Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17506 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. VI, 26/07/2010, (ud. 05/07/2010, dep. 26/07/2010), n.17506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23350/2009 proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 53,

presso lo studio dell’avvocato SALVINI RICCARDO, che lo rappresenta

e difende unitamente a se medesimo, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERO FOSCARI

40, presso lo studio dell’avvocato COLAIACOVO VINCENZO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

21.1,. 09, depositata il 22/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito il ricorrente nella persona dell’Avvocato S.I. che

si riporta agli scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte letti gli atti depositati, osserva:

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: per ottenere il pagamento dei compensi professionali di architetto vantati nei confronti di terzi, l’avvocato officiato ha promosso un giudizio ordinario, invece di ricorrere al procedimento monitorio che avrebbe garantito un sollecito soddisfacimento del credito.

Con sentenza depositata in data 22 settembre 2009 la Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato il legale ( S.I.) a risarcire il danno subito dal cliente ( N.E.) per violazione del dovere di diligenza professionale nella sua difesa nella controversia giudiziaria. Alla Corte di Cassazione è stata devoluta la seguente questione di diritto: se possa costituire fonte di responsabilità professionale, dando luogo al risarcimento del conseguente danno, la scelta processuale del legale.

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. – Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1176 e 2236 c.c., e, in particolare, definisce aberrante il principio posto alla base della sentenza impugnata, secondo cui l’adozione dell’atto di citazione piuttosto che del possibile ricorso per decreto ingiuntivo, quale mezzo per il recupero di un credito, configuri responsabilità professionale del difensore.

Il secondo motivo lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in particolare assumendo che la Corte territoriale ha trascurato di esaminare gli elementi di fatto posti a sostegno della difesa.

Le due censure che, possono essere trattate congiuntamente presentando profili comuni, sono manifestamente infondate.

Il ricorso non prospetta argomentazioni che possano indurre la Corte a modificare il proprio orientamento come espresso, tra le altre, da Cass. n. 6967 del 2006.

La sentenza impugnata non si è discostata dai principi ivi enunciati avendo ravvisato, con apprezzamento di fatto congruamente e razionalmente motivato, quindi incensurabile, il danno arrecato al rappresentato nella circostanza che, fatto ricorso al procedimento monitorio giustificato dall’abbondante documentazione a disposizione, sarebbe stato agevole ottenere la provvisoria esecuzione ove le controparti avessero proposto opposizione, quindi il soddisfacimento del credito senza attendere i tempi lunghi del procedimento ordinario.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non offrono spunti per soluzioni diverse; qui giova sottolineare che la sentenza impugnata, con apprezzamento di merito non censurabile, ha evidenziato il diverso risultato – per lui utile – che il cliente avrebbe conseguito ove il professionista avesse scelto il procedimento monitorio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 1.400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

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