Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17502 del 23/08/2011

Cassazione civile sez. III, 23/08/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 23/08/2011), n.17502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI MILLE 41, presso lo studio dell’avvocato

ANNITA CAMMARELLA, rappresentato e difeso dagli avvocati CAMMARELLA

GUIDO, BASSO GIOVANNI giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.A. (OMISSIS), G.M.

(OMISSIS), G.L. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 107, presso lo

studio dell’avvocato MARIA MELE, rappresentati e difesi dall’avvocato

SPINELLI GIANFRANCO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 251/2009 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME,

emessa il 16/2/2009, depositata il 31/03/2009, R.G.N. 3898/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- G.L., G.A. e G. M., debitori esecutati in una procedura esecutiva presso terzi, proposero opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento notificato loro ed ai terzi pignorati, ad istanza del creditore P.G.A..

Dedussero gli opponenti che l’atto di pignoramento era nullo per violazione dell’art. 543 cod. proc. civ., in quanto l’intimazione ai terzi pignorati di non disporre, senza ordine del giudice, delle somme o delle cose dai medesimi dovute ai debitori, non proveniva dal creditore procedente, bensì dall’ufficiale giudiziario, organo al quale compete invece la sola ingiunzione prevista dall’art. 492 cod. proc. civ..

2.- Il Tribunale di Lametia Terme ha accolto l’opposizione ed ha dichiarato la nullità dell’atto di pignoramento posto a fondamento della procedura esecutiva intrapresa dal P., condannando quest’ultimo al pagamento delle spese di lite in favore degli opponenti.

3.- Avverso la sentenza del Tribunale propone ricorso per cassazione P.G.A., a mezzo di un unico motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..Resistono con controricorso gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente va rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dai resistenti con riferimento al fatto che l’odierno ricorrente non avrebbe depositato la copia della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, dal momento che tale deposito risulta effettuato tempestivamente e la relazione di notificazione reca la data del 9 aprile 2009, quale data di ricezione da parte del procuratore del u. odierno ricorrente.

2.- Va invece accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, per le ragioni di cui appresso.

Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 543 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per avere il Tribunale ritenuto che tale norma sancisca con estrema chiarezza la provenienza dell’intimazione al terzo pignorato, di cui al comma 2 n. 2, da parte del creditore procedente, in quanto, secondo il ricorrente, la norma si limiterebbe ad indicare gli elementi essenziali dell’atto senza specificare i soggetti, in particolare senza specificare che l’intimazione al terzo pignorato di non disporre delle cose o delle somme dovute, senza ordine del giudice, debba provenire dallo stesso creditore. A sostegno del proprio assunto il ricorrente richiama il precedente di questa Corte del 21 giugno 1995, n. 7019, nel quale, nell’affermare che l’intimazione deve essere rivolta al terzo “con la medesima forma” dell’ingiunzione, avrebbe lasciato intendere che entrambi gli atti dovrebbero provenire dall’ufficiale giudiziario, essendo incontestato che spetti a quest’ultimo l’ingiunzione ex art. 492 cod. proc. civ.; critica, pertanto, la sentenza impugnata che di tale precedente della Corte di Cassazione ha dato una lettura diversa da quella sostenuta dallo stesso ricorrente. Quest’ultimo aggiunge che l’atto di pignoramento presso terzi è atto unico, regolato unitariamente nella sua struttura dall’art. 543 cod. proc. civ., comma 2, n. 2, come comprensivo anche della parte sottoscritta dall’ufficiale giudiziario e che soltanto la mancanza degli elementi ivi previsti ne può provocare la nullità, o addirittura l’inesistenza, “fatto questo per nulla riscontrabile nell’atto di pignoramento presso terzi notificato dal P.G.A., oggetto del presente giudizio”.

Critica, infine, la sentenza impugnata laddove motiva nel senso che il terzo pignorato non possa essere destinatario di un atto proveniente dall’ufficiale giudiziario, ma, in quanto non assoggettato all’esecuzione forzata, potrebbe ricevere soltanto l’atto di intimazione da parte del creditore procedente; secondo il ricorrente, la notifica dell’atto di pignoramento comporterebbe la “realizzazione coattiva” di una posizione giuridica anche nei riguardi del terzo debitore, considerato anche il disposto dell’art. 546 cod. proc. civ., nonchè quello dell’art. 388 cod. pen., comma 5.

3.- Va premesso e ribadito che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione va inteso in senso rigoroso, e deve essere rispettato, oltre che per consentire al giudice di legittimità di verificare la sussistenza di un eventuale difetto o carenza di motivazione, anche per consentirgli di verificare la presenza del vizio di violazione di legge; in particolare, il ricorrente che censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deve indicare anche gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (così Cass. 28 luglio 2005, n. 15910; 19 aprile 2006, n. 9076; cfr.

anche ord. 23 luglio 2009, n. 17253).

La contestazione della declaratoria di nullità di un atto processuale per difetto di suoi elementi essenziali richiesti dalla norma di legge, della quale, con il ricorso per cassazione, si assume la violazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, postula la specificazione da parte del ricorrente – se necessario, attraverso la trascrizione nel ricorso dell’intero atto o di quella parte di esso che il ricorrente assume conforme al disposto normativo e che invece la sentenza impugnata ha ritenuto viziata- della struttura e del contenuto che l’atto ha assunto nel caso concreto e che egli sostiene non essere affetta dal vizio, riscontrato invece nel grado di merito, perchè solo tale specificazione consente al giudice di legittimità – cui è precluso, salva la denuncia di error in procedendo, l’esame diretto degli atti e dei fatti di causa – di avere cognizione diretta dell’oggetto sia della sentenza criticata che del ricorso contenente le critiche e, quindi, di considerare l’una e le altre, non in astratto, ma con riferimento all’atto preso concretamente in esame.

Applicando i principi di cui sopra al caso di specie, si ritiene che il ricorso sia inammissibile perchè non riproduce nè in premessa nè nel corpo dell’unico motivo, una volta per tutte o con riferimento all’una e/o all’altra delle diverse critiche mosse, come sopra, alla sentenza impugnata, il tenore dell’atto di pignoramento della cui nullità si tratta; peraltro, il ricorso non contiene nemmeno la sintesi dei punti essenziali, o ritenuti tali, dell’atto di pignoramento, limitandosi a porre in astratto la questione della provenienza soggettiva dell’intimazione ex art. 543 cod. proc. civ., comma 2, n. 2. Poichè non è riportata nè riassunta in ricorso la parte dell’atto contenente, in concreto, siffatta intimazione nè è chiarito in quale punto di esso si trovasse ed unitamente a quali altri elementi e dove, rispettivamente, fossero collocate le sottoscrizioni del creditore procedente e dell’ufficiale giudiziario, resta precluso a questa Corte di cogliere, dal solo tenore del ricorso, le ragioni per le quali l’atto di pignoramento viene, in concreto, dal ricorrente ritenuto contenere tutti gli elementi imposti indefettibilmente dalla legge; ritenuto, quindi, conforme al disposto normativo, che si assume essere stato, invece, violato con la declaratoria di nullità dell’atto medesimo.

3.1.- Si deve aggiungere che, contrariamente a quanto sostenuto con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., non può reputarsi idoneo allo scopo il ricorso perchè fa rinvio all’atto di pignoramento “allegato in copia”.

Intanto, il ricorso non contiene l’indicazione della sede processuale in cui reperire detta copia, come pure avrebbe dovuto (cfr. Cass. ord. 23 marzo 2010 n. 69379), essendosi limitato a rinviare genericamente, alla fine del ricorso, all’indice del fascicolo, ed a specificare di quale allegato si trattasse soltanto con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., che non può certo avere efficacia “sanante”, avendo la funzione di chiarire ed illustrare i motivi, non di integrare quelli generici o lacunosi (cfr. Cass. n. 7237/06, nonchè Cass. n. 7260/05 ed altre).

In ogni caso, il mero rinvio all’allegato non è idoneo a colmare la lacuna del ricorso poichè, nel caso di specie, non solo è escluso l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto non è denunciato un error in procedendo, ma l’ammissibilità del motivo di censura presuppone che il ricorrente assolva all’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente il contenuto dell’atto processuale che è oggetto della violazione di legge denunciata, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.

Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di nullità, per difetto di un requisito essenziale di un atto del processo, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di merito e valido e non viziato, invece, l’atto sottoposto alla valutazione di validità di quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di cui si tratta, ma deve riportarne in ricorso il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa validità.

Il ricorso contiene effettivamente, come detto anche nella memoria depositata dal ricorrente ex art. 378 cod. proc. civ., interi passi di motivazione della sentenza oggetto di critica, ma per comprendere e delibare tale critica sarebbe stato necessario riportare o sintetizzare la struttura dell’atto di pignoramento ed il suo contenuto, specificando in particolare come fosse stato strutturato in concreto e quali elementi fossero contenuti nell’una e/o nell’altra delle parti di cui l’atto si componeva, così come a quali soggetti l’una e/o l’altra di tali parti fossero riferibili.

3.2.- Nemmeno rileva l’ulteriore argomento svolto dal ricorrente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., secondo cui “non sarebbe neppure necessario analizzare l’atto de quo”, poichè la sua struttura “è chiara ad entrambe le parti in causa, e non è contestata dalle medesime”. Ed, invero, il principio di autosufficienza del ricorso, normativamente espresso dall’art. 366 cod. proc. civ., è un’applicazione dei principi sulle nullità degli atti processuali e segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorchè la legge non lo preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del suo scopo (art. 156 cod. proc. civ., comma 2). Come rilevato da numerosi precedenti di questa Corte, da intendersi qui richiamati, detti principi, applicati ad un atto di esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati come il ricorso per cassazione e posti in relazione con la particolare struttura del giudizio di cassazione, nel quale la trattazione si esaurisce nella udienza di discussione e non è prevista alcuna attività di allegazione ulteriore, comportano che il motivo di ricorso per cassazione debba necessariamente essere specifico, cioè articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo. Pertanto, a nulla rileva che le parti siano a conoscenza degli atti processuali, se di questi non sia data specifica contezza in ricorso, in relazione ai motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza che quegli atti abbia ad oggetto.

4.- Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore dei resistenti, nella somma complessiva di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2011

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