Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17464 del 01/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 01/09/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 01/09/2016), n.17464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11290-2015 proposto da:

ENTE AUTONOMO VOLTURNO SRL in persona del rappresentante legale pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’Avvocato LUIGI HORILLO, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GIUSEPPE MARIA MONDA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

nonchè contro

I.S.;

– intimato-

avverso la sentenza n. 7043/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

14/10/2014, depositata il 27/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. MANCINO ROSSANA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380 – bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. Il lavoratore attualmente intimato, dipendente della s.r.l. Circumvesuviana, azienda concessionaria del servizio di trasporto regionale, con mansioni di conducenti di autobus addetto sia alla guida che al rilascio dei biglietti con incasso (agente unico), ha agito per il riconoscimento del diritto alle differenze economiche per il mancato adeguamento della predetta indennità nel tempo.

3. La controversia riguarda esclusivamente i criteri di calcolo di tale indennità: il datore di lavoro sostiene la correttezza del proprio comportamento alla stregua degli accordi in materia e della contrattazione collettiva nazionale che ne ha sancito il congelamento.

4. La tesi del lavoratore ravvisa nelle fonti regionali, normative e deliberative, che hanno proposto il sistema dell’agente unico, il riferimento normativo dal quale evincere il sistema di contabilizzazione dell’emolumento del quale, con accordo aziendale del 18.11.1988, le OO.SS. e la Circumvesuviana avevano espressamente stabilito l’adeguamento a quanto previsto dalla normativa regionale secondo le date dalla stessa previste.

5. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, ha accolto il gravame svolto dal lavoratore riconoscendo il diritto al preteso adeguamento.

6. Avverso tale sentenza l’Ente Autonomo Volturno (E.A.V) s.r.l. (società incorporante la s.r.l. Circumvesuviana), ha proposto ricorso per Cassazione, affidato ad un articolato motivo.

7. Il lavoratore è rimasto intimato.

8. Come statuito dalla Corte in numerosi precedenti aventi ad oggetto la medesima pretesa retributiva e proposti con ricorsi del tutto sovrapponibili (per tutte, v, tra le più recenti, Cass. 71/2016), nel ricorso all’esame, richiamati, per relationem, passaggi salienti della sentenza impugnata, vengono genericamente devoluti, dalla parte ricorrente, mezzi d’impugnazione affidati, in rubrica, a mera clausola di stile, evocative della generica “non corretta interpretazione delle norme di diritto applicabili alla fattispecie” (così in ricorso) senza che al compendio delle generiche censure facciano seguito le previsioni, negoziali collettive e normative, che si reputano disattese dalla Corte territoriale.

9. In altre parole, nella pur ampia illustrazione della complessa vicenda, non viene enunciato e chiarito il fondamento normativo e negoziale collettivo, nazionale o aziendale, disatteso dalla Corte territoriale nell’accogliere la domanda del lavoratore.

10. Ebbene, pur aderendo all’orientamento giurisprudenziale (Cass. 26091/2005) secondo cui l’indicazione delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità della censura, occorre comunque tener presente che si tratta di un elemento richiesto al fine di identificare i limiti dell’impugnazione, ragion per cui la mancata indicazione delle disposizioni di legge o delle fonti negoziali collettive può comportare l’inammissibilità della doglianza qualora gli argomenti addotti, così come avviene nel caso di specie, operando una irrituale ed equivoca commistione tra fonti giuridiche diverse, non consentano di individuare quali siano, ad avviso della parte ricorrente, le norme, legali o pattizie, che si assumono violate.

11. Inoltre, è appena il caso di osservare che, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, essendo il giudizio di cassazione un giudizio a critica vincolata, la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (cfr., Cass. n. 18202/2008).

12. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, peraltro ribadito in precedenti specifici con riferimento a ricorsi proposti dalla medesima società (v., fra le altre, Cass. 21051/2014 e, da ultimo, Cass. 71/2016 cit.), il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo.

13. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (cfr., explurimis, Cass., 359/2005 e successive conformi).

14. In definitiva il ricorso deve dichiararsi inammissibile.

15. Non si provvede alla regolamentazione delle spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva.

16. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

17. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da dichiararsi inammissibile, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2016

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