Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17498 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 26/07/2010), n.17498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20593-2009 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.;

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1448/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 10.7.08, depositata il 22/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso de 25.10.2002 A.M. chiedeva al Tribunale di Crotone di condannare l’Inps alla corresponsione dell’assegno mensile di invalidità L. n. 118 del 1971, ex art. 13. L’Inps si costituiva e resisteva. Il Tribunale, disposta una CTU, con sentenza del 24.3.2004 rigettava la domanda poichè la ricorrente non aveva fornito la prova del requisito reddituale e dell’incollocazione al lavoro. Proponeva appello l’assistita e la Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 22.09.2008, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il diritto della A. all’assegno mensile di assistenza a decorrere dal 1 gennaio 2003 e condannava l’Inps al pagamento della prestazione. La Corte territoriale rilevava che l’appellante aveva provato la sussistenza del requisito reddituale con la produzione del certificato dell’Agenzia delle Entrate di Crotone rilasciato il 9.7.2008, documentazione la cui produzione era ammissibile in appello in quanto esibita a integrazione della documentazione sullo stato di studentessa, nonchè sulla iscrizione nelle liste di disoccupazione e di iscrizione nell’elenco dei disabili, documenti questi ultimi già esibiti in primo grado e che provavano la mancanza di un reddito di lavoro.

Avverso detta sentenza l’Inps ha proposto ricorso per cassazione con un motivo con il quale, denunciando violazione degli artt. 414, 416, 420 e 437 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13 si duole che il giudice di appello abbia ritenuto provato il requisito reddituale sulla base di un documento prodotto tardivamente dall’interessata nel giudizio di appello, senza rilevare la decadenza in cui l’appellante era incorsa.

L’intimata non si è costituita.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 11353 del 2004, hanno stabilito che nel rito del lavoro, ai sensi del combinato disposto degli artt. 421 e 437 c.p.c., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatasi decadenza o preclusione, e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere-dovere, sicchè il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova, avendo l’obbligo – in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c. ed al disposto dell’art. 111 Cost., comma 1 sul “giusto processo regolato dalla legge” – di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteri istruttori ovvero, nonostante la specificai richiesta di una delle parti, ritenga di non farvi ricorso, sempre nel rispetto del principio dispositivo. In sostanza le Sezioni Unite hanno statuito che il giudice del lavoro possa sempre esercitare i poteri istruttori d’ufficio, anche in presenza di decadenze e preclusioni già verificatesi, con il solo obbligo di dare adeguata motivazione dell’esercizio di tale potere.

Nella specie la Corte territoriale ha dato adeguata giustificazione della ammissibilità in appello della documentazione tardivamente prodotta dall’interessata, in quanto meramente integrativa di altra documentazione già in atti attestante la mancanza di redditi da parte dell’assistita.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto. Nulla per le spese del giudizio di cassazione, poichè l’intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

 

 

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