Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17500 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 26/07/2010), n.17500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20725-2009 proposto da:

IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO

BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA in persona del procuratore speciale e

commissario, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15,

presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che la rappresenta e

difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1157/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

12.11.08, depositata il 14/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/06/2010 dal Consigliere Relatore .Dott. GIUNCARLO D’AGOSTINO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Torino, con sentenza depositata il 14 nov.

2008, ha respinto l’appello di Ipost ed ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda di M.E., in servizio presso Poste Italiane s.p.a. fino al 31.12.2001, intesa ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di buonuscita (per il servizio prestato fino al 28.2.1998) sulla base dell’ultima retribuzione percepita al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Avverso detta sentenza Ipost – Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Lavoratori Poste Italiane s.p.a. – ha proposto ricorso con un motivo con il quale ha denunciato violazione della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6 e del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3 per avere la Corte erroneamente ritenuto che l’indennità di buonuscita debba essere liquidata sulla base dell’ultimo stipendio percepito dal lavoratore alla cessazione del servizio e non quello goduto al 28.2.1998, data di trasformazione dell’Ente in società per azioni.

L’intimato non si è costituito. Il ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso è manifestamente fondato.

La L. 27 dicembre 1997, n. 449 all’art. 53, comma 6 ha stabilito che “a decorrere dalla data di trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 27 al personale dipendente della società medesima spettano:

a) il trattamento di fine rapporto (TFR) di cui all’art. 2120 c.c. e, per il periodo lavorativo antecedente, l’indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all’alinea del precedente comma …”. Secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte, tale norma va interpretata nel senso che i dipendenti della s.p.a. Poste Italiane, collocati a riposo dopo la costituzione di quest’ultima, hanno diritto, per il servizio prestato fino al 28 febbraio 1998, all’indennità di buonuscita, il cui ammontare va calcolato sulla base della retribuzione corrisposta a tale data, dovendosi ritenere che la trasformazione dell’Ente Poste Italiane in società per azioni e il conseguente assoggettamento del rapporto al diverso regime giuridico, nel quale un ruolo significativo è assegnato alla contrattazione collettiva, abbia cristallizzato la determinazione dell’ammontare dell’indennità in questione, senza che assumano rilievo i successivi incrementi collegati alla dinamica salariale; nè, ai fini del ragguaglio dell’indennità medesima, possono includersi emolumenti diversi da quelli tassativamente previsti dal D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 o da leggi speciali, restando esclusa la possibilità di interpretare le locuzioni “stipendio”, “paga” o “retribuzione” nel senso generico di retribuzione onnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa, come la quattordicesima mensilità e il cd. superminimo, introdotta dalla contrattazione collettiva in favore dei dirigenti (vedi Cass. n. 14/2007, n. 28281/2008, n. 17987/2009, n. 19039/2009 e numerose altre conformi).

A questa giurisprudenza il Collegio intende dare continuità condividendone le motivazioni. Di conseguenza la sentenza impugnata, che a tali giurisprudenza non si è uniformata, deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda introduttiva proposta da lavoratore, con conseguente condanna di M. E. al pagamento, in favore di IPOST, delle spese dell’intero processo, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda. Condanna M.E. al pagamento delle spese dei giudizi di merito e di legittimità, liquidate per il primo grado in complessive Euro 650,00, di cui Euro 208,00 per diritti ed Euro 420,00 per onorari; per il secondo grado in complessivi Euro 873,00, di cui Euro 208,00 per diritti ed Euro 635,00 per onorari; per il giudizio di legittimità in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 405,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA per ciascuno dei tre giudizi.

Così deciso in Roma, il 8 giungo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

 

 

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