Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17468 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 17/06/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 17/06/2021), n.17468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26007-2019 proposto da:

QUALITAS INFORMATICA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI n. 4,

presso lo studio dell’avvocato SCAFARELLI FEDERICA, rappresentata e

difesa dall’avvocato CASA FEDERICO;

– ricorrente –

contro

LINK MANAGEMENT S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO n. 55,

presso lo studio dell’avvocato DI PIERRO NICOLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato CAPONE NICOLETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1562/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/04/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 20.2.2006 Link Management S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 28/2006, con il quale il Tribunale di Vicenza le aveva ingiunto il pagamento, in favore di Qualitas Informatica S.p.a., della somma di Euro 14.352 quale saldo delle prestazioni esposte in alcune fatture. La società opponente eccepiva, in particolare, l’esistenza di due separati accordi, l’uno tra Qualitas e Link, avente ad oggetto la fornitura di un software gestionale, denominato NetPro, sviluppato ed installato da Qualitas ad aprile 2004 presso Ennerev, cliente finale di Link, e l’altro invece tra Qualitas ed Ennerev, avente ad oggetto lo sviluppo di detto software. L’opponente deduceva inoltre che il software era risultato inadeguato, tanto che Ennerev aveva risolto il contratto intercorso tra quest’ultima società e Link: quest’ultima, pertanto, nell’opporsi alla domanda di pagamento azionata in via monitoria da Qualitas formulava domanda riconvenzionale per la riduzione del corrispettivo della fornitura del software oggetto del giudizio e di condanna dell’ingiungente al risarcimento del danno.

Si costituiva nel giudizio di opposizione Qualitas, resistendo alla domanda ed invocando la condanna di Link al saldo del residuo dovuto, pari – al netto di un ulteriore acconto versato dopo la notifica del decreto ingiuntivo opposto – ad Euro 8.800,80.

Con sentenza n. 2004/2016 il Tribunale di Vicenza accoglieva l’opposizione, revocando il decreto opposto e condannando Qualitas al risarcimento del danno causato a Link ed alle spese del grado.

Interponeva appello avverso detta decisione Qualitas S.p.a. e si costituiva in seconde cure, resistendo al gravame, Link Management S.r.l..

Con la sentenza oggi impugnata, n. 1562/2019, la Corte di Appello di Venezia accoglieva in parte l’impugnazione, riducendo l’importo del risarcimento del danno dovuto a Link.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Qualitas Informatica S.p.a., affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso Link Informatica S.r.l.

La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,2697 c.c., artt. 115,116,132,157,191 e 194 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perchè la Corte di Appello non avrebbe considerato che la C.T.U. esperita nel corso del giudizio di merito aveva consentito di appurare che il software oggetto di causa era stato disinstallato da Ennerev, con conseguente impossibilità di procedere ad alcun accertamento tecnico sulla sua funzionalità. Ciò nonostante, la Corte di Appello avrebbe ravvisato l’inadempimento di Qualitas all’esito di un ragionamento apodittico, senza tener conto che la disinstallazione del software eseguita da Ennerev, e per essa da Link, che vi aveva consentito, costituiva un atto illecito e che, per effetto di essa, non era stata raggiunta la prova dell’inadempimento contestato da Link a Qualitas.

La censura è inammissibile.

Va premesso che non è possibile configurare alcun illecito nella decisione di Ennerev, cliente finale di Link, di procedere alla disinstallazione di un software gestionale che si era dimostrato inadeguato rispetto alle esigenze del cliente finale. Nè è possibile, sotto altro profilo, ravvisare una ipotesi di impossibilità sopravvenuta, per la società odierna ricorrente, di fornire la prova liberatoria di cui agli artt. 1218 e 2697 c.c..

Va infatti ribadito il principio secondo cui “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poichè il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una voltasul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001, Rv. 549956; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3373 del 12/02/2010, Rv. 611587; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15659 del 15/07/2011, Rv. 618664; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015, Rv. 634361; nonchè, in materia di appalto, Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 98 del 04/01/2019, Rv. 652214).

A fronte dell’eccezione di Link, che aveva contestato a Qualitas il grave inadempimento all’obbligo di fornire un software gestionale funzionante e adeguato alle esigenze del cliente finale Ennerev, spettava dunque a Qualitas l’onere di provare l’esatto adempimento del contratto. In difetto di tale dimostrazione, che il giudice di merito ha ritenuto non conseguita, la domanda di pagamento non poteva essere accolta, non essendone stato provato il presupposto, rappresentato dall’adempimento dell’obbligazione contrattuale.

Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1667 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte distrettuale avrebbe erroneamente ritenuto che la corrispondenza prodotta in atti non dimostrasse che Ennerev aveva accettato il software fornito da Qualitas. Ad avviso della ricorrente, infatti, detta prova emergeva chiaramente dai documenti acquisiti al fascicolo di merito: in particolare, dalla comunicazione del 25.7.2005 di Ennerev a Qualitas, con cui la prima società chiedeva l’intervento della seconda per l’implementazione del software; dalla missiva di Link ad Ennerev del 7.7.2005, nella quale si affermava che la seconda società aveva avanzato una serie di richieste originariamente non comprese nel progetto iniziale; nonchè dalla comunicazione del 21.10.2005 di Ennerev a Qualitas, con la quale la prima società chiedeva alla seconda un’offerta completa per la definizione del progetto di gestione mediante software dedicato.

Con il quarto motivo, logicamente connesso al secondo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte veneziana avrebbe dovuto considerare che agli atti del giudizio di merito non era stata mai acquisita la prova che la somma che Qualitas era stata condannata a risarcire a Link corrispondesse a quanto effettivamente quest’ultima avesse versato al proprio cliente Ennerev, ovvero all’importo delle fatture emesse da Link, delle quali Ennerev aveva chiesto lo storno in conseguenza della risoluzione del contratto intercorso tra le dette società.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili. Con esse, invero, la società ricorrente invoca una revisione del giudizio di fatto svolto dal giudice di merito, da ritenere estraneo al giudizio in Cassazione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790), proponendo in sostanza una lettura delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella fatta propria dalla Corte territoriale, in contrasto con i principi espressi da questa Corte, secondo cui la valutazione delle prove, e la scelta, tra di esse, di quelle ritenute decisive, costituisce apprezzamento di fatto non suscettibile di essere sindacato in Cassazione, ov’esso sia sorretto da motivazione coerente, logica e non inficiata da irriducibili contrasti interni (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330). In proposito, il collegio ritiene di dare continuità al principio secondo cui “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza / impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017, Rv. 646649; conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018, Rv. 649677; in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009, Rv. 610944 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013, Rv. 628585). Nel caso di specie, Qualitas Informatica S.p.a. non indica alcun criterio ermeneutico che sarebbe stato violato dalla Corte distrettuale, e dunque non propone una censura utilmente sussumibile nell’ambito del concetto di violazione di legge, ma si limita ad una contestazione del risultato del procedimento interpretativo, in tal modo proponendo doglianze di merito ed invocando semplicemente una differente ed alternativa lettura del dato negoziale.

Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453,2033 c.c. e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente pronunciato la condanna di Qualitas a restituire quanto percepito, senza considerare che Link Management S.r.l. non aveva richiesto la risoluzione del contratto, nè proposto domanda di restituzione delle somme indebitamente versate. Non essendo quindi venuto meno il sinallagma contrattuale, ad avviso della società ricorrente nessuna somma doveva essere restituita.

La censura è infondata.

La statuizione restitutoria contenuta nella sentenza impugnata, e contestata dalla società ricorrente, costituisce conseguenza diretta della revoca del decreto ingiuntivo, originariamente emesso con formula di provvisoria esecutività, e del pagamento eseguito dalla società controricorrente sulla base di un titolo non più efficace. Illuminante, al riguardo, è il passaggio contenuto a pag. 9 della sentenza impugnata, ove si dà atto che la condanna di Qualitas a restituire la somma di Euro 11.922,69 oltre interessi era stata pronunciata dal giudice di prime cure -ed è stata confermata dalla Corte territoriale- sul presupposto che detta somma era stata “… ricevuta in forza della parziale provvisoria esecuzione attribuita al decreto ingiuntivo”.

Con il quinto ed ultimo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte lagunare avrebbe erroneamente condannato Qualitas al pagamento dei tre quarti delle spese di lite, nonostante il parziale accoglimento dell’appello dalla stessa proposto avverso la decisione di prime cure.

La censura è inammissibile.

La Corte distrettuale ha regolato le spese dei due gradi di giudizio sulla base del principio della prevalente soccombenza, operando una parziale compensazione delle stesse, motivata dal parziale accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo originariamente spiegata dalla società odierna controricorrente. La decisione appare coerente con i principi enunciati da questa Corte, secondo cui il governo delle spese del giudizio, quando il giudice di seconde cure riforma in tutto o in parte la sentenza di primo grado, va operato tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio, anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico motivo di impugnazione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018, Rv. 648466).

Nè è possibile sindacare in sede di legittimità la decisione del giudice di merito di compensare in parte le spese del doppio grado di giudizio, posto che “La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014 Rv. 629389; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30592 del 20/12/2017, Rv. 646611; nonchè Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1703 del 24/01/2013, Rv. 624926 e Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore della società controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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