura delle operazioni, doveva ritenersi “irrilevante, ai fini della liquidazione dell’imposta, il fatto che la contribuente abbia indebitamente esposto al rigo VE22 l’importo predetto”, con la conseguenza che la detrazione della totalità dell’IVA assolta sugli acquisti doveva ritenersi legittimamente operata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1.

4.- Avverso tale sentenza della CTR, non notificata, ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che, dichiarando un valore del procedimento di Euro 44.434,45, affida il proprio ricorso, notificato alla FIMM SERVICE s.r.l. il 18-21 giugno 2010, a due motivi.

5.- La FIMM SERVICE s.r.l. resiste con controricorso, eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso in quanto con lo stesso la ricorrente avrebbe proposto questioni nuove, mai sollevate nei precedenti gradi di giudizio, atteso che l’Agenzia delle Entrate, nel giudizio davanti alla CTP, non si era costituita e, nel giudizio davanti alla CTR, si era limitata a negare il diritto della contribuente alla detrazione della totalità dell’IVA assolta sugli acquisti.

6.- Il ricorso è stato successivamente fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, aggiunto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. a), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, art. 1, comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.- Con il primo motivo, concluso con la formulazione di un quesito di diritto, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per non avere la CTR rilevato d’ufficio l’inammissibilità del ricorso introduttivo – ancorchè non eccepita nei due gradi del giudizio di merito – in quanto “inoltrato a mezzo posta in data 12 maggio 2004”, cioè dopo che era decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’impugnata cartella di pagamento “in data 23 gennaio 2004 alla Società contribuente, presso la (…) sede legale, ed a mani del legale rappresentante”.

1.1.- Il motivo è inammissibile. Infatti, ancorchè l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio sia rilevabile d’ufficio – come esattamente sostenuto dalla difesa della ricorrente Agenzia delle Entrate – in ogni stato e grado del processo, salvo, beninteso, che si sia formato un giudicato interno esplicito sul punto (Sezioni unite, sentenza n. 26019 del 2008; Sez. 5, sentenza n. 22319 del 2010), questa Corte ha tuttavia precisato che detta inammissibilità non può essere eccepita per la prima volta in sede di legittimità quando la valutazione della fondatezza dell’eccezione implica un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito (Sez. 5, sentenze n. 26391 del 2010 e n. 7410 del 2011). Il che si verifica nel caso di specie – analogo, in vero, a quello oggetto della sentenza n. 7410 del 2011, ora citata – con riguardo, in particolare, alla necessità dell’accertamento delle date, non risultanti dalla sentenza impugnata, di notificazione della cartella di pagamento impugnata e di spedizione del ricorso introduttivo, ai fini del controllo dell’osservanza o no, da parte della contribuente, del termine per la proposizione dello stesso stabilito del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1. Da ciò l’inammissibilità del motivo.

2.- Con il secondo motivo, anch’esso concluso con la formulazione di un quesito di diritto, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), civ., la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, in quanto la CTR non ha considerato che l’erronea indicazione nella dichiarazione dell’effettuazione di operazioni esenti avrebbe dovuto essere corretta dalla contribuente mediante la dichiarazione integrativa prevista dal detto art. 2, da presentare entro il termine di decadenza ivi pure indicato, e ha omesso di rilevare d’ufficio l’avvenuta sopravvenienza di tale decadenza.

2.1.- Il motivo è ammissibile, ma infondato.

Quanto all’ammissibilità dello stesso, va osservato che la decadenza dal termine per la presentazione della dichiarazione integrativa, in quanto stabilita a favore dell’amministrazione finanziaria e attinente a materia da essa non disponibile, deve ritenersi rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (ex plurimis, Sez. 5, sentenza n. 1605 del 2008). Nè la valutazione della relativa eccezione implica, nella specie, un accertamento in fatto – precluso in sede di legittimità – atteso che è incontestata nel giudizio la mancata presentazione di una dichiarazione integrativa da parte della controricorrente contribuente.

Quanto all’infondatezza del motivo, deve osservarsi che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, tenuto conto della natura giuridica della dichiarazione fiscale quale mera esternazione di scienza, del principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., del disposto della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, secondo cui “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”, nonchè del diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e di riscossione rispetto a quelle che governano il processo tributario – il cui oggetto è costituito dall’accertamento in ordine alla legittimità della pretesa impositiva, quand’anche fondata sui dati forniti dal contribuente – quest’ultimo, indipendentemente dalle modalità e dai termini previsti dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, per la dichiarazione integrativa (nonchè dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38), in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggior pretesa tributaria azionata dell’amministrazione finanziaria (anche mediante la diretta iscrizione a ruolo a seguito del controllo automatizzato), allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione e incidenti sull’obbligazione tributaria (Sezioni unite, sentenza n. 13378 del 2016). Alla luce di tale principio, va confermato il diritto della controricorrente contribuente di contestare, nel giudizio di merito, la cartella di pagamento impugnata facendo valere l’errore da essa commesso nella compilazione della dichiarazione, indipendentemente dalla (mancata) presentazione della dichiarazione integrativa prevista del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, entro il termine di decadenza stabilito dallo stesso articolo.

3.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese processuali sono compensate tra le parti in considerazione dei difformi precedenti delle sezioni semplici di questa Corte in ordine alla questione di diritto di cui al secondo motivo di ricorso.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 5 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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