Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17505 del 01/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/09/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 01/09/2016), n.17505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14213-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

RUSSO COSTRUZIONI SRL, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BANCO DI S. SPIRITO 42,

presso lo studio GNOSIS FORENSE rappresentata e difesa dall’avvocato

MICHELE DI FIORE, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10590/44/2014 della CONI MISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA del 13/11/2014, depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore Don. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti della Russo Costruzioni srl in liquidazione (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 10590/44/2014, depositata in data 4/12/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento, per maggiori IRES, IRAP ed IVA dovute in relazione all’anno d’imposta 2007, a seguito di rideterminazione, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39 del reddito d’impresa, sulla base di diversi rilievi concernenti varie operazioni commerciali, – stata confermata la decisione di primo grado, che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame principale dell’Agenzia delle Entrate per difetto di specificità, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, ed inefficace quello incidentale della contribuente, in quanto notificato ben oltre il termine lungo semestrale per impugnare.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rimale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e art. 324 c.p.c., avendo i giudici della C.T.R. errato nel ritenere inammissibile l’appello, per difetto di specifici motivi.

2. La censura è fondata.

Ed infatti questa Corte ha affermato che “in tema di silenzioso tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora fatto di appello, benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa nota possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, “non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi gli elementi idonei a rendere “specifici” i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purchè in maniera univoca, dall’intero alto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni” (Cass. 1224/2007).

Come poi ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche “la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fitta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza”.

Nella specie, dalla stessa esposizione nel presente ricorso per cassazione, si evince che l’appellante, chiedendo l’annullamento della decisione di primo grado, contestava la contraddittorietà della motivazione e l’erronea valutazione degli elementi probatori offerti (in primis, il PVC redatto dai verificatovi) da parte dei giudici della C.T.P.. Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinante il fondamento logico giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).

Nè rileva, ai fini della censura di genericità del gravame (al di là della sovrabbondanza di dati), quanto dedotto dalla controricorrente, in ordine al fatto che le questioni portate in discussione dall’Amministrazione finanziaria concernessero anche altre annualità d’imposta, oggetto di separati accertamenti, essendo gli atti impositivi tutti scaturiti dalla stessa verifica fiscale e dal medesimo PVC.

Vi erano, comunque, nell’atto di appello riferimenti all’anno d’imposta (2007) oggetto della lite (anno nel quale erano stati contestati dall’Ufficio alla società vari ricavi non contabilizzati, conseguenti a compravendite di immobili a prezzi superiori di quelli dichiarati, rilevo questo, in parte – 43.130,00 -, confermato dai giudici di primo grado, ed anche ad acconti non fatturati, relativi ad atti traslativi non ancora ratificati) ed alla correttezza (presunzioni gravi, precise e concordanti, utilizzabilità dei dati OMI per la reale determinazione dei prezzi di compravendita) dei rilievi scaturiti dal verbale di verifica, alla base dell’atto impositivo impugnato.

3. Deve ritenersi poi inammissibile la censura, mossa nel corpo del controricorso, in ordine alla inesistenza dell’atto impositivo, perchè asseritamente sottoscritto da soggetto privo di qualifica dirigenziale, invero, non viene esplicitato dalla controricorrente quando ed in quale sede detta eccezione sia stata sollevata nel giudizio di merito (non trasparendo l’eccezione dalla sentenza impugnata). Deve ribadirsi che le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, non sono rilevabili d’ufficio, nè possono essere fatte valere per la prima volta nel giudizio di cassazione (Cass. n. 18448/2015).

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Campania in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2016

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