Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17489 del 26/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 26/07/2010), n.17489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16923-2009 proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, elettivamente

domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura

centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccio

Alessandro, Nicola Valente e Clementina Pulli per procura rilasciata

in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 542/2008 della Corte d’appello di Messina,

depositata il 2/7/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19.05.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

IANNELLI Domenico.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

M.M. si rivolse al giudice del lavoro di Messina per ottenere, a far data dal raggiungimento del requisito di età, la trasformazione della pensione di invalidità – in godimento in base al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636 (e quindi antecedente alla L. 12 giugno 1984, n. 222) – in pensione di vecchiaia, ai sensi della detta L. n. 222, art. 1, comma 10.

Accolta la domanda e proposto appello dall’INPS, la Corte di appello di Messina con sentenza pubblicata il 2.07.08 rigettava l’impugnazione, rilevando che sussisteva il diritto al mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, in presenza dei prescritti requisiti anagrafici e contributivi, non esistendo nell’ordinamento previdenziale un principio ostativo in tal senso.

Facendo applicazione della L. n. 222, art. 1, comma 10, considerava pertanto corretto il riconoscimento di un importo della pensione di vecchiaia non inferiore a quello della pensione di invalidità in godimento, rigettando l’impugnazione sulla questione principale ed accogliendola solo in punto di decorrenza degli interessi.

Proponeva ricorso l’INPS, deducendo: 1.- violazione del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10, della L. n. 222 del 1984, art. 1, commi 6 e 10, in quanto – risultando l’assicurato non in possesso del requisito contributivo al compimento dell’età pensionabile – non potevano essergli riconosciuti contributi figurativi per il periodo merito, in virtù di interpretazione estensiva o analogica della disciplina dell’assegno ordinario di invalidità di cui alla L. n. 222, art. 1;

2.- violazione della L. n. 222, art. 1, comma 10, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 8 in quanto, per l’inapplicabilità in via analogica dell’art. 1, comma 10 (per il quale l’importo della pensione rimane invariato solo nel caso di trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità in pensione di vecchiaia), in mancanza di espressa previsione legislativa non può riconoscersi che il diritto ad ottenere la trasformazione in pensione di vecchiaia implichi anche il diritto a conservare l’eventuale trattamento economico più favorevole della pensione di invalidità concessa ex R.D.L. n. 636 del 1939; 3) carenza di motivazione, in quanto il giudice di merito ha rigettato l’eccezione dell’Inps di carenza dell’interesse alla trasformazione della prestazione senza esaminare preliminarmente sullo specifico motivo di appello di carenza del requisito contributivo in capo all’assicurato.

Non svolgeva attività difensiva l’intimata.

Il consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso è inammissibile.

Parte ricorrente ha, chiesto all’ufficiale giudiziario presso la Corte d’appello di Roma che l’atto di impugnazione fosse notificato presso il domicilio dell’intimata, essendo la stessa rimasta contumace nel giudizio di appello. L’ufficiale giudiziario ha proceduto alla spedizione di copia dell’atto a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 149 c.p.c..

All’originale del ricorso, depositato ai sensi dell’art. 369 c.p.c., su cui pure sono documentate le operazioni compiute dall’ufficiale, non risulta tuttavia allegato l’avviso di ricevimento della copia in questione, di modo che non esiste prova dell’avvenuta notifica.

Non essendo l’atto di impugnazione idoneo alla costituzione del contraddittorio processuale dinanzi alla Corte di cassazione e non potendo a tale situazione porsi più riparo, essendo ormai decorso il termine previsto dall’art. 327 c.p.c. per la proposizione dell’impugnazione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nulla deve statuirsi sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2010

 

 

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