Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17482 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. II, 20/08/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 20/08/2020), n.17482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 27622/16) proposto da:

I.R., (C.F.: (OMISSIS)), A.G.N. (C.F.:

(OMISSIS)) e SOCIETA’ EDILDUCA s.r.l. (già NI.RO COSTRUZIONI)

(P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale apposta in

calce al ricorso, dall’Avv. Marco D’Errico, ed elettivamente

domiciliati presso lo studio dell’Avv. Elena Contini, in Roma, p.zza

Irnerio, n. 29;

– ricorrenti –

contro

G.D., (C.F.: (OMISSIS)), quale titolare dell’Agenzia

immobiliare FUTURA, corrente in (OMISSIS), rappresentato e difeso,

in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.

Giuseppe Caruso,ed elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. Federico Lucarelli, in Roma, v. dei Gracchi, n. 6;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso n. 252/2016

(depositata il 12 settembre 2016);

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 gennaio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza n. 266 del 2011 il Tribunale di Larino – sez. dist. di Termoli rigettava la domanda proposta da G.D., quale titolare dell’agenzia immobiliare Futura sita in (OMISSIS), nei confronti di I.R., A.G.N. e della N.I.RO Costruzioni s.r.l. diretta all’ottenimento del pagamento della provvigione dedotta come spettantegli in virtù del contratto dell’11 gennaio 2006, con il quale i convenuti gli avevano conferito l’incarico di vendere degli immobili da realizzare sui terreni individuati nel contratto stesso, e tanto sulla base dell’assorbente ragione che il G. non aveva offerto la prova di essere iscritto all’albo degli agenti di affari in mediazione.

2. Interposto appello da parte del G. e nella costituzione di tutti gli appellati, la Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 252/2016 (depositata il 12 settembre 2016), accoglieva il gravame e, in riforma dell’impugnata sentenza, condannava gli appellati, in solido, al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 32.500,00, a titolo di provvigione per la causale dedotta in giudizio, oltre interessi dalla domanda al saldo, oltre che alla rifusione delle spese di entrambi i gradi.

A fondamento dell’adottata decisione la Corte molisana riteneva ammissibile la produzione in sede di appello della documentazione attestante l’iscrizione del G. nel ruolo degli agenti di affari in mediazione siccome attinente a comprovare la sussistenza di una condizione dell’azione e, quanto ai presupposti per l’ottenimento dell’invocata provvigione, ne rilevava la loro emergenza alla stregua dell’acquisita documentazione relativa (con particolare riferimento all’allegazione della scrittura contenente il conferimento dell’incarico e del conseguente atto pubblico di compravendita stipulato per effetto della mediazione svolta dall’appellante), dichiarando inammissibile – perchè tardiva l’eccezione degli appellati circa l’asserita nullità del contratto di incarico per assunta indeterminabilità del prezzo di vendita degli immobili.

3. Avverso la sentenza di appello hanno congiuntamente proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, I.R., A.G.N. e N.I.RO Costruzioni s.r.l., al quale ha resistito con controricorso l’intimato G.D..

Il difensore dei ricorrenti ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità dell’impugnata sentenza per asserita violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), sul presupposto che la Corte territoriale aveva ritenuto ammissibile la produzione effettuata solo in secondo grado della documentazione attestante l’iscrizione del G. nel ruolo agenti di affari di mediazione con motivazione apparente ed obiettivamente incomprensibile.

2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, per aver la Corte di appello ritenuto l’ammissibilità della produzione dell’avversa documentazione in secondo grado sull’asserito presupposto della sua attinenza ad una condizione dell’azione, senza, però, valutarne l’indispensabilità nè l’impossibilità della sua produzione per causa non imputabile al G..

3. Ritiene il collegio i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, siccome palesemente connessi.

Essi sono infondati per le ragioni che seguono.

Esclusa la sussistenza di una motivazione meramente apparente dell’impugnata sentenza (essendo stato svolto un percorso logico-argomentativo a supporto della decisione adottata assolutamente adeguato), con essa è stata correttamente ritenuta – in conformità alla univoca giurisprudenza di questa Corte – che la sussistenza del requisito dell’iscrizione dell’agente nel relativo albo (siccome costituente condizione dell’azione di pagamento della provvigione, la cui assenza avrebbe, peraltro, integrato un motivo di nullità del contratto di mediazione), era rilevabile d’ufficio pure in sede di appello e la sua esistenza era comprovabile ammissibilmente anche mediante la produzione in appello dell’inerente documentazione.

A tal proposito occorre, infatti, nuovamente rimarcare che l’esistenza di detto requisito non integra propriamente un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, la cui prova può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della decisione della lite. Da ciò, consegue che – per un verso – la carenza del relativo documento è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ma – dall’altro verso – che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purchè prima della relativa decisione (cfr. Cass. SU n. 23826/2009, Cass. n. 8581/2013 e Cass. n. 19251/2018).

Del resto, le Sezioni unite di questa Corte (con la sentenza n. 10790/2017) hanno anche chiarito – da un punto di vista più generale – che, nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (applicabile “ratiore temporis” anche nel caso di specie), quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.

A tali principi si è correttamente conformata la sentenza di appello qui impugnata, con la quale è stato, poi, accertato – sul presupposto, infatti, della verificata iscrizione del G.D. (quale titolare dell’agenzia immobiliare Futura di (OMISSIS)) nel relativo albo dei mediatori – l’effettivo svolgimento, da parte dello stesso, dell’attività di intermediazione in funzione della stipula del contratto di vendita dedotto in giudizio, per effetto del conferimento dell’incarico intervenuto con scrittura privata dell’11 gennaio 2006 nel quale si pattuiva anche il diritto del G. ad ottenere la provvigione in virtù della realizzazione di tale attività, il cui accertamento – così come compiuto dalla Corte territoriale – non ha costituito oggetto di alcuna censura da parte dei ricorrenti nella presente sede di legittimità.

4. In definitiva, per le ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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