Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17487 del 01/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/09/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 01/09/2016), n.17487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16217/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.S.;

-intimato –

avverso la sentenza n. 193/24/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA – MESTRE del 17/12/2014, depositata il

14/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Agenzia delle Entrate ricorre, con due motivi, nei confronti del contribuente B.S., per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 193/24/15, depositata il 14 gennaio 2015, che, confermando la sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso del contribuente avverso gli avvisi di accertamento per gli anni 2007 e 2008, fondati sul c.d. “redditometro”. La CTR rilevava anzitutto la nullità dell’avviso di accertamento per la mancata preventiva instaurazione del contraddittorio e, nel merito, l’inattendibilità delle risultanze del redditometro, in quanto a fronte della deduzione del contribuente, secondo cui il costo sostenuto per il mantenimento dei beni era stato inferiore a quello risultante dall’applicazione del redditometro, l’Agenzia non aveva fornito adeguate prove in senso contrario.

Il contribuente non ha resistito.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunzia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e del D.L. n. 78 del 2010, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), censurando la statuizione della CTR secondo cui l’accertamento sintetico tramite redditometro avrebbe dovuto essere preceduto, a pena di nullità, dall’instaurazione di un contraddittorio con il contribuente, attesa l’applicabilità retroattiva del D.L. n. 78 del 2010, art. 22.

Il motivo è fondato.

Ed invero, come questa Corte ha già affermato, l’accertamento dei redditi con metodo sintetico, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella formulazione applicabile ratione temporis, anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, non postula, in difetto di ogni previsione al riguardo della norma, che gli elementi e le circostanze di fatto in base ai quali il reddito viene determinato dall’Ufficio siano, in qualsiasi modo, preventivamente contestati al contribuente(Cass. 7485/2010; Cass. 27076/2009).

Ed invero, solo a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, in vigore dal 31 maggio 2010 e che non ha efficacia retroattiva (Cass. 21041/2014), è configurabile l’obbligo di instaurazione preventiva del contraddittorio, mediante invito del contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5.

Va inoltre escluso, in materia di Imposte dirette ed Irap, che sia configurabile un obbligo di generalizzato di instaurazione del contraddittorio per tutti gli accertamenti tributari, al di fuori dei casi specificamente previsti dalla legge (Cass. Ss.Uu. 24823/2015).

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, nonchè dell’ari 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando l’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo cui, a fronte delle deduzioni del contribuente di un minor costo di manutenzione dei beni indice, gravava sull’Agenzia l’onere di provare il maggior reddito presuntivamente desunto.

Pure tale motivo appare fondato.

Ed invero è pacifico che gli indici utilizzati dall’ufficio nell’accertamento impugnato (disponibilità di un alloggio e di un autoveicolo), costituivano elementi indicativi di capacità contributiva, determinando quindi una presunzione di “capacità contributiva” da qualificare “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., perchè è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”.

Da ciò consegue che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma (Cass., sez. 5^, 16284/07).

A tali principi non si è conformata la sentenza impugnata che ha contestato l’efficacia presuntiva contributiva derivante dalla disponibilità di detti beni.

PQM

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della CTR del Veneto, che provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2016

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