Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17478 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. II, 20/08/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 20/08/2020), n.17478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 21273/16) proposto da:

GRUPPO IMMOBILIARE MICHELANGELO DI G.E. & C. S.N.C.,

(P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al

ricorso, dagli Avv.ti Giuliano Giuggioli e Mario Antonini ed

elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, v.

E. Q. Visconti, n. 20;

– ricorrente –

contro

MAXI DI S.R.L., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di

procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avv.ti

Paolo Fiorini, e Giuseppe Gigli, ed elettivamente domiciliata presso

lo studio del secondo, in Roma, v. G. Pisanelli, n. 4;

– controricorrente –

e

IMMOBILIARE M.G. S.R.L., (P.I.: (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù

di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti Achille

Bernocchi, e Roberto Afeltra, ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del secondo, in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 36;

– altra controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 211/2016

(depositata il 12 febbraio 2016);

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 gennaio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con atto di citazione del marzo 2010 il Gruppo Immobiliare Michelangelo di G.E. & c. s.n.c. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Novara, l’Immobiliare Grazie s.r.l. e la Maxi DI s.r.l. per sentir condannare, ciascuna, al pagamento della somma di Euro 195.000,00, oltre iva, a titolo di provvigioni per lo svolgimento di attività di mediazione in loro favore e, in particolare, per aver segnalato alla predetta Maxi Di un’area (da destinare a centro commerciale) ubicata in (OMISSIS) di proprietà della citata Immobiliare M.G. e di aver, quindi, messo in relazione le parti, partecipando anche alla stipula del preliminare di compravendita e deducendo, perciò, di aver maturato il diritto al conseguimento della indicate provvigioni.

Si costituivano in giudizio entrambe le convenute, instando per il rigetto della domanda, sull’assunto dell’insussistenza del presupposto per la maturazione del dìritto alla provvigione poichè il terreno in questione era già stato loro segnalato da altro soggetto e che, in ogni caso, detto diritto si sarebbe dovuto considerare prescritto.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 98/2014, accoglieva la proposta domanda e, per l’effetto, condannava ognuna delle convenute a corrispondere all’attrice la somma di Euro 195.000,00, oltre iva e spese di lite, applicando la misura massima della percentuale dovuta a titolo di provvigione, alla stregua della ravvisata complessità dell’affare.

2. Interposti separati appelli da parte delle due soccombenti convenute e nella costituzione dell’appellata società, la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 211/2016 (depositata il 12 febbraio 2016), accoglieva entrambi i gravami e, pertanto, in riforma totale dell’impugnata sentenza, respingeva le domande formulate dal Gruppo Immobiliare Michelangelo di G.E. & c. s.n.c., che condannava alla rifusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

A fondamento dell’adottata decisione la Corte piemontese rilevava che, all’atto della conclusione dell’affare dedotto in causa (concluso nel luglio 2007), era emerso che la società appellata non risultava iscritta nell’albo degli agenti di affari e di mediazione, con la conseguente esclusione del riconoscimento del suo diritto ad ottenere la vantata provvigione per l’attività asseritamente svolta, e ciò ai sensi della L. n. 39 del 1989, art. 6, nella versione vigente anche dopo le modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 59 del 2010.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il Gruppo Immobiliare Michelangelo di G.E. & c. s.n.c., resistito con distinti controricorsi da parte delle due intimate.

I difensori della ricorrente e della controricorrente Immobiliare G. s.r.l. hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis. 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la società ricorrente ha denunciato la violazione o la falsa applicazione degli artt. 115,345 e 167 c.p.c., sul presupposto della tardività della proposizione dell’eccezione – da parte delle appellanti – dell’errata applicazione della L. n. 39 del 1989, art. 6, poichè queste ultime avevano dedotto, per la prima volta, in sede di appello (e non già all’atto della costituzione in giudizio in primo grado e durante lo stesso), che essa Gruppo Immobiliare Michelangelo di G.E. & c. s.n.c. non fosse iscritta al ruolo dei mediatori all’epoca dell’affare (estate 2007), e, perciò, avevano inteso far valere la nullità del contratto di mediazione.

2. Con la seconda censura la ricorrente ha prospettato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – anche la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), art. 1757 c.c., asserendo che il giudice a quo non aveva esaminato la deduzione in base alla quale sussisteva il requisito della sua iscrizione al ruolo al momento in cui era sorto il diritto alla provvigione.

3. Ritiene il collegio che entrambi i motivi – siccome tra loro all’evidenza connessi – possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati e devono, pertanto, essere respinti.

Osserva il collegio che, in punto di fatto (e non lo contesta nemmeno il ricorrente, per come presupposto dallo stesso contenuto degli articolati motivi), è pacifico che il Gruppo Immobiliare Michelangelo di G.E. & c. s.n.c. – all’atto della conclusione dell’affare dedotto in controversia – non fosse iscritto all’albo degli agenti in affari di mediazione.

Tuttavia il ricorrente – poichè la questione non era stata sollevata tempestivamente in primo grado – ha dedotto che essa non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio in appello (malgrado la mancata iscrizione nel suddetto albo risultasse già dai documenti prodotti nel giudizio di prime cure) e che, quindi, avrebbe dovuto ritenersi applicabile il “principio di non contestazione” sulla relativa circostanza e che, in ogni caso, la sussistenza del requisito della necessaria iscrizione avrebbe dovuto essere valutato con riferimento alla data del 7 ottobre 2009 (in cui era sopravvenuta detta iscrizione), allorquando si era venuta a verificare la condizione sospensiva inserita nel contratto preliminare.

Di contro, la Corte di secondo grado ha ritenuto che il difetto di detta iscrizione fosse rilevabile d’ufficio anche in sede di appello siccome configurante una condizione dell’azione, essendo del tutto inconferente il richiamo al principio di non contestazione attinente alla sola fase istruttoria, ovvero al possibile esonero della parte onerata di provare circostanze non contestate.

Il percorso argomentativo logico-giuridico operato dalla Corte territoriale è condivisibile.

Occorre, infatti, evidenziare che, nel caso di specie, non avrebbe potuto essere applicato il principio di non contestazione a fronte di una causa di nullità per violazione di norma imperativa (quale quella che prevede la necessaria iscrizione dell’agente di mediazione nell’apposito albo), rilevabile pacificamente d’ufficio anche in sede di appello non trovando applicazione le preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c..

A tal proposito deve ritenersi indiscutibile – alla stregua dell’univoca giurisprudenza di questa Corte (v., tra le tante, Cass. n. 14076/2002, Cass. n. 8581/2013 e Cass. n. 15658/2013) – che l’eccezione di nullità del contratto di mediazione per mancanza di iscrizione del mediatore nel ruolo previsto dalla L. 2 febbraio 1989, n. 39, costituisce un’eccezione in senso lato, afferendo a questione rilevabile d’ufficio dal giudice, e, pertanto, non è soggetta, in grado di appello, alle preclusioni di cui all’art. 345 c.p.c., ed al divieto dello “ius novorum” sancito dalla stessa norma.

In altri termini, va riconfermato il principio secondo cui, in tema di mediazione, per effetto della previsione di cui alla L. n. 39 del 1986, art. 6, comma 1 (nella versione “ratione temporis” applicabile), la mancata iscrizione di chi eserciti detta attività nell’apposito albo professionale esclude il diritto alla provvigione. Ed è altrettanto pacifico che tale norma ha carattere imperativo, come risulta dall’art. 8 della stessa Legge appena citata che punisce con una sanzione amministrativa l’esercizio della mediazione, in assenza di iscrizione all’Albo, oltre a prevedere l’obbligo di restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite, con l’ulteriore conseguenza che deve considerarsi nulla, ai sensi dell’art. 1418 c.c., anche l’eventuale contraria pattuizione intervenuta tra le parti.

Del resto anche le Sezioni unite (cfr. sentenza n. 26242/2014) hanno chiarito che nel giudizio di appello (ed anche in quello di cassazione), il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo.

In termini più esaustivi deve, perciò, affermarsi che il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di una pretesa che supponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato tali validità ed efficacia, nè le parti ne abbiano discusso – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c..

A questo principio si è correttamente uniformata la Corte di appello di Torino nell’impugnata sentenza.

Altrettanto destituita di fondamento giuridico è la doglianza prospettata con il secondo motivo.

Ed invero non può mettersi in dubbio che il diritto alla provvigione può essere reclamato solo con riferimento all’espletamento dell’attività di mediazione e, quindi, con riguardo al caso di specie, la parte qui ricorrente avrebbe potuto vedersi riconosciuto la sua pretesa all’ottenimento della provvigione solo se fosse stata iscritta (circostanza, invece, pacificamente insussistente) al momento della conclusione del contratto preliminare in data 13 luglio 2007, rimanendo irrilevante la sua sopravvenuta iscrizione e la sussistenza di tale “requisito di legittimazione” all’atto della verificazione della condizione sospensiva inserita nello stesso preliminare, poichè il suddetto diritto matura al momento della messa in relazione tra le parti per la conclusione dell’affare, come previsto dall’art. 1754 c.c. (ove l’affare stesso si sia definito per effetto del suo intervento, come sancisce il successivo art. 1755 c.c.), non sortendo, quindi, sul piano generale, alcun rilievo al riguardo l’eventualità che gli effetti del contratto – stipulato con la mediazione di un soggetto non iscritto nel relativo albo – si vengano a verificare successivamente in un periodo in cui sia poi sopravvenuta l’iscrizione effettiva del mediatore stesso che abbia svolto la sua pregressa attività (come propriamente contemplata dal citato art. 1754 c.c.), allorquando, tuttavia, tale requisito – prescritto a pena di nullità – era difettante.

Infine, si deve ritenere del tutto inconferente la sollecitazione – dedotta dal Gruppo Immobiliare ricorrente – della rimessione alla Corte di Giustizia della questione del presunto contrasto della L. n. 39 del 1989, art. 6, al diritto comunitario, avendo questa Corte (v., da ultimo, sentenza n. 762/2014) già chiarito sul punto che le disposizioni della L. n. 39 del 1989 (artt. 2,3,6 e 8), che riservano ai soli iscritti al ruolo degli agenti di mediazione lo svolgimento di ogni attività di mediazione e prevedono la inesigibilità della provvigione in caso di mancanza di iscrizione, non contrastano con il citato diritto comunitario.

Si è osservato, al riguardo, che non sussiste il denunciato contrasto della disciplina rispetto al principio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi poichè la direttiva del Consiglio (CEE) n. 653/1986 è riferita ai soli agenti di commercio.

Si è, più puntualmente, statuito che “La previsione del rifiuto di ogni tutela al mediatore non iscritto nel ruolo – secondo quanto stabilito dalla Legge Statale 3 febbraio 1989, n. 39 – non contrasta con la direttiva 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, giacchè tale direttiva – che osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in apposito albo – non si rivolge al mediatore, il quale agisce in posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto, a tale stregua differenziandosi dall’agente di commercio, che attua invece una collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore” (v. già Cass. 5 giugno 2007, n. 13184, confermata da Cass. 30 ottobre 2007, n. 22859 e da Cass. 26 marzo 2009, n. 7332). Nè la Corte di Giustizia, con riferimento a casi concernenti l’attività di mediazione, per gli affari immobiliari, si è mai pronunciata nel senso di un disfavore dell’ordinamento rispetto alla previsione di albi nazionali. Infatti, occupandosi della direttiva 67/43/CEE, relativa all’attuazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività autonome attinenti: 1) al settore “Affari immobiliari (escluso il 6401)” (Gruppo ex 640 CITI), 2) al settore di taluni “Servizi forniti alle imprese non classificati altrove” (Gruppo 839 CITI), la Corte di Giustizia ha ritenuto che tale direttiva non osta ad una disciplina nazionale che riservi l’esercizio di determinate attività nel settore degli affari immobiliari a soggetti legalmente abilitati all’esercizio dell’attività di agente immobiliare (Sentenza del 28 gennaio 1992, in cause riunite C-330/90 d C-331/90, Sentenza del 25 giugno 1992, in C147/91) (v. anche Cass. 10.5.2011 n. 10205; conf. 8.7.2010 n. 16147).

4. In definitiva, per le ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore di ciascuna delle controricorrenti, nella misura liquidata in dispositivo, tenuto conto delle rispettive attività difensive espletate (e, in particolare, anche della memoria finale depositata solo dalla Immobiliare Grazia s.r.l.).

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in favore della contro ricorrente Immobiliare Grazia s.r.l., che si liquidano in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge, nonchè in favore della controricorrente Maxi DI s.r.l., quantificate in complessivi Euro 3.200,00, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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