Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17501 del 18/06/2021

Cassazione civile sez. lav., 18/06/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 18/06/2021), n.17501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1731/2020 proposto da:

B.D., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato NUNZIA LUCIA MESSINA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE CATANIA in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2291/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 22/10/2019 R.G.N. 1520/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte di Appello di Catania, con sentenza pubblicata il 22 ottobre 2019, ha respinto l’impugnazione proposta da B.D., di nazionalità gambiana, avverso l’ordinanza del locale Tribunale con cui era stato respinto il ricorso contro il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte, premesso che “materia esclusiva dell’impugnazione” era costituita dal preteso riconoscimento della protezione umanitaria pure negata dal primo giudice, ha innanzitutto rilevato che l’istante neanche aveva allegato che il suo rientro in Gambia potesse far venire meno le condizioni minime per una esistenza dignitosa, non essendo neanche sufficiente il contesto di generale povertà del Paese di provenienza; ha poi ritenuto che neanche la breve permanenza in Libia quale paese di transito potesse giustificare la richiesta di protezione per motivi umanitari;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 4 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che, è stato oggetto di discussione tra le parti e nullità della sentenza, criticando la sentenza per aver ritenuto che l’appello avesse ad oggetto esclusivamente il diniego della Protezione, umanitaria, senza “valutare, leggere e comparare tutti gli atti processuali ed i motivi di gravame eccepiti in sede di appello”;

la censura è inammissibile perchè il vizio di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 8053 e 8054 del 2014) dei cui enunciati parte ricorrente non tiene alcun conto, può riguardare i fatti storici che hanno dato origine alla controversia e non fatti processuali, quale l’interpretazione dei motivi di impugnazione e dei limiti del devoluto, di competenza del giudice del merito;

2. il secondo mezzo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4; nullità della sentenza per motivazione apparente avuto riguardo al diniego del permesso per ragioni umanitarie; secondo il ricorrente la Corte territoriale non avrebbe “valutato la fattispecie sulla base di quanto eccepito dall’appellante in seno all’appello, sulla base di tutto quanto allegato (vedi verbale di audizione, provvedimento di rigetto, e tutta la documentazione prodotta in atti)”;

la censura non è ammissibile perchè le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa, ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014), il che non ricorre nella specie in quanto è certamente percepibile il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale e la parte ricorrente neanche deduce in cosa consisterebbe l’apparenza della motivazione, senza neanche riportare il contenuto dei documenti posti a fondamento del motivo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6″;

3. il terzo motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria”;

il quarto motivo denuncia: “Violazione dei precetti costituzionali ed internazionali a tutela della sfera umana e personale e del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto”;

4. i motivi, per come formulati, sono entrambi inammissibili;

essi infatti sono privi di adeguata specificità, in quanto la formulazione dalle censure risulta del tutto astratta, risolvendosi in una mera elencazione di norme senza l’osservanza del fondamentale principio secondo cui i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati, a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non articoli specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del giudizio di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di identificare la critica mossa ad una parte ben specificata della decisione espressa (v., da ultimo, Cass. n. 2959 del 2020; conf. Cass. n. 1479 del 2018); pertanto, se nel ricorso per cassazione si sostiene l’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo, si deve chiarire a pena di inammissibilità l’errore di diritto imputato al riguardo alla sentenza impugnata, in relazione alla concreta controversia (Cass. SS.UU. 21672 del 209); in caso contrario, la censura – pur formalmente formulata come vizio di violazione di norme legge – nella sostanza si traduce in una inammissibile denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, effettuata nell’esercizio, di un sindacato non censurabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione, peraltro nei ristretti limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, neanche invocato da parte ricorrente con i motivi in scrutinio;

5. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese in difetto di attività difensiva del Ministero intimato;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2021

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