Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17493 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/06/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 28/06/2019), n.17493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 652-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

SOGLIANO 70, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO LA MALFA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS).

– resistente –

avverso la sentenza n. 2159/18/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 18/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

Fatto

RILEVATO

che M.G. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione del contribuente avverso un avviso di accertamento IRES, IVA e IRAP, per l’anno 2007.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo, il M. lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la CTR avrebbe omesso di applicare il disposto di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, ammettendo il raddoppio dei termini per l’accertamento, anche in mancanza di una denuncia di reato; che, mediante il secondo, il ricorrente assume violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 43, comma 2 bis nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3: la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato il raddoppio dei termini, ancorchè il termine ordinario fosse già maturato al momento della denunzia;

che, attraverso l’ultimo, il contribuente deduce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

che l’intimata non si è costituita;

che il primo ed il secondo motivo – che possono essere scrutinati congiuntamente, per la loro evidente connessione sono infondati;

che, in tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 per l’IVA, come modificati dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, conv., con modif., in L. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi 130 a 132, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Sez. 6-5, n. 11620 del 14/05/2018; Sez. 5, n. 26037 del 16/12/2016);

che il terzo motivo è inammissibile;

che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014); che la doglianza non indica il fatto storico trascurato dalla CTR; che al rigetto del ricorso non segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, stante la mancanza di attività difensiva di quest’ultima;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 dei 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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