Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17496 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 21/08/2020), n.17496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14149/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.R., rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al controricorso, dall’avv. Paola TOMARELLI, presso il cui

studio legale sito in Roma, alla via Fasana, n. 21, è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3299/02/2018 della Commissione tributaria

regionale della CALABRIA, depositata il 25/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/03/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– a seguito di decadenza dal beneficio della rateizzazione delle somme dovute da M.R. con riferimento ad un avviso di accertamento definitivo, emesso dall’Agenzia delle entrate per tributi dovuti dalla predetta contribuente con riferimento all’anno d’imposta 2006, venivano iscritti a ruolo gli importi delle rate non pagate, successive alla prima, e quindi veniva notificata alla M. una cartella di pagamento impugnata dinanzi alla CTP di Cosenza che l’annullava ritenendo che l’Ufficio, prima di iscrivere a ruolo le somme dovute dalla contribuente, avrebbe dovuto notificarle “un nuovo atto (…) con adeguata motivazione, specificando le residue rate non pagate e le relative sanzioni applicate”;

– l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate veniva rigettato dalla CTR della Calabria che sosteneva che l’amministrazione finanziaria non aveva fornito la prova di aver effettuato lo scorporo della prima rata versata dalla contribuente e non aveva comunicato alla contribuente la somma da versare, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento e prima dell’emissione della cartella di pagamento, come previsto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 29, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010;

– avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi, cui la contribuente replica con controricorso e memoria, restando invece intimata l’agente della riscossione;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Va preliminarmente rigettata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, atteso che il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a porre questa Corte in grado di avere piena cognizione della controversia.

2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, artt. 15 e 8 (vigente ratione temporis) e del D.L. n. 78 del 2010, art. 29, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010 e successivamente modificato dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2011, per avere la CTR erroneamente applicato al caso di specie, di avviso di accertamento emesso nell’anno 2012 per imposte dovute con riferimento all’anno 2006, le disposizioni censurate.

3. Il motivo è manifestamente fondato e va accolto.

4. Il D.L. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, vigente ratione temporis, e quindi a seguito della modifica apportata dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2011, art. 29, comma 1, lett. a), b) e lett. e), prima parte, che qui rileva, ma anteriormente alle ulteriori modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 159 del 2015, art. 5, così recitava:

“1. Le attività di riscossione relative agli atti indicati nella seguente lettera a) emessi a partire dal 1 ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, sono potenziate mediante le seguenti disposizioni:

a) l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed il connesso provvedimento di irrogazione delle sanzioni, devono contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di presentazione del ricorso, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati, ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15. L’intimazione ad adempiere al pagamento è altresì contenuta nei successivi atti da notificare al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 8, comma 3-bis, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 19. In tali ultimi casi il versamento delle somme dovute deve avvenire entro sessanta giorni dal ricevimento della raccomandata; la sanzione amministrativa prevista dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, non si applica nei casi di omesso, carente o tardivo versamento delle somme dovute, nei termini di cui ai periodi precedenti, sulla base degli atti ivi indicati (…);

e) l’agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo di cui alla lettera a) e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo (…)”.

5. Orbene, la disposizione in esame, come reso evidente anche dalla sua rubrica (“Concentrazione della riscossione nell’accertamento”), all’enunciato fine di potenziare le attività di riscossione, ha attribuito natura esecutiva agli atti impositivi emessi dall’amministrazione finanziaria in materia di imposte sui redditi, IVA ed IRAP, che, pertanto, devono contenere l’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati “entro il termine di presentazione del ricorso, (…J ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dal D.Lgs. 29 settembre 1973, n. 602, art. 15”.

6. L’avviso di accertamento, prima solo impositivo, diventa, pertanto, titolo esecutivo decorsi sessanta giorni dalla notifica al contribuente, con conseguente esclusione della necessità dell’emissione di una successiva cartella di pagamento, dovendo l’agente della riscossione procedere ad espropriazione forzata sulla base dell’avviso di accertamento esecutivo o impoesattivo, “con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo” (art. 29, comma 1, lett. e)).

6. La citata disposizione prevede altresì che, nell’ipotesi “in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento” e, comunque, in qualunque altro atto successivo da notificare al contribuente, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, sia contenuta l’intimazione ad adempiere.

7. Alla stregua di quanto detto deve affermarsi il principio in base al quale, ai sensi D.L. n. 78 del 2010, art. 29, comma 1, lett. a), b) e lett. e), prima parte, del, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del 2010, come modificato dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2011, la duplice funzione – impositiva ed esecutiva – è riconosciuta soltanto agli avvisi di accertamento “emessi a partire dal 1 ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007” e, quindi, non a quelli, pure emessi “a partire dal 1 ottobre 2011” ma riferiti a periodi di imposta precedenti al 31/12/2007, che hanno funzione solo impositiva e per i quali continua ad applicarsi la precedente disciplina riscossiva, prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, ovvero mediante iscrizione a ruolo e successiva emissione e notifica della cartella di pagamento.

8. Da quanto detto consegue che quello emesso nei confronti della società contribuente con riferimento all’anno d’imposta 2006 1è avviso di accertamento soltanto impositivo, sicchè la riscossione delle imposte, una volta divenuto definitivo l’atto, doveva essere effettuata con le modalità appena sopra descritte. E a tanto ha provveduto l’Agenzia delle entrate, prima, mediante iscrizione a ruolo delle somme ancora dovute dalla predetta contribuente, e l’agente della riscossione, dopo, mediante notifica della cartella di pagamento.

9. E’, quindi, palesemente errata la tesi sostenuta dalla CTR, secondo cui nel caso di specie l’amministrazione finanziaria “avrebbe dovuto rideterminare la somma da versare e comunicarla alla contribuente”. Errata è anche l’affermazione secondo cui “l’atto impositivo successivo (nella fattispecie, cartella di pagamento) qualora ridetermini la somma da versare non è esentato da questo obbligo, da notificarsi “anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento””, posto che, nella fattispecie, la cartella di pagamento costituiva mero atto esecutivo di una pretesa impositiva ormai definitiva (contenuta nell’avviso di accertamento precedentemente notificato alla contribuente e non impugnato) e conteneva comunque l’intimazione di pagamento (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2).

10. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR pronunciato ultra petita, sulla questione – quella dello scorporo della prima rata versata dalla contribuente, che a detta dei giudici di appello l’amministrazione finanziaria non aveva provato di aver effettuato – che non era mai stata dedotta in giudizio dalla contribuente.

11. Il motivo è fondato anche alla stregua del rilievo che nella cartella di pagamento impugnata, riprodotta in parte qua nel ricorso (pag. 12), in ossequio al principio di autosufficienza, si dava espressamente atto che, con riferimento all’avvenuta rateizzazione delle imposte di cui all’avviso di accertamento definitivo, era stata versata la sola prima rata e l’iscrizione a ruolo aveva riguardato il solo “importo residuo non versato”, oltre alle sanzioni.

12. Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame delle eventuali questioni rimaste assorbite e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

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