Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17482 del 14/07/2017
Cassazione civile, sez. trib., 14/07/2017, (ud. 16/05/2017, dep.14/07/2017), n. 17482
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25608/2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.V.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 154/2011 della COMM. TRIB. REG. dell’Emilia
Romagna, depositata il 09/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.
Fatto
RILEVATO
che la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, con sentenza del 9 agosto 2011, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha parzialmente accolto, limitatamente ai rimborsi successivi al 17 giugno 2004, il ricorso proposto da M.V. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di Potenza in opposizione al silenzio-rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso IRAP per il periodo dal 2004 al 2007;
che a fondamento della decisione la Commissione aveva rilevato che, per le modalità di svolgimento dell’attività professionale da parte della M. (medico di base), non era ravvisabile l’autonoma organizzazione, intesa come struttura organizzata a produrre reddito anche in mancanza dell’apporto lavorativo da parte del professionista che se ne serve, costituente presupposto dell’imposta in discussione;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi;
che la M. non ha svolto attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO
che con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Commissione regionale omesso di pronunciarsi sull’eccezione con la quale era stata dedotta l’inammissibilità dell’appello per mancanza della specificazione dei motivi;
che il motivo è inammissibile, poichè la Commissione, esaminando nel merito le censure poste con l’appello, ha implicitamente disatteso l’eccezione d’inammissibilità del medesimo (in tal senso Cass. Sez. n. 5351 del 08/03/2007: “Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (nella specie, la S.C. ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilità dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame)” e molte altre conformi, ex multis Cass. n. 20311 del 04/10/2011, Cass. n. 17956 del 11/09/2015);
che la ricorrente deduce, altresì, violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di ultrapetizione, osservando che l’atto di appello omette di prendere posizione sulle specifiche rationes decidendi della sentenza gravata, e, specificamente, sulla statuizione che aveva rilevato la corresponsione di compensi a terzi e l’impiego di notevoli capitali, limitandosi a riproporre la tesi dell’inconciliabilità della professione intellettuale di medico di medicina generale con il presupposto dell’autonomia organizzativa;
che il motivo è infondato, poichè, stando alle stesse allegazioni della ricorrente, le rationes decidendi poste a fondamento della sentenza impugnata sono tutte investite in radice dalla contestazione della sussistenza di autonoma organizzazione in capo al medico di medicina generale;
che con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2,primo periodo e art. 3, comma 1, lett. e), osservando che, nell’individuare il requisito dell’autonoma organizzazione in una “struttura organizzata a produrre reddito anche in mancanza dell’apporto lavorativo da parte del professionista che se ne serve”, la Commissione non si è conformata al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente, non inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità, impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui;
che la censura è infondata, posto che la sentenza impugnata ha valutato la sussistenza dell’autonomia organizzativa in capo alla contribuente avuto riguardo ai parametri dell’utilizzo e valore dei beni strumentali e dell’entità dei compensi corrisposti a terzi, conformemente al criterio enunciato da questa Corte in plurime decisioni (si veda, per tutte, Cass. n. 1542 del 27/01/2015: “In tema di IRAP, la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione determina l’assoggettamento del lavoratore autonomo (nella specie, medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale) all’imposta, indipendentemente dai riflessi immediati che la stessa cagiona sull’entità del suo reddito, dovendo il giudice del merito accertare, in concreto, i presupposti della fattispecie impositiva, in considerazione della eventuale eccedenza, rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio della professione, della dotazione dei mezzi strumentali a disposizione del professionista e delle specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni lavorative di cui egli si avvale)”;
che la ricorrente deduce, ancora, violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per difetto di motivazione, poichè la Commissione, esaurendo il proprio esame in un immotivato e insoddisfacente giudizio di ininfluenza dei plurimi elementi denunciati come rilevatori di autonoma organizzazione, era incorsa in una motivazione meramente apparente;
che il motivo è manifestamente infondato in forza del principio costantemente enunciato da questa Corte di legittimità (si veda da ultimo Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016), secondo cui “la mancanza della motivazione (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile) si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè”;
che in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;
che nulla va disposto riguardo alle spese processuali, in mancanza di espletamento di attività difensiva da parte della contribuente, rimasta intimata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017