Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17500 del 01/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/09/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 01/09/2016), n.17500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7143/2014 proposto da:

M. DI R.L.M. E C. SAS IN LIQUIDAZIONE, in persona

del liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA

CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO SZEMERE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISTINA GUERRA,

giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

CIRCOLO ARCI MARTIGNANA, R.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 941/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

01/10/2012, depositata il 19/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Circolo Arci Martignana e R.G. avevano stipulato l’1 giugno 1990, con la società M. sas. un contratto di vendita a consegne ripartite con cui si erano impegnati a ritirare presso il proprio domicilio la quantità mensile di Kg. 50 di caffè, da esaurirsi entro il 30 novembre 1995 per il prezzo di Lire 22.000 al Kilogrammo. Era stato previsto un anticipo di Lire 6.600.000 e che il prezzo avrebbe potuto variare del 10%.

Dopo sette mesi la società M. aveva elevato il prezzo a Lire 26.000 al Kilogrammo e spostato il termine al 30 novembre 1998. Secondo la società M. alla scadenza del contratto appena indicato il Circolo Arci Martignana non aveva ancora provveduto a ritirare KG. 1483 di caffè e non aveva provveduto a pagare la merce.

Il 20 giugno 1996 (o l’1 giugno 1996) con un secondo contratto veniva stabilito l’obbligo per il Circolo Arci Martignana di acquisto di Kg. 1.080 di caffè dalla venditrice mediante ritiri mensili per il prezzo pari al listino ufficiale della M. sas depositato alla CCIAA di Venezia. Secondo la società M. alla scadenza del secondo contratto e cioè il 31 dicembre 2001, il Circolo Arci Martignana e il sig. R.G. erano debitore della somma di Euro 28.253,44.

Ciò posto, la società M., persistendo l’inadempimento il 25 gennaio 2005, chiedeva e otteneva dal Tribunale decreto ingiuntivo per la complessiva somma di Euro 28.253,44, oltre interesse e spese di lite.

Il decreto ingiuntivo notificato veniva opposto dal Circolo Arci Martignana e dal sig. R.G. e specificando che constatato che, nel 2003, il caffè aveva una qualità inferiore a quelle sempre fornita, il Circolo, aveva dovuto approvvigionarsi altrove e constato, ancora, che, nel gennaio 2004, il caffè continuava ad essere di scarsa qualità, avevano ritenuto opportuno chiudere il rapporto con la società M.. Eccepivano che il diritto per cui la società M. agiva si era estinto per prescrizione. In via riconvenzionale, chiedevano la risoluzione del contratto per inadempimento della società M. e la condanna della stessa al rimborso di quanto pagato in più e al risarcimento del danno.

Si costituiva la M. e contestava le affermazioni attoree.

Il Tribunale di Venezia con sentenza n. 2495 del 2006 rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo.

La Corte di appello di Venezia, su impugnazione proposta dal Circolo Arci Martignana e dal sig. R.G., con sentenza n. 941 del 2003 accoglieva l’appello, revocava il decreto opposto, condannava il Circolo Arci Martignana al pagamento della somma di Euro 1.975,4, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, condannava la società M. alla restituzione di quanto ottenuto con la sentenza di primo grado, respingeva la domanda riconvenzionale avanzata dal Circolo Arci Martignana, condannava il Circo Arci Martignana al pagamento di un terzo delle spese del secondo grado del giudizio e compensava il resto. Secondo la Corte di Venezia, il quantitativo di caffè non ritirato doveva definirsi nella misura di Kg. 85 e posto che gli interessi non erano dovuti ex art. 6 del contratto del 20 giugno 1996 perchè stabiliti per il solo caso di ritardo nel pagamento, mentre per il caso di omesso ritiro la previsione della clausola n. 5) del contratto prevedeva solo il pagamento del dovuto.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla società M. sas per un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso la società M. lamenta la violazione dell’art. 111 Cost., omessa motivazione ed omesso esame in relazione ad un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe apoditticamente, senza alcuna spiegazione e/o motivazione determinato in Kg. 85 il quantitativo di caffè non ritirato. Nè sarebbe una motivazione la frase “alla luce della documentazione tempestivamente depositata esclusa ogni nuova produzione” perchè mancante dell’indicazione di uno o più documenti considerati.

1.1.- La censura non ha pregio, trattandosi di argomentazione che è conseguenza palese di un’inesatta lettura della sentenza impugnata e non merita, pertanto, accoglimento.

E’ appena il caso di premettere che sussiste il vizio di mancanza di motivazione su punto decisivo, implicante l’annullamento della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., quando, per l’assoluta genericità e l’assoluta indeterminatezza delle fonti di convincimento, la motivazione si risolve in una affermazione apodittica, che non consente ne la ricostruzione del procedimento logico, ne l’individuazione delle ragioni che condussero alla adottata soluzione del punto controverso, e correlativamente non consente la possibilità di controllo della logicità e congruità della ratio decidendi, restando in tal modo frustate le finalità perseguite dalla legge con l’imposizione dell’obbligo della motivazione.

Epperò, nel caso concreto, una lettura estesa della sentenza evidenza che la Corte distrettuale nel rinviare alla documentazione in atti mostra con chiarezza di accogliere la tesi del Circolo Arci Martignana, per altro richiamata, chiarita e completata, anche dalla ricorrente, società M. (pag. 6 del ricorso), secondo la quale sulla base delle scritture 1 giugno 1990 e 22 aprile 1992 il quantitativo residuo non ritirato era di 85 Kg. Appare del tutto evidente, perciò, che la documentazione cui ha inteso riferirsi la Corte distrettuale non poteva che consistere, nei contratti, di cui si dice, nonchè nelle fatture depositate dal Circolo Arci Martignana. Pertanto, nonostante la motivazione, si palesa estremamente sintetica e per relazione non può dirsi nè apparente, nè insufficiente ad indicare il percorso logico effettuato dalla Corte distrettuale.

Piuttosto, la ricorrente avrebbe dovuto, ma non lo ha fatto, chiarire che la documentazione in atti e, soprattutto, la documentazione posta dal Circolo Arci Martignana a fondamento della propria tesi difensiva smentiva con sicura certezza il risultato affermato dalla Corte distrettuale.

Il ricorso, in definitiva, va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese, perchè il Circolo Arci Martignana, intimato in questa fase non ha svolto attività giudiziale. Il Collegio, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2016

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