Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17495 del 21/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/08/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 21/08/2020), n.17495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12641/2019 R.G. proposto da:

F.C., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce

al ricorso, dagli avv.ti Carmaldo STRADA, Gabrio STRADA ed Eleonora

ZICHEDDU, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via piazza

Bartolomeo Gastaldi, n. 1, presso lo studio legale del predetto

ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4440/15/2018 della Commissione tributaria

regionale della LOMBARDIA, depositata il 22/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/03/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di un diniego di rimborso del credito IVA che F.C., quale titolare della ditta individuale 2002 Dierre di Catia F., cessata il 31/12/2005, aveva maturato nel predetto anno d’imposta ed indicato nel quadro RX della dichiarazione Mod. Unico 2001, con la sentenza impugnata la CTR accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che la contribuente aveva compilato il quadro RX4 ed indicato il credito nella colonna IV, ovvero tra quelli da portare in compensazione, sicchè l’istanza di rimborso doveva ritenersi tardiva perchè avanzata in data 25/08/2015, oltre il termine biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21;

– avverso tale statuizione ricorre per cassazione la contribuente sulla base di un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va preliminarmente rigettata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per omessa sottoscrizione della procura speciale, che risulta, invece, regolarmente apposta in calce alla stessa;

– con il motivo di ricorso la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, e dell’art. 2946 c.c., censurando la sentenza d’appello che aveva escluso il rimborso del credito d’imposta vantato con riferimento all’anno 2005 per avere erroneamente ritenuto tardiva l’istanza anche nell’ipotesi di cessazione dell’attività;

– il motivo è manifestamente fondato;

– invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte la domanda di rimborso del credito d’imposta maturato dal contribuente deve considerarsi già presentata con la compilazione del corrispondente quadro della dichiarazione annuale (“RX4”), la quale configura formale esercizio del diritto, con la precisazione che, ove si tratti – come nel caso di specie – di richiesta di rimborso relativa all’eccedenza d’imposta risultata alla cessazione dell’attività, la fattispecie è regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, e la richiesta è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale, non a quello biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, applicabile in via sussidiaria e residuale, solo in mancanza di disposizione specifiche; e ciò in quanto l’attività non prosegue, sicchè non sarebbe possibile portare l’eccedenza in detrazione, e tanto meno in compensazione, l’anno successivo (Cass. n. 9941 del 2015, n. 2005 del 2014; nn. 7684, 7685 e 14070 del 2012; nn. 13920 e 20039 del 2011; nn. 9794 e 25318 del 2010; n. 27948 del 2009), non essendo neppure necessaria la presentazione del modello VR che costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, solo un presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, un adempimento prodromico al procedimento di esecuzione del rimborso (ex plurimis, Cass. nn. 4592 e 4857 del 2015; nn. 10653, 20069 e 26867 del 2014; n. 14070 del 2012; n. 20039 del 2011); è peraltro evidente che non può disconoscersi il rimborso del credito IVA alla contribuente per avere quest’ultima avanzato richiesta di compensazione (e non di rimborso) in sede di dichiarazione annuale, in quanto, non essendo sorto un debito IVA della contribuente (che ha cessato l’attività), non può dirsi verificato l’effetto estintivo di cui all’art. 1242 c.c.;

– inoltre, si è correttamente osservato (cfr. Cass. n. 9941 del 2015), che la prospettata “soluzione ermeneutica è del resto coerente con il diritto Eurounitario, poichè, se è vero che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare l’osservanza degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, l’esatta riscossione dell’imposta e la prevenzione di frodi, tuttavia è pur vero che tali misure non possono eccedere gli obiettivi sopra indicati (v. Corte di giustizia, 11 dicembre 2014, in causa C-590/14, Idexx; 8 maggio 2008, in causa C- 95/07 e C-96/07, Ecotrade; 27 settembre 2007, in causa C- 146/05, Coilee), essendo il diritto al ristoro dell’Iva versata “a monte” basilare nel sistema comunitario, in forza del principio di neutralità (cfr. Corte di giustizia, 22 dicembre 2010, in causa C- 438/09, Dankowski, p.to 34, con riguardo al caso di cessazione d’attività; 18 dicembre 1997, in cause riunite C-286/94, C-340/95, C- 401/95, C-47/96, Molenheide e altri). Deve quindi ritenersi ormai definitivamente superato il diverso e più risalente orientamento secondo cui, in caso di cessazione dell’attività, solo una domanda di rimborso conforme al modello ministeriale corrisponderebbe allo schema tipico delineato dall’art. 30 decreto IVA, con la conseguenza che la domanda difforme resterebbe assoggettata alla decadenza biennale prevista, in via residuale, dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 (Cass. nn. 18920 e n. 18915 del 2011; n. 7669 del 2012)”;

– quanto al termine prescrizionale, questa Corte ha reiteratamente affermato che il credito Iva esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi è soggetto all’ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, in quanto l’istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto, ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso (ex multis, Cass. n. 4559 del 2017, nn. 9941 e 4857 del 2015, n. 20678 del 2014, nn. 7684, 14070, 15229 e 23580 del 2012, n. 13920 del 2011, n. 9794 del 2010);

– conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo incontroversa la spettanza del credito e la tempestività dell’istanza di rimborso (avanzata in data 30/10/2016 per un credito maturato nel 2005), va accolto l’originario ricorso della contribuente;

– le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della controricorrente, rimasta soccombente, nella misura liquidata in dispositivo, mentre quelle dei gradi di merito vanno compensate tra le parti in ragione dell’evoluzione giurisprudenziale in i profili sostanziali della vicenda processuale.

PQM

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente. Condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge, compensando le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2020

 

 

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