Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17475 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 14/07/2017, (ud. 28/02/2017, dep.14/07/2017),  n. 17475

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12485/2012 R.G. proposto da:

MERIDIANA DOMUS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, G.M., rappresentata e difesa, per procura

speciale a margine del ricorso, dall’avv. prof. Gianfrancesco

Vecchio, ed elettivamente domiciliata presso legale dell’avv.

Alessandro Riccioni, in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 49;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Calabria, n. 140/01/2011, depositata in data 14 aprile 2011;

Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 28 febbraio 2017

dal Cons. Lucio Luciotti;

udito l’avv. Fabrizio Travaglini, per delega dell’avv. Gianfrancesco

Vecchio, per la ricorrente;

udito l’avv. Fabrizio Urbani Neri, per l’Avvocatura Generale dello

Stato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Federico Sorrentino, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 140 del 14 aprile 2011 la Commissione tributaria regionale della Calabria rigettava l’appello principale proposto dalla Meridiana Domus s.r.l. e quello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che, decidendo sul ricorso avverso l’avviso di accertamento di un maggior reddito di impresa ai fini IVA, IRES ed IRAP relativamente all’anno di imposta 2004, emerso a seguito dell’applicazione degli studi di settore, aveva rideterminato i maggiori ricavi in via equitativa.

1.1. I giudici di appello rilevavano la carenza di motivazione dell’atto impositivo per non avere l’ufficio finanziario esplicitato le ragioni che l’avevano indotto a disattendere i rilievi che la società contribuente aveva mosso all’attività accertativa in una memoria scritta, corredata da documentazione mai contestata dall’amministrazione finanziaria, e che andava condivisa la riduzione equitativa che dei maggiori ricavi accertati aveva operato il giudice di primo grado.

2. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, artt. 62 bis, 62 ter e 62 sexies, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, nonchè artt. 113, 115 e 116 c.p.c., e art. 53 Cost..

1.1. Sostiene che la CTR, nel confermare la statuizione di primo grado, che aveva rideterminato i maggiori ricavi accertati a carico della società contribuente in via equitativa, era incorsa nel medesimo errore del primo giudice – censurato con apposito motivo di appello -, consistito nell’avere fondato la propria decisione su valutazione equitativa preclusa al giudice tributario.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. La CTR ha affermato di condividere l’assunto dei giudizi di primo grado che sulla base della documentazione prodotta dalla società contribuente e “degli elementi dalla stessa appellante principale indicati, ha ritenuto di entrare nel merito ed in via equitativa determinare i maggiori ricavi, l’imponibile Irap ed il volume di affari Iva”. Orbene, la valutazione del giudice tributario di primo grado, condivisa da quello di secondo grado, è frutto di un giudizio non riconducibile ad una decisione della causa secondo la cosiddetta equità sostitutiva, che è consentita nei soli casi previsti dalla legge ed attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia, attribuendo al giudice il potere di prescindere nella fattispecie dal diritto positivo, in quanto dal chiaro contesto della motivazione emerge con evidenza che l’equa determinazione del reddito di impresa risultante dall’applicazione degli studi di settore che, come è noto, vanno adeguate alla specifica realtà aziendale, nel rispetto dei principi di ragionevolezza ed equità contributiva – è quella restituita dalla valutazione da parte dei giudici di appello degli elementi probatori acquisiti al processo incidenti sull’accertamento fiscale. Non è, pertanto, ipotizzabile la violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 2, rientrando il suddetto apprezzamento – che non ha riguardato le norme fiscali dettate in materia di studi di settore – nei generali poteri conferiti al giudice dagli artt. 115 e 116 c.p.c., la cui pronuncia, rimessa alla sua prudente discrezionalità, è suscettibile di controllo, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo della carenza od inadeguatezza della corrispondete motivazione (nella specie dedotta con il secondo motivo), sicchè il vizio denunciato non si riscontra nella fattispecie in esame (arg. da Cass. n. 24520 del 2005, n. 4442 del 2010).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che, anche a voler escludere che il giudice di appello avesse pronunciato secondo equità, aveva comunque omesso di esplicitare gli elementi di fatto e di diritto utilizzati per rideterminare in diminuzione i ricavi accertati nella misura indicata.

2.1. Il motivo è fondato e va accolto.

2.2. La CTR ha confermato la riduzione del maggior reddito accertato a carico della società contribuente sulla base della valutazione effettuata dai giudici di primo grado della documentazione prodotta dalla società contribuente e degli elementi dalla stessa indicati, omettendo però di dare adeguatamente conto delle ragioni di tale condivisione, come pure di quali documenti ed elementi indicati dalla società contribuente abbia realmente tenuto conto, in tal modo precludendo anche la verifica non solo dell’entità ma anche dell’effettiva incidenza degli stessi ai fini della rideterminazione dell’imponibile tassabile.

3. La sentenza impugnata incorre, quindi, nel lamentato vulnus motivazionale, cosicchè si impone la cassazione della stessa con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

dichiara infondato il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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