Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17504 del 23/08/2011

Cassazione civile sez. III, 23/08/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 23/08/2011), n.17504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M. (OMISSIS), S.M.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso lo studio dell’avvocato CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato FREDIANI LEOPOLDO con studio in CARRARA, VIA

MAZZINI 15 giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.F.M. (OMISSIS), P.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CATTARO

28, presso lo studio dell’avvocato COSENTINO GIUSEPPE, rappresentati

e difesi dall’avvocato QUATTRONE MARIA ANGELA giusta delega a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.I.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 845/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, 1^

SEZIONE CIVILE, emessa il 30/6/2005, depositata il 19/09/2005, R.G.N.

531/2003;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato FRANCESCO VANZETTA per delega dell’Avvocato MARIA

ANGELA QUATTRONE;

lette le conclusioni, scritte dal Sostituto Procuratore Generale

ANTONIETTA CARESTIA, confermate in camera di consiglio dal P.M. Dott.

RUSSO Libertino Alberto che si riporta alle conclusioni scritte.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16.5.2000, S.M. G. e M.M. convenivano innanzi al Tribunale di La Spezia gli avvocati D.F.M. e P.A. per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti, per loro responsabilità professionale, nella gestione del sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) tra l’auto di proprietà di S.M.G., condotta dal figlio M.M., ed altro veicolo di proprietà di P.V. e condotto da P.A.; gli odierni ricorrenti esponevano che gli avvocati D.F. e P. avevano lasciato prescrivere, per negligenza, il loro diritto al risarcimento, prò quota per il concorso di colpa, nei confronti delle controparti e della Società di Assicurazione.

Costituitosi il D.F., il Tribunale di La Spezia, con decisione n. 1217/2002, rigettava le domande e tale decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello di Genova con decisione n. 845/2005, che, in particolare, riteneva che il M. non aveva conferito incarico per promuovere causa risarcitoria ma che il solo avvocato P. era stato incaricato della redazione di una lettera di denuncia del sinistro ed, inoltre, che nessuna prescrizione si era comunque compiuta.

Ricorrono per cassazione la S. e il M. con tre motivi, illustrati da memoria, mentre resistono con controricorso la D. F. e il P.. Il P.g. ha depositato conclusioni scritte con cui chiede rigettarsi il ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. con riferimento all’art. 2236 c.c., in ordine al conferimento dell’incarico in questione; con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 2945 e 1310 c.c. e relativo difetto di motivazione in quanto “una volta accertato che era applicabile unicamente la presentazione della querela, il thema decidendi era esaurito e nulla avrebbe potuto permettere alla Corte di disquisire ulteriormente sulla efficacia interruttivo della citazione ex art. 2945 c.c. e sulla applicabilità dell’art. 1310 c.c. al condebitore solidale”.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 2945 e 1310 c.c., e relativo difetto di motivazione; si afferma che “una volta accertato che era applicabile unicamente la prescrizione biennale non essendo stata fornita la prova della presentazione della querela il thema decidendi era esaurito e nulla avrebbe potuto permettere alla Corte di disquisire ulteriormente sulla efficacia interruttivo della citazione ex art. 2945 c.c. e sulla applicabilità dell’art. 1310 c.c. al condebitore solidale”.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 83 c.p.c.; si afferma che “il Giudice a quo è giunto all’aberrante conclusione sovvertendo ogni principio in materia, che deve essere il cliente a sollecitare il professionista a richiedergli il rilascio di idonea procura e non viceversa, come se dovesse essere il primo a conoscere la legge e non il secondo. Gli avvocati D.F. e P. si sono limitati per il M. ad inviare la RRR alla Compagnia; non hanno stilato per lui alcun atto di citazione, che, al limite, avrebbe potuto avere l’effetto interruttivo della prescrizione; non sono interventi volontariamente nel giudizio promosso dal P. nei confronti della madre, nel quale hanno avuto l’ardire di spiegare la domanda riconvenzionale per chi non era in alcun modo parte del giudizio; si sono guardati bene dall’inviare altre raccomandate”.

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.

Deve premettersi che la Corte di merito, con logiche e sufficienti argomentazioni, ha dato conto del proprio decisum, sulla base di un compiuto esame delle risultanze documentali (non più ” esaminabili nella presente sede), affermando che “quando la D.F. dismise l’incarico nel giudizio introdotto dal P., questo giudizio (vedi produzioni di primo grado) era ancora pendente, per cui nessuna prescrizione poteva decorrere nei confronti del P. medesimo se solo la causa fosse proseguita con altro difensore, come era ben possibile, mentre la prosecuzione del predetto giudizio, con il risultato eventualmente vittorioso, avrebbe comunque vincolato la Vittoria Assicurazioni spa al risarcimento dei danni subiti dagli appellanti, sia perchè assicuratrice del P. sia perchè l’effetto interruttivo del giudizio sarebbe rimasto esteso anche nei suoi confronti ex art. 1310 c.c., comma 1”; ed inoltre che “a parte il disposto dell’art. 2943 c.c., comma 2, i cui effetti devono ritenersi prodotti a prescindere dalla valutazione giudiziale della regolarità della domanda proposta quando il suo contenuto sia unico, deve ricordarsi che la costituzione in mora del debitore mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, ai sensi dell’art. 1219 c.c., comma 1, è idonea a interrompere la prescrizione, secondo il disposto dell’art. 2943 c.c., u.c., in quanto sia rivolta e comunicata al debitore o al suo rappresentante”. Ciò premesso, va rilevato che le censure suesposte sono inammissibili perchè tendono ad un ulteriore valutazione di circostanze di fatto, atti e documenti non esaminabili da questa Corte.

In particolare, con il primo motivo, il ricorrente non censura la specifica ratio deciderteli della Corte di merito secondo cui i documenti prodotti dall’attore non configurano prova adeguata in ordine all’incarico in questione, e da inoltre erroneamente per presupposta la prova del conferimento dell’incarico per poi affermare che spettava alla controparte dimostrare sul punto un fatto modificativo o estintivo.

Anche il secondo motivo è privo di pregio perchè, in tema di prescrizione, il cui accertamento è anch’esso quaestio facti, si limita a prospettare, senza specifiche censure, una tesi diversa rispetto a quella della Corte di Genova e mancando di autosufficienza, in ordine al punto in cui prospetta un’omessa valutazione dei giudici di secondo grado “sulla dedotta decadenza dalla riconvenzionale”.

Infine, con riferimento al terzo motivo, a parte la considerazione della indubbia scarsa eleganza espositiva del ricorrente nell’affermare che il Giudice a quo è giunto ad una “aberrante conclusione” con affermazione che costituisce “insulto all’intelligenza e preparazione giuridica”, argomenti che di per sè non configurano certo incisive argomentazioni a contrario riguardo alla decisione impugnata, deve rilevarsi che è anch’esso inammissibile sia perchè ha ad oggetto risultanze documentali (tra cui la raccomandata con ricevuta di ritorno) sia perchè manca di specificità e di autosufficienza.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali della presente fase che liquida in complessivi Euro 2.600,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2011

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