Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17506 del 01/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/09/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 01/09/2016), n.17506

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19276-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende

ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G.;

– intimato –

avverso le sentenze nn. 156/10/2015, 157/10/2015, 158/10/2015 e

159/10/2015 della Commissione Tributaria Regionale della TOSCANA

SEZ.DIST. di LIVORNO, depositate tutte il 27/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, cumulativo, affidato ad un motivo, nei confronti di F.G. (che non resiste), avverso quattro sentenze della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, Sezione staccata di Livorno, mi. 156/10/2015, 157/10/2015, 158/10/2015 e 159/10/2015, tutte depositate in data 27/01/2015, con le quali – in controversie concernenti le separate impugnazioni di dinieghi opposti dall’Amministrazione Finanziaria ad istanze del contribuente (medico di base, convenzionato con il SSN) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2006 al 2009 – sono state confermate le decisioni di primo grado, che avevano accolto i separati ricorsi del contribuente, ad eccezione della richiesta di rimborso dell’acconto 1RAP relativo all’anno 2006, stante l’intervenuta decadenza per mancato rispetto del termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere i gravami dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto, nelle quattro decisioni qui impugnare, con identica motivazione, che, nella specie, doveva essere esclusa la ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione, essendo svolta l’attività del medico con l’ausilio di un’unica dipendente assunta par-time, con funzioni di “addetta all’accettazione clienti, registrazione dati, consegna referti ed altre prestazioni ausiliarie”, mansioni dunque “ininfluenti nel creare una qualche pltrivalenza alla capacità reddituale”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione c/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 2697 c.c., in quanto la C.T.R. non si sarebbe conformata ai principi stabiliti dall’evoluzione giurisprudenziale in materia di IRAP, avendo ritenuto che i compensi “corrisposti ad un solo dipendente non occasionale” fossero insufficienti ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione.

2. La censura è infondata.

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit il minimo indispensabile per esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnalo in relazione ai beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minima si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “medialo o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

Nella specie, l’Agenzia incentra il motivo proprio sulla non corretta valutazione da parte della C.T.R. dell’apporto dato al professionista dall’unica dipendente con mansioni esecutive di “addetta all’accettazione clienti, registrazione dati, consegna referti ed altre prestazioni ausiliarie” e dunque sostanzialmente di segreteria. Le decisioni impugnata sono conformi al principio di diritto da ultimo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2016

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