Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17498 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 05/06/2020, dep. 21/08/2020), n.17498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5979-2019 proposto da:

Z.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CARMEN GERARDA VETRONE;

– ricorrente –

contro

Z.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCA PAGLIA;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

19/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello di Napoli, con decreto depositato il 1912-2018, ha rigettato il reclamo proposto da Z.S. avverso il decreto emesso dal Tribunale di Benevento il 12-72018 con il quale veniva respinto il ricorso principale proposto da Z.S. nei confronti del padre Z.G. e diretto ad ottenere l’aumento dell’assegno di mantenimento in suo favore e, in accoglimento del reclamo incidentale proposto da Z.G., veniva dichiarato che non era più dovuta da quest’ultimo alcuna somma a titolo di mantenimento della figlia a decorrere dal gennaio 2019.

Avverso il succitato decreto, Z.S. propone ricorso straordinario per cassazione, con un solo motivo, al quale Z.G. resiste con controricorso.

2. Con unico motivo, la ricorrente deduce di aver ben spiegato che il padre non le aveva mai corrisposto nulla a titolo di mantenimento, così impedendole di fatto anche la possibilità di migliorarsi dal punto di vista professionale, non avendo la stessa potuto concludere gli studi. Rileva che nel decreto impugnato era erroneamente riportato che il ricorso era stato proposto da un genitore nei confronti dell’altro, mentre il giudizio era stato promosso, nella specie, dalla figlia nei confronti del padre. Deposita certificato relativo alla sua iscrizione all’ufficio provinciale del lavoro, adducendo di essersi attivata per reperire un lavoro, produce tessera della Caritas diocesana, da cui è dato desumere che riceve da detta associazione aiuti alimentari, ed allega che la mancanza di mezzi economici le ha impedito ogni evoluzione dal punto di vista lavorativo. Si duole della mancata indagine patrimoniale, mediante la polizia tributaria, sulla situazione reddituale del padre e lamenta che la Corte territoriale non abbia preso in considerazione la sua richiesta di modifica della misura della contribuzione alle spese extra.

3. Il motivo è inammissibile.

3.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (tra le tante da ultimo Cass. n. 11603/2018; Cass. n. 26790/2018).

3.2.Nel caso di specie, la ricorrente articola in un solo motivo più profili di doglianza, senza indicare quale vizio sia denunciato e senza che sia possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, mentre le censure, anche se cumulate, devono essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse.

All’interno dell’unico motivo formulato in ricorso, non è dato, infatti, riscontrare dati sufficientemente univoci per risalire a una delle categorie di vizi previste dall’art. 360 c.p.c.. In particolare la ricorrente riferisce, in modo non del tutto lineare, una serie di circostanze che assume di avere spiegato bene nelle precedenti fasi di giudizio, deposita, in violazione dell’art. 372 c.p.c., nuova documentazione inerente il merito (in particolare la ricerca di occupazione e l’aiuto economico della Caritas), nonchè si duole del tutto genericamente della motivazione, a suo dire illegittima, del decreto impugnato, con il quale la Corte territoriale, nell’escludere ogni contribuzione, ha implicitamente rigettato anche la domanda di modifica della contribuzione alle spese extra.

4. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 900, di cui Euro 100 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

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