Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17496 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 26/07/2010), n.17496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20374-2009 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 278/2009 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

22.5.09, depositata il 11/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 3.8.2006 S.A. chiedeva al giudice del lavoro di Pesaro di condannare l’Inps alla corresponsione dell’assegno ordinario di invalidità. L’Inps si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda rilevando, in particolare, che “è onere del ricorrente dimostrare di essere in possesso del requisito contributivo”. Il Tribunale respingeva il ricorso ritenendo che l’assicurato non avesse dimostrato il possesso del requisito contributivo. Proponeva appello l’assicurato, e la Corte di Appello di Ancona, con sentenza depositata il 1 giugno 2009, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava il diritto del S. a percepire l’assegno ordinario di invalidità a decorrere dalla domanda amministrativa, ritenendo di poter prendere in esame ai sensi dell’art. 421 c.p.c. l’estratto contributivo prodotto dall’interessato in appello dal quale emergeva l’esistenza del requisito contributivo.

Avverso detta sentenza l’Inps ha proposto ricorso con un motivo con il quale, denunciando violazione degli artt. 414, 416, 420 e 437 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 222 del 1984, artt. 1 e 4 lamenta che erroneamente il giudice di appello ha preso in esame l’estratto contributivo prodotto dall’interessato in grado di appello non ravvisando la decadenza in cui la parte era incorsa.

L’intimato non si è costituito.

Il ricorso è infondato.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 11353 del 2004, hanno stabilito che nel rito del lavoro, ai sensi del combinato disposto degli artt. 421 e 437 c.p.c., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatasi decadenza o preclusione, e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere-dovere, sicchè il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova, avendo l’obbligo – in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 c.p.c. ed al disposto dell’art. 111 Cost., comma 1, sul “giusto processo regolato dalla legge” – di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteri istruttori ovvero, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritenga di non farvi ricorso, sempre nel rispetto del principio dispositivo. In sostanza le Sezioni Unite hanno statuito che il giudice del lavoro possa sempre esercitare i poteri istruttori d’ufficio, anche in presenza di decadenze e preclusioni già verificatesi, con il solo obbligo di dare adeguata motivazione dell’esercizio di tale potere.

A questi principi, pienamente condivisi dal Collegio, si è attenuto il giudice di appello nel ritenere legittimamente acquisito in giudizio l’estratto contributivo, ancorchè prodotto solo in secondo grado, dando ragione della sua decisione con la necessità di sopperire alle carenze istruttorie del giudice di primo grado, che avrebbe dovuto ordinare all’istituto previdenziale, in possesso dei dati, la produzione dell’estratto contributivo dell’interessato.

Per le considerazioni sopra esposte il ricorso, dunque, deve essere respinto. Nulla per le spese del giudizio di cassazione, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

 

 

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