Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1750 del 24/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/01/2017, (ud. 17/11/2016, dep.24/01/2017),  n. 1750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14752-2015 proposto da:

G.A. C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 109, presso lo studio dell’avvocato

STEFANO MELONI, rappresentata e difesa dagli avvocati FABRIZIO

VINCENZI, PIERLUIGI PESCE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA PUBBLICA DI SERVIZI ALLA PERSONA OSPEDALE S. ANTONIO C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TIBULLO 10, presso lo

studio dell’avvocato GUIDO FIORENTINO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SERGIO ACQUILINO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 477/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 29/11/2014 R.G.N. 480/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato FIORENTINO GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. G.A. aveva convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Savona, la Azienda Pubblica di Servizi alla persona Ospedale S. Antonio, perchè fosse accertata: la illegittimità dei provvedimenti disciplinari di sospensione di 10 e di 20 giorni dal servizio e dalla retribuzione comminati durante il periodo di prova; l’illegittimità del licenziamento per mancato superamento della prova; la natura persecutoria delle condotte realizzate in suo danno; il diritto a percepire le differenze sulle retribuzioni e sul TFR.

2. Il Tribunale accolse la sola domanda relativa alle differenze della retribuzione e del TFR e rigettò tutte le altre domande.

3. Adita dalla lavoratrice, in via principale, e dalla Azienda, in via incidentale, la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha respinto tutte le domande proposte dalla lavoratrice.

4. La Corte territoriale ha ritenuto che le condotte realizzate dalla lavoratrice (abbandono del posto di lavoro dopo avere effettuato la timbratura del cartellino, pur essendo l’unica infermiera in servizio durante il turno di lavoro, con conseguente grave disservizio dell’assistenza ai ricoverati e alle terapie da somministrare, assenza dal lavoro per tre giorni consecutivi, giustificata con il rifiuto dell’Azienda di affiancarle una infermiera), giustificavano l’applicazione delle irrogate sanzioni disciplinari e, ad un tempo, attestavano l’inidoneità della lavoratrice a svolgere le mansioni assegnate con conseguente inutilità della prosecuzione della prova.

5. Ha ritenuto che il rifiuto di svolgere la prestazione lavorativa non era giustificato perchè non era emerso che l’organizzazione della struttura Ospedaliera nuocesse alla salute della lavoratrice e dei pazienti ricoverati, tanto sul rilievo che i Carabinieri, il cui intervento era stato sollecitato dalla lavoratrice, non avevano rilevato alcun anomalo funzionamento della struttura sanitaria.

6. La domanda volta all’accertamento di condotte mobbizzanti è stata ritenuta infondata perchè le sanzioni disciplinari ed il licenziamento per mancato superamento della prova erano risultati legittimi.

7. La domanda volta al pagamento delle differenze retributive maturate dalla data del licenziamento al termine del periodo di malattia, iniziato nel corso della seconda sospensione disciplinare dal servizio, era infondata in ragione della inapplicabilità della disciplina limitativa dei licenziamento al rapporto di lavoro in prova e perchè il periodo di prova non avrebbe potuto essere prolungato, all’esito del termine della malattia, a causa dell’esito negativo della prova.

8. Avverso detta sentenza G.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, al quale l’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Ospedale ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.

9. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 Settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

10. Con il primo ed il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (primo motivo) e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, degli artt. 2106 e 2014 c.c. in relazione all’art. 1460 c.c. (secondo motivo).

11. Lamenta che la Corte territoriale avrebbe valutato in maniera illogica, inadeguata e contraddittoria il materiale probatorio relativo ai fatti contestati in sede disciplinare e posti a base del licenziamento e utilizzato in maniera distorta i fatti accertati dal giudice di primo grado (primo motivo); avrebbe motivato in maniera insufficiente, inesatta e contraddittoria in ordine all’elemento intenzionale e al contesto nel quale la condotta stessa è stata compiuta e avrebbe errato nel ritenere non scriminata dalla condotta della datrice di lavoro il comportamento di essa ricorrente (secondo motivo).

12. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficienza logica e giuridica della motivazione, dolendosi del fatto che la Corte territoriale si sarebbe sostituita al datore di lavoro in relazione alle sanzioni comminate e non avrebbe spiegato le ragioni per le quali il datore di lavoro non aveva risolto immediatamente dal rapporto di lavoro in prova.

13. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. assumendo che la Corte territoriale avrebbe violato i principi sull’onere della prova addossando ad essa lavoratrice la prova della condotta mobbizzante e per avere escluso quest’ultima sulla scorta di una motivazione acritica e lacunosa.

14. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia errata interpretazione della L. n. 604 del 1966, art. 10 sostenendo che la Corte territoriale avrebbe pronunziato su un punto estraneo al thema decidendum e asserisce che l’appellante incidentale non aveva eccepito l’inapplicabilità delle norme in materia di licenziamento nel periodo di prova.

15. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa statuizione sul quarto motivo di appello.

16. Il primo, il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente sono inammissibili perchè le censure in essi formulate sono estranee al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 29.11.2014) nella lettura datane dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053 del 2014.

17. Sono, inoltre, inammissibili (primo e secondo motivo) nella parte in cui, sotto l’apparente denuncia di violazione di norme di legge, mirano al riesame del merito della vicenda, non consentito nel giudizio di legittimità.

18. Il quarto motivo è inammissibile perchè è estraneo alla ratio decidendi della sentenza impugnata la quale, lungi dall’avere invertito gli oneri probatori a carico delle parti, ha tratto dalla sussistenza delle infrazioni disciplinari e dalla accertata legittimità del licenziamento la insussistenza di mobbling. E’ inammissibile, inoltre, perchè la censura di lacunosità è estranea al perimetro del vizio di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. punto 16 di questa sentenza).

19. Il quinto motivo è inammissibile perchè la ricorrente non ha riprodotto nel ricorso il contenuto dell’appello incidentale, almeno nei suoi passi rilevanti e salienti e nemmeno ne ha indicato la precisa sede di allocazione processuale (Cass. 5538/2016, 17049/2015, 14561/2012).

20. Il sesto motivo è inammissibile perchè, a fronte della statuizione che, in accoglimento integrale dell’appello incidentale dell’Azienda, ha escluso il diritto a percepire le differenze retributive pretese dalla lavoratrice, nel ricorso non è esplicitato il senso della censura di violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla quale, non essendo stato riprodotto il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e delle difese svolte in relazione all’appello incidentale, non è possibile l’esame della censura di omessa pronuncia.

21. Le spese seguono la soccombenza.

22. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, per compensi professionali oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2017

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