Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1747 del 27/01/2021

Cassazione civile sez. II, 27/01/2021, (ud. 08/09/2020, dep. 27/01/2021), n.1747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23565/2019 proposto da:

A.M.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COMANO

95, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO FARAON, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA FARAON;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI PADOVA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

03/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 3.7.2019, il Tribunale di Venezia rigettò il ricorso proposto da A.M.I. avverso la decisione della Commissione Territoriale di Verona di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, e, in subordine, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario.

1.1. A.M.I., cittadino (OMISSIS) proveniente dall’Edo State, aveva riferito alla Commissione Territoriale ed al Tribunale di essere fuggito dal proprio Paese d’origine per timore di essere ucciso dallo zio e dai suoi fratellastri, che, dopo la morte del padre, lo avevano cacciato di casa ed avevano ingaggiato alcuni cultisti, i quali lo avevano violentemente aggredito.

1.2. Il Tribunale rigettava il ricorso, ritenendo che il racconto del richiedente fosse intrinsecamente poco credibile in quanto quest’ultimo non aveva saputo spiegare le ragioni per le quali lo zio ed i fratellastri volevano ucciderlo nonostante il suo livello di alfabetizzazione testimoniasse chiaramente la sua capacità di leggere e scrivere. Inoltre, continuava il Tribunale, il richiedente era stato poco chiaro sulla dinamica dell’aggressione.

1.3. Il Tribunale motivava poi il diniego di riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ritenendo che nell’Edo State non sussistesse una situazione di violenza indiscriminata, e, con riguardo alla protezione umanitaria, osservò come non vi fossero ragioni di particolare vulnerabilità ai fini del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari in termini di sistematica violazione dei diritti umani nel Paese di provenienza.

2. Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso per cassazione A.M.I. sulla base di due motivi.

2.1. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale non avrebbe svolto alcun approfondimento istruttorio ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato nè avrebbe tenuto conto che lo Stato non era in grado di offrire adeguata protezione per la diffusa corruzione della Polizia; contesta, in relazione al riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 14, lett. c), che nell’Edo State non vi fosse una situazione di violenza generalizzata, nonostante il diverso orientamento di una parte della giurisprudenza di merito; infine, sarebbero sussistenti, a dire del ricorrente, i seri motivi per la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Secondo il principio costantemente affermato da questa Corte, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, prevede che il giudice sottoponga le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cassazione civile sez. I, 07/08/2019, n. 21142).

1.3. L’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cassazione civile, sez. VI, 30/10/2018, n. 27503).

1.4. Nell’applicare i summenzionati parametri, la Corte d’appello ha ritenuto incoerente ed inattendibile la ricostruzione sostenuta da parte ricorrente in ragione del carattere generico ed implausibile delle informazioni rese, con particolare riferimento alle ragioni per le quali lo zio ed i fratellastri volevano ucciderlo, essendo inverosimile che gli stessi si fossero spinti a tanto e che il richiedente non fosse stato in grado di circostanziare l’accaduto nonostante il suo livello di alfabetizzazione, disvelante un’adeguata capacità di leggere e scrivere; inoltre, continuava la Corte, nonostante la rinnovata audizione disposta innanzi al Tribunale, il richiedente non aveva saputo chiarire aspetti essenziali sull’aggressione subita dai cultisti.

1.5. Alla luce di quanto esposto, risulta, quindi, che il Giudice di merito abbia fatto corretta applicazione degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, valorizzando, a tal fine, i criteri espressamente contemplati dell’inattendibilità del ricorrente e dell’incoerenza delle dichiarazioni rese dallo stesso.

1.6. Quanto, poi, alla censura concernente l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’eventuale esito negativo della valutazione di credibilità, coerenza intrinseca e attendibilità della versione resa dal richiedente la protezione internazionale rende ultronea l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria facente capo all’organo giudicante sia in relazione al riconoscimento dello status di rifugiato che della concessione della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), (Cassazione civile, sez. I, 30/08/2019, n. 21889; Cassazione civile, sez. I, 22/02/2019, n. 5354).

1.7. Del pari inammissibile è la doglianza relativa al rigetto della domanda di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); il Tribunale, sulla base del report EASO del 2019 sulla Nigeria e di altre fonti qualificate (Nigeria Situation: UNHCR, 2016, United Kingdom Home Office, Austrian Centre for Country of Origin and Asylum Research and Documentation), ha accertato che in Nigeria, nell’Edo State, non vi fosse una situazione di conflitto generalizzato di tale intensità da esporre ad un danno grave la vita di chiunque per il solo fatto della presenza in quel luogo, in ossequio a quanto previsto dalla previsione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

1.8. Quanto, poi, alla censura concernente l’inattendibilità delle fonti consultate, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla Corte di legittimità l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. civ., sez. I, 21/10/2019, n. 26728).

1.9. Nel caso di specie, il ricorrente non richiama il contenuto di altre fonti qualificate, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, ma si limita a riportare il contenuto di un articolo di stampa, inidoneo, peraltro a scalfire l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito.

1.10. Quanto alla censura relativa al diniego della protezione umanitaria, si osserva che il rilascio del permesso di soggiorno per gravi ragioni umanitarie, nella disciplina di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, applicabile ratione temporis, rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

1.11. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298-01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione (Cassazione civile, sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

1.12. Il Tribunale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte, non ritenendo sussistente nè una particolare condizione di vulnerabilità nè un percorso di integrazione, rilevando, altresì, il carattere generico del ricorso, inidoneo a scalfire la decisione del giudice di merito.

1.13. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

1.14. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

1.15. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2021

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