Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17462 del 28/06/2019
Cassazione civile sez. VI, 28/06/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 28/06/2019), n.17462
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27013-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
L.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3309/48/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della CAMPANIA, depositata ii 10/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO
MOCCI.
Fatto
RILEVATO
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che aveva accolto l’appello di L.A. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Caserta. Quest’ultima aveva rigettato l’impugnazione del contribuente avverso l’avviso di liquidazione per IRPEF, per l’anno 2010.
Diritto
CONSIDERATO
che il ricorso è affidato a due motivi;
che col primo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare l’inammissibilità del ricorso introduttivo, perchè tardivo;
che, col secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 37, 41 bis e 43,dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, degli artt. 113 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4;
che, infatti, la CTR avrebbe erroneamente escluso la qualità di socio di fatto della s.r.l. Goldfire in capo al contribuente, violando altresì i principi in materia di valutazione delle prove e di ripartizione dell’onere probatorio;
che l’intimato non si è costituito;
che il primo motivo è fondato;
che, in materia di contenzioso tributario, il termine previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 1, per la proposizione del ricorso giudiziale avverso il provvedimento impositivo è, per sua natura, di carattere perentorio, sicchè, venuto esso a scadenza, risulta irrilevante il successivo contegno del convenuto, stante l’imperatività ed indisponibilità delle norme in materia di decadenza. A tale stregua, la costituzione della parte convenuta, se ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3,può sanare vizi inerenti la notificazione dell’atto introduttivo, in quanto prova l’uguale raggiungimento dello scopo perseguito dalle norme che regolano tale notificazione, comunque non vale ad inficiare a posteriori la definitività del provvedimento impositivo, stante l’avvenuta perdita del diritto d’impugnarlo, venendo altrimenti detta costituzione sostanzialmente a tradursi in un’inammissibile ipotesi di rimessione in termini (Sez. 5, n. 12338 del 24/05/2006);
che, in effetti, l’esame del fascicolo di merito ha consentito di acclarare che l’avviso di accertamento è stato notificato al contribuente il 13 novembre 2014, mentre il ricorso risulta spedito con raccomandata il 7 aprile 2015, ben oltre i sessanta giorni previsti dalla legge;
che il secondo motivo resta assorbito;
che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito, con la reiezione del ricorso introduttivo;
che le spese del giudizio devono essere interamente compensate con riguardo al merito, mentre quelle di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo.
Compensa le spese del giudizio di merito e condanna il L. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 3.500, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019