Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17472 del 31/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 17472 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 28948-2012 proposto da:
RAVI’ PINTO VINCENZO RVPVCN53A15D793I, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELA TERESA AMATA
giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO 01165400589, in
persona del Dirigente con incarico di livello generale, Direttore della
Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato TERESA
OTTOLINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
LUCIANA ROMEO giusta procura in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 31/07/2014

- controricorrente avverso la sentenza n. 1576/2012 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA del 12/07/2012, depositata il 23/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
«La Corte di appello, giudice del lavoro, di Messina, con sentenza
n. 1576/2012 del 23/7/2012, decidendo sull’impugnazione proposta
dall’I.N.A.I.L., in riforma della pronuncia del Tribunale di Barcellona
P.G., rigettava la domanda proposta da Vincenzo Ravì Pinto intesa ad
ottenere il riconoscimento della rendita vitalizia in relazione alla
“ipoacusia bilaterale medio grave da trauma acustico lavorativo” per la
quale il predetto aveva avanzato domanda amministrativa in data
8/5/2000. Riteneva la Corte territoriale, sulla base delle conclusioni del
consulente tecnico d’ufficio, che non sussistessero elementi per
ricollegare la denunciata malattia all’attività lavorativa dell’appellato.
Per la cassazione di tale sentenza Vincenzo Ravì Pinto propone
ricorso affidato a due motivi.
Resiste con controricorso l’I.N.A.I.L..
Con i due motivi il ricorrente denuncia violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 1124 del 1965, del d.P.R. n. 336 del
1994, dell’art. 2697 cod. civ. nonché vizio di motivazione. Si duole del
fatto che non sia stata attribuita alcuna considerazione agli esiti della
svolta prova testimoniale tanto più rilevanti trattandosi, nella specie, di
malattia tabellata per la quale opera una presunzione legale dell’origine
professionale. Si duole, altresì, del fatto che la Corte territoriale abbia
ritenuto di basare il proprio giudizio su una consulenza tecnica d’ufficio

Ric. 2012 n. 28948 sez. ML ud. 09-06-2014
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09/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA.

censurabile nella parte in cui aveva utilizzato, ai fini delle valutazioni, atti
provenienti dal datore del lavoro (e così in particolare la relazione
fonometrica) redatti senza alcun contraddittorio con la parte.
I motivi sono manifestamente infondati.
Va, innanzitutto, rilevata la incongruità delle ragioni addotte circa

applicato la presunzione dell’eziologia lavorativa per la malattia allegata,
derivante, ad avviso del ricorrente, da lavorazione tabellata, dovendosi,
al riguardo, evidenziare che: a) la presunzione legale circa la derivazione
professionale delle malattie contratte nell’esercizio delle lavorazioni
morbigene investe soltanto il nesso tra la malattia tabellata e le relative
specificate cause morbigene, anch’esse tabellate, e non può esplicare la
sua efficacia nell’ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale (quale
l’ipoacusia) solo astrattamente ricollegabile allo svolgimento di una
determinata lavorazione protetta e con riferimento alla quale il nesso di
causalità non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi
tecniche teoricamente possibili, ma necessita di concreta e specifica
dimostrazione – quanto meno in via di probabilità – in relazione alla
concreta esposizione al rischio ambientale e alla sua idoneità causale alla
determinazione dell’evento morboso; b) una tale presunzione deve,
nello specifico, ritenersi superata dall’accertamento del giudice di merito
che, facendo proprie le indagini del consulente tecnico, ha affermato escludendo ogni collegamento in termini di probabilità – che il danno
acustico in questione non aveva le caratteristiche del danno da rumore
presentando segni di patologia non professionale, di natura comune
(l’accertamento – id est l’esclusione – del rapporto causale o concausale
tra determinate attività lavorative provate

aliunde e una specifica

patologia, eventualmente accertata dall’ausiliare del giudice, è oggetto
tipico dell’indagine specialistica e come tale può fonte oggettiva di
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l’errore di diritto addebitato al giudice del merito, per non avere

prova – cfr.

ex multis

Cass. n. 1120 del 20/01/2006;

id. n.

8297 del 21/04/2005; n. 16256 del 19/8/2004 -).
Per il resto i rilievi sollecitano soltanto una nuova lettura delle
risultanze probatorie e, in particolare, della consulenza tecnica espletata
nel giudizio di appello, operazione preclusa in sede di legittimità.

prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di
salute dell’assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in
cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni
del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese
deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va
indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali,
secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione
di una corretta diagnosi.
Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero
dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale,
che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del
giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1652 del
03/02/2012; id. n. 569 del 12/01/2011; n. 22707 del 08/11/2010; n.
9988 del 29/04/2009).
Consolidato è, del resto, l’orientamento di questa Corte secondo il
quale va rigettato il ricorso avverso la sentenza che condividendo la
relazione del c.t.u. abbia escluso la derivazione causale della malattia
dall’attività di lavoro, quando il ricorrente si limiti ad invocare una
diversa valutazione scientifica delle prove raccolte (Cass. n. 22707 del
10/10/2010; id. n. 9988 del 29/4/2009, n. 9869 del 22/5/2004; n. 7341
del 17/4/2004). Inoltre, per quanto riguarda, in particolare, la
valutazione circa la sussistenza o meno del nesso causale in ordine alla
origine professionale di una patologia, è altrettanto consolidato
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Infatti, per costante insegnamento di questa S.C., in materia di

l’indirizzo secondo cui tale valutazione costituisce un giudizio di fatto
che, se congruamente motivato, non è censurabile dal giudice di
legittimità (vedi per tutte: Cass. n. 17006 del 26/7/2006; id. n. 5806 del
23/3/2004).
Con il ricorso in esame non vengono dedotti vizi logico-formali che

sostanzino in affermazioni manifestamente illogiche o scientificamente
errate, ma vengono effettuate solo osservazioni concernenti il merito di
causa, non deducibili innanzi a questa S.C..
Quanto al diniego di rinnovo della c.t.u. e/o di richiesta di
chiarimenti, per ormai consolidata giurisprudenza (cfr., ex aliis, Cass. n.
25569 del 17/12/2010), cui va data continuità, la decisione – anche solo
implicita – di non disporre una nuova indagine non è sindacabile in sede
di legittimità qualora gli elementi di convincimento per disattendere la
richiesta di rinnovazione della consulenza formulata da una delle parti
siano stati tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e ritenute
esaurienti dal giudice con valutazione immune da vizi logici c giuridici,
come – appunto – avvenuto nel caso per cui è processo.
Quanto, infine, all’avvenuta utilizzazione da parte del c.t.u.
dell’indagine fonometrica ritualmente versata in atti dall’I.N.A.I.L.,
nessun elemento è stato fornito dal ricorrente non solo per ritenere
inattendibile il dato riportato nella stessa ma anche per dimostrare che
nel corso del giudizio tale dato sia stato tempestivamente sottoposto a
specifica contestazione.
In conclusione, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai
sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5>>.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia.
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si concretino in deviazioni dalle nozioni della scienza medica o si

Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod.
proc. civ. per la definizione camerale del processo.
3 – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
4 – Infine, nulla va disposto in ordine alle spese processuali
risultando dalla stessa sentenza impugnata la sussistenza delle condizioni

civ..

P. Q. M.
LA CORTE rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 119 giugno 2014.

per l’esonero del soccombente ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc.

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