Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17465 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. II, 20/08/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 20/08/2020), n.17465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 214/016 proposto da:

M.L., M.E., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Appio Claudio 289, presso lo studio dell’avvocato Giancarlo Germani,

che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

R.R., C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1678/2015 della Corte d’appello di Bologna,

depositata il 12/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso tempestivamente proposto da M.E. e M.L. nei confronti di R.R. e C.R. avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna numero 1678 del 2015 che confermava la sentenza dagli stessi impugnata rigettando il gravame da loro proposto;

– il contenzioso tra le parti era insorto nel 2002 a seguito di citazione notificata da R.R. e C.R. ai convenuti M.E.L. e C. avanti al Tribunale di Parma al fine di sentire accertare la linea di confine che separava il fondo rustico degli attori da quello limitrofo dei convenuti;

– costituitisi nel giudizio i convenuti avevano dedotto che la linea di confine tra i fondi andava identificata con quella segnata dal paletti infissi nel terreno e corrispondente al contenuto di un accordo intervenuto con il precedente proprietario B.L.;

– i convenuti eccepivano inoltre l’usucapione della striscia di terreno oggetto di causa formulando, a tal fine, domanda riconvenzionale;

– all’esito dell’istruttoria documentale e testimoniale nonchè di CTU il Tribunale di Parma in accoglimento della domanda attorea determinava il confine tra i fondi limitrofi secondo la linea raffigurata nella planimetria allegata sub G alla consulenza tecnica d’ufficio e, per quanto ancora di interesse, rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione svolta dai convenuti;

– proposto gravame da parte di questi ultimi che lamentavano l’erroneo ricorso alle risultanze catastali per individuare la linea di confine, a discapito della valorizzazione dello stato di fatto come emerso dagli accertamenti peritali e dalle dichiarazioni testimoniali, la Corte d’appello di Bologna ha ritenuto infondate le critiche mosse alla sentenza di primo grado;

– in particolare, la corte bolognese ha sottolineato la condivisibilità delle valutazioni svolte dal giudice di prime cure laddove ha ritenuto che il confine assuntivamente rappresentato dai paletti in legno, non presentava caratteri di certezza rispetto all’epoca della loro collocazione come desumibile dal materiale istruttorio e dalla CTU;

– le risultanze processuali non avallavano la prospettazione dei convenuti i quali avevano sostenuto che la presenza dei paletti in loco fosse conseguenza di un accordo intervenuto quarant’anni prima fra il padre della teste B. e il nonno dei convenuti M., accordo avente ad oggetto il reciproco scambio di una certa quantità di terreno fra gli allora proprietari;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta sulla base di due motivi;

– non hanno svolto attività difensiva gli attori originari odierni intimati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si censura la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di merito illegittimamente privilegiato la prova costituita dalle mappe catastali rispetto alle testimonianze ed alle risultanze peritali;

– con il secondo motivo si censura il rigetto della domanda riconvenzionale di accertamento dell’intervenuta usucapione della striscia di terra oggetto di lite per effetto di occupazione e e lavorazione per aratura ultraquarantennale dei fondi, a seguito di errata valorizzazione della circostanza relativa all’epoca di apposizione dei paletti, trascurando di valutare le prove testimoniali discusse e, in particolare, quella della teste B.;

– i motivi strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili;

– come costantemente ribadito da questa Corte, la motivazione può essere oggetto di sindacato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, nei limiti in cui sia denunciato l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);

– ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. Un. N. 8053/2014);

– pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali e fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

-nel caso di specie il ricorrente censura la motivazione della decisione della corte territoriale non dal punto di vista dell’omesso esame di un fatto principale o secondario decisivo ma, al contrario, contesta il ragionamento svolto dalla corte nell’esame delle risultanze probatorie per non avere privilegiato – come auspicato dai convenuti – la presenza dei paletti piuttosto che le indicazioni provenienti dalle mappe catastali, ragionamento insindacabile da parte del giudice di legittimità nella forma oggetto di denuncia;

– l’inammissibilità di entrambi i motivi comporta l’inammissibilità del ricorso;

– nulla va disposto sulle spese di lite stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dei contro ricorrenti;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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