Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17503 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16625-2018 proposto da:

B.A., B.G., B.F.,

B.L., nella qualità di eredi di BU.GI. e

D.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 30,

presso lo STUDIO LEGALE PLACIDI, rappresentati e difesi dagli

avvocati GIANPAOLO IMPAGNATIELLO, GIOVANNI ERNESTO CERISANO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CERIGNOLA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIANA NITTI,

ANGELA PARADISO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il

13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

MARULLI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 I litisconsorti B. impugnano l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Bari, attinta dai medesimi ai fini della liquidazione dell’indennità dovuta dal Comune di Cerignola in relazione alla cessione in favore del medesimo di alcune aree di loro proprietà, ha rigettato la domanda per intervenuta prescrizione decennale, ciò perchè, facendo essa seguito ad un pregresso giudizio dai medesimi incardinato sempre nei confronti del Comune di Cerignola con citazione notificata il 29.6.1990 successivamente estinto, il termine di prescrizione a mente dell’art. 2945 c.c., commi 1 e 3, doveva considerarsi, alla data della proposizione della nuova domanda il 12.4.2017, integralmente prescritto, trattandosi della stessa domanda e decorrendo, perciò, il termine di prescrizione dalla notificazione della prima citazione non essendo intervenuti medio tempore altri atti interruttivi.

Il mezzo così proposto si vale di tre motivi di ricorso, illustrati pure con memoria ex art. 380-bis c.p.c. ai quali replica l’ente convenuto con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo lamenta l’erroneità dell’esternato pronunciamento

deducendo che, poichè il diritto sindacato dal decidente era sorto in conseguenza della declaratoria di incostituzionalità pronunciata dalla Corte Cost. n. 348 del 2007, il dies a quo ai fini della prescrizione andava individuato nella data di pubblicazione della sentenza predetta nella Gazzetta Ufficiale e che il ricorso per cassazione, a suo tempo dai medesimi proposto nel corso del giudizio estinto, ne aveva nuovamente interrotto la decorrenza.

3. Il motivo è infondato, quanto alla prima allegazione, posto che per giurisprudenza costante di questa Corte “il vizio di illegittimità costituzionale non ancora dichiarato dalla Corte Costituzionale, non determinando un impedimento legale all’esercizio del diritto, ma ponendo in essere una mera difficoltà di fatto, non incide sulla decorrenza della prescrizione che, pertanto, ha inizio dal giorno in cui il diritto stesso poteva essere fatto valere, pur con il necessario giudizio incidentale di legittimità costituzionale” (Cass., Sez. I, 3/06/2000, n. 7437).

4. Nè contrasta questo assunto l’argomento fatto valere dai ricorrenti in relazione agli effetti di Corte Cost. n. 223 del 1983, in considerazione dei quali la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che la prescrizione decorra dalla pubblicazione della predetta sentenza nella Gazzetta Ufficiale, trattandosi di situazione del tutto diverse. Ed invero, in quel caso che ha ad oggetto il meccanismo indennitario della L. 29 luglio 1980, n. 385 si è ritenuto inapplicabile il richiamato principio in quanto, non essendo mai stata data attuazione alla “apposita legge sostitutiva delle norme dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 5 del 1980”, mancano “i parametri normativi alla cui introduzione le parti abbiano espressamente fatto rinvio per l’esatta identificazione dei contenuti del diritto (e) pertanto, qualora il soggetto espropriato abbia accettato – successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 1980 ed anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 385 del 1980 – l’indennità provvisoria di espropriazione a titolo di acconto dell’indennità definitiva, con la previsione che quest’ultima avrebbe dovuto essere quantificata in applicazione della legge da emanare a seguito di quest’ultima sentenza, siffatto diritto era inesigibile sino a quando, in virtù della sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1983, sono state dichiarate illegittime le norme della L. n. 385 del 1980 (e di quelle successive, di proroga) e l’espropriato è stato posto in condizione di agire per ottenere il giusto prezzo L. n. 2359 del 1865, ex art. 39” (Cass., Sez. I, 14/11/2003, n. 17196); nel caso che ne occupa, viceversa, il diritto al “giusto prezzo” non era soggetto ad alcuna limitazione ex lege, onde il fatto che, per effetto della perdurante vigenza del criterio introdotto dal D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5-bis, convertito in L. 8 agosto 1992, n. 359, esso non potesse trovare piena ed integrale attuazione non avrebbe potuto precluderne l’esercizio in quanto “da pregressa vigenza di una disposizione di legge di natura preclusiva o ostativa all’esercizio di un diritto, successivamente dichiarata incostituzionale, non può in alcun modo qualificarsi come “impedimento giuridico” all’esercizio del diritto medesimo, costituendo di esso, per converso, un mero ostacolo “di fatto”, ovviabile attraverso la proposizione dell’incidente di costituzionalità, idoneo, se del caso, a rimuoverlo” (Cass., Sez. IV, 20/08/2004, n. 16404).

5. Il motivo è parimenti infondato anche in relazione alla seconda allegazione, essendosi già chiarito che “gli atti di impulso processuale successivi a quello introduttivo del procedimento possono spiegare autonoma efficacia interruttiva della prescrizione ove abbiano i connotati dell’atto di costituzione in mora del debitore, ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, e cioè contengano una richiesta di pagamento a lui comunicata direttamente. Ne consegue che non può attribuirsi una tale efficacia al gravame proposto avverso la sentenza del giudice di primo grado, perchè esso non è diretto personalmente alla parte, ma al suo procuratore, e, soprattutto, per sua natura, non ha il contenuto di un atto di costituzione in mora, essendo diretto al riesame della sentenza impugnata, nei limiti del devoluto” (Cass., Sez. I, 11/04/2016, n. 7076).

6. Il secondo motivo lamenta l’erroneità dell’affermazione operata dal decidente del merito circa il fatto che l’estinzione dichiarata riguardo al pregresso giudizio tra le parti avrebbe estinto tutto il processo ivi comprese anche le statuizioni in punto al conguaglio indennitario accordato in favore degli ablati e alla decorrenza degli interessi, ancorchè riguardo ad esse fosse intervenuto il giudicato.

7. Il motivo è inammissibile per evidente eccentricità rispetto al dictum pronunciato dalla Corte d’Appello avendo questa adottato le sue determinazioni solo con riferimento alla domanda successivamente introdotta avanti a sè dagli ablati, onde la questione sollevata con il motivo, afferendo al pregresso giudizio tra le parti estintosi per inattività delle stesse, di cui il decidente ha solo preso atto nella narrativa dei fatti di causa, è del tutto estranea a quanto da esso deliberato in quella sede.

8. Il terzo motivo lamenta l’erroneità della disposta applicazione a danno dei ricorrenti del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, non essendo quello introdotto avanti alla Corte d’Appello un giudizio di impugnazione.

9. Il motivo è fondato trovando pieno conforto nella lettera della norma richiamata e nel fatto che il procedimento per la determinazione dell’indennità di esproprio si svolge in un unico grado avanti alla Corte d’Appello ai sensi del combinato disposto del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54, e del D.Lgs. 1 settembre 2011, art. 29, n. 150.

10. Vanno dunque respinti i primi due motivi di gravame ed accolto il terzo con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e per l’effetto, decidendo nel merito, dovrà essere dichiarato che non sussistono i presupposti per l’applicazione nella specie del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

11. Le spese, avuto riguardo alla novità della questione sollevata con il motivo accolto, vanno integralmente compensate.

PQM

Respinge il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che non sussistono i presupposti per l’applicazione nella specie del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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