Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17506 del 23/08/2011

Cassazione civile sez. III, 23/08/2011, (ud. 23/06/2011, dep. 23/08/2011), n.17506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA GALLIA 122, presso lo studio dell’avvocato CARRERA ANTONIO, che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDO GARANZIA VITTIME STRADA FGVS E PER ESSO ASSITALIA LE

ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del Procuratore

Speciale Avv. M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PAOLO EMILIO 57, presso lo studio dell’avvocato MAGNANI SERGIO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAGNANI CRISTIANA

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA, 17, presso lo

studio dell’avvocato TRIOLO VINCENZO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FABIANI GIUSEPPE giusta delega in atti;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1235/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA Terza

Sezione Civile, depositata il 6/05/2008; R.G.N. 2497/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/06/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato CARRERA ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 6-5-2008 la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da G.E. avverso la sentenza di primo grado che , per quello che ancora interessa, aveva condannato l’Assitalia -le Assicurazioni d’Italia, quale impresa designata L. n. 990 del 1969, ex art. 20, al pagamento in favore dello stesso G. della somma Euro 62.808,00 per i danni riportati in occasione di un incidente stradale occorso con un’autovettura non identificata.

La Corte di appello , evocata solo con censure relative alle statuizioni sul danno, sul rilevo che il giudice di primo grado “abbia correttamente valutato la c.t.u e tutte le altre emergenze”, ha confermato la percentuale di invalidità permanente accertata dal Tribunale e gli importi liquidati per danno biologico , danno da inabilità temporanea assoluta e relativa, danno morale , calcolato nella misura del 30% del danno biologico, conformemente alla tabelle in uso negli uffici giudiziari romani, per un totale complessivo di Euro 51.490,00.

La Corte di merito ha ritenuto che il profilo non patrimoniale del danno da riduzione -, della capacità lavorativa era stato incluso nella liquidazione del danno biologico e che l il profilo patrimoniale era rimasto privo di prova dichiarando inammissibile, perchè tardiva, la produzione della certificazione rilasciata dall’Asl (OMISSIS) in data (OMISSIS), relativa all’accertamento per il G. dell’invalidità civile nella misura del 48%.

Avvero detta sentenza propone ricorso per cassazione G.E. con quattro motivi.

Si difende con controricorso l’INA Assitalia s.p.a., nella sua qualità di impresa designata del fondo di Garanzia vittime della strada.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso viene denunziata omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alle valutazioni della c.t.u medico -legale svolta in primo grado ed alla entità della liquidazione del danno biologico e di quello morale.

Il motivo si chiude con il seguente momento di sintesi: nel giudizio de quo, la Corte d’Appello (e prima di essa il Tribunale di Roma), senza seguire quell’iter logico giuridico stabilito dalla legge, troppo sbrigativamente e superficialmente, riproducendo pedissequamente nella parte motiva della sentenza le argomentazioni del Tribunale e senza in alcun modo palesare il percorso logico giuridico seguito nell’adottare la decisione poi assunta, ha ritenuto di aderire alla quantificazione complessiva del danno biologico e di quello morale come fatta dal Giudice di prime cure, limitandosi a plaudere l’operato del CTU e la valutazione che di essa fa il Tribunale senza fornire argomentazioni tali da consentire da ripercorrere l’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione stessa di confermare al sentenza di primo grado.

La Corte d’Appello avalla il giudizio del Tribunale, comunque, senza distinguo, sia quando sia reso all’esito di una “corretta valutazione delle risultanze istruttorie e delle altre emergenze necessarie e sufficienti a quantificare il danno” (quello biologico), sia quando sia reso semplicemente e in applicazione di un criterio di valutazione diametralmente opposto, in conformità delle tabelle attuariali in uso presso il Tribunale di Roma (quello morale)”.

2. Il motivo è inammissibile.

Le Sezioni unite di questa Corte , con sentenza n. 16528 del 2008 , hanno chiarito che secondo l’art. 366 bis c.p.c. introdotto dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006,applicabile nel caso di specie perchè a sentenza impugnata è stata pubblicata in data 6-5- 2008, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 3441/2008, 2697/2008). Inoltre, la relativa censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) “deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità”.

3. Nel caso di specie il motivo con cui si denunzia vizio di motivazione risulta prospettato secondo un modello difforme da quello delineato nei termini sopra esposti, sostanziandosi in generiche censure ai giudici di secondo grado che “sbrigativamente e superficialmente, riproducendo pedissequamente nella parte motiva della sentenza le argomentazioni del Tribunale” avrebbero confermato la liquidazione del danno biologico e del danno morale fatta dai primi giudici; privo della “chiara indicazione” delle “ragioni” che rendono inidonea la motivazione a sorreggere la decisione e con un momento di sintesi senza contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile” (v. Cass. 18/7/2007, n. 16002).

Il ricorrente lamenta che la Corte di merito erroneamente si è limitata “a plaudere l’operato del CTU e la valutazione che di essa fa il Tribunale” senza prospettare argomentazioni e censure specifiche all’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione di conferma al sentenza di primo grado, formulando in chiusura un motivo di sintesi inidoneo ad individuare il contenuto delle censure proposte.

4.Come secondo motivo viene denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione a quanto previsto dagli artt. 420 e 426 c.p.c..

La Corte d’Appello ha ritenuto inammissibile la certificazione medica depositata per la prima volta nel giudizio d’appello, pur trattandosi di documentazione formatasi dopo il giudizio di primo grado e l’inizio del giudizio di appello.

5.Come terzo motivo viene denunziata omessa ed insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, n. 5, in quanto la motivazione della Corte di merito sull’irrilevanza della certificazione medica è insufficiente oltre che illogica, posto che la scarna argomentazione addotta non consente di ripercorrere l’iter logico della stessa.

6. I due motivi si esaminano congiuntamente per la loro connessione logico giuridica.

I motivi sono infondati.

In relazione alla dedotta violazione di legge, si osserva che la Corte di appello, pur dichiarando che il documento era stato esibito tardivamente , successivamente ha esaminato comunque il contenuto della certificazione rilasciata dalla ASL e la sua valenza probatoria ai fini della prova de danno patrimoniale derivante dalla invalidità permanente.

Ha ritenuto che l’accertamento dell’invalidità civile nella misura del 48% non fosse rilevante in quanto dalla certificazione non emergeva alcun collegamento causale tra le conseguenza del sinistro e l’invalidità accertata sette anni dopo, essendo state evidentemente le verifiche sanitarie svolte in prospettiva diversa da quella processuale.

Il ricorrente, della linea argomentativa così sviluppata , non segnala alcuna caduta di consequenzialità ,mentre l’impugnazione si risolve nella richiesta di un riesame del merito della controversia con una valutazione delle risultanze probatoria diversa da quella motivatamente fatta propria dai giudici di merito.

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito.

7. Con il quarto motivo viene denunziata omessa motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per aver la Corte di appello omesso di pronunciarsi in ordine alla mancata valutazione e quantificazione del danno derivante da perdita di capacità lavorativa specifica in relazione all’attività di elettricista svolta dal G. come censurato con l’atto di appello.

8. L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio – risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3, o del vizio di motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4 – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello.

La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro “ex actis” dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo. Sez. 1, Sentenza n. 1755 del 27/01/2006 Sez. 3, Sentenza n. 12952 del 04/06/2007.

Il ricorso pertanto deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione in favore dell’INA Assitalia s.p.a., nella sua qualità di impresa designata del fondo di Garanzia vittime della strada, liquidate in Euro 5.200,00 , di cui Euro 200,00 per spese,oltre spese generali ed accessori per legge.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2011

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