Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17462 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. VI, 23/07/2010, (ud. 05/07/2010, dep. 23/07/2010), n.17462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.E.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI 23, presso lo studio

dell’avvocato IVELLA ENRICO, rappresentata e difesa dall’avvocato BENDINELLI PAOLO,

giusta mandato a margine del ricorso per regolamento di competenza; – ricorrente –

contro

T.G., INTESA SAN PAOLO SPA – Filiale di (OMISSIS) e FILIALE di (OMISSIS); – intimati –

avverso il provvedimento R.G. 1665/09 del TRIBUNALE di BERGAMO del 22.7.09,

depositato il 03/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2010

dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. C.V.E., con atto di pignoramento notificato il 25 giugno 2009 in forza di precetto basato su tre diversi titoli esecutivi per crediti di mantenimento della prole comune, pignorava i crediti vantati dal marito separato T.G. verso la Intesa San Paolo s.p.a., presso le Filiali della stessa di (OMISSIS).

A seguito dell’udienza per la quale il debitore e le due filiali della Banca erano state citate a comparire ai seni dell’art. 543 c.p.c.e segg. e nella quale era comparsa la sola creditrice procedente, che produceva lettera raccomandata del D.S.O. Ufficio Back Office di (OMISSIS), signor L.S., qualificatosi investito di procura notarile, nella quale si dichiarava l’esistenza di un rapporto di conto corrente bancario presso la Filiale di (OMISSIS) e si assicurava che le relative somme sarebbero state tenute a disposizione in attesa delle determinazioni del Giudice dell’Esecuzione, il Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza riservata del 3 agosto 2009 dichiarava l’incompetenza territoriale del foro di Bergamo e l’improcedibilita’ dell’azione esecutiva che fa venir meno qualsiasi vincolo pignoratizio, nel presupposto che la dichiarazione della terza pignorata s.p.a. Intesa San Paolo provenisse da una persona giuridica, avente sede legale in (OMISSIS) e sedi secondarie in (OMISSIS) e, quindi, non avente alcun rapporto con il foro di Bergamo ai sensi dell’art. 19 c.p.c.ne’ sotto il profilo della sede ne’ sotto il profilo dell’esistenza di uno stabilimento con rappresentante autorizzato a stare in giudizio.

2. Avverso detta ordinanza la C. ha proposto istanza di regolamento di competenza notificandola al debitore ed alla terza debitrice preso l’una e l’altra filiale.

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.

Essendosi palesate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c.e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c.sono state svolte le seguenti testuali considerazioni:

“… 3.- Il ricorso per regolamento di competenza appare inammissibile per le ragioni esposte al punto successivo.

4. Le ragioni dell’inammissibilita’ dell’istanza di regolamento di competenza sono le seguenti.

Il Tribunale quale giudice dell’esecuzione ha ritenuto di declinare la propria competenza sul processo di esecuzione forzata, rilevandone l’insussistenza d’ufficio – come poteva fare, trattandosi di competenza territoriale inderogabile (art. 28 c.p.c.) e, quindi soggetta a rilievo d’ufficio (art. 38 c.p.c.) – nel presupposto che nel foro di Bergamo non si configurasse la competenza sull’esecuzione ai sensi dell’art. 26 c.p.c., comma 2.

Il provvedimento adottato ha chiuso il processo esecutivo davanti al detto Tribunale e per tale ragione, riguardo ad esso, si potrebbe pensare che abbia assunto il valore di sentenza in senso sostanziale di accertamento della insussistenza della competenza, onde il rimedio del regolamento di competenza si potrebbe dire ammissibile per questa ragione, cioe’ intendendo il detto provvedimento come una sentenza in senso sostanziale sulla competenza.

Senonche’ questo supporrebbe che al provvedere del giudice dell’esecuzione nell’esercizio delle sue funzioni e, quindi, nell’esercizio della giurisdizione esecutiva, consegua la trasposizione del provvedimento sul piano della cognizione, posto che e’ dalla giurisdizione cognitiva che nasca la sentenza e, quindi, anche la sentenza sulla competenza.

Per giustificare una simile evoluzione dall’esecuzione alla cognizione, tanto piu’ strana perche’ l’approdo a quest’ultima si verificherebbe solo con il provvedimento, occorre trovare giustificazioni e riscontri sul piano normativo.

Le quali non ci sono e sono anzi escluse dalla possibilita’ di individuare una diversa soluzione, che sembra apparire piu’ giustificata proprio dal rapporto che l’ordinamento ha previsto fra esercizio della giurisdizione esecutiva ed esercizio della giurisdizione sullo svolgimento della prima.

Si debbono fare le seguenti osservazioni.

Nel disegno del Codice di procedura civile del 1940 non esiste una precisa disciplina del modo in cui il giudice dell’esecuzione possa e debba rilevare, d’ufficio o su istanza delle parti del processo esecutivo, e, quindi, per ragioni di interesse del debitore o del soggetto esecutato, l’incompetenza sull’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 26 c.p.c.Non e’ detto con quale forma debba, quindi, decidere a seguito del rilievo. Ne’ e’ detto con quale forma la relativa decisione possa essere impugnata.

Sotto i primi due aspetti si deve ritenere che il rilievo dell’incompetenza debba avvenire con la forma normale dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione, cioe’ con un’ordinanza (art. 487 c.p.c.) e, dovendo la disciplina dinamica della competenza anche in questo caso soggiacere a regole similari a quelle dell’art. 38 c.p.c, si deve reputare che il rilievo supponga l’esistenza di un’udienza in cui le parti abbiano possibilita’ di interloquire, che sara’ la prima di cui il giudice dell’esecuzione sia investito, o per provvedere su istanza di parte o secondo la normale scansione della procedura, come nel caso del pignoramento presso terzi, nel quale e’ fisiologico che vi sia un’udienza di comparizione per la quale il terzo ed il debitore sono citati. Tale udienza, sul piano funzionale, si deve identificare con l’equivalente della prima udienza di trattazione cui alludeva l’art. 38 c.p.c., comma 1prima della modifica di cui allaL. n. 69 del 2009(ed ora la stessa norma, come modificata da tale legge, al comma 3).

Quanto all’aspetto dell’impugnazione del provvedimento di rilievo della incompetenza (ma la stessa soluzione deve valere per quello affermativo della competenza) si deve pensare che tale provvedimento debba ricevere il normale trattamento dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione e che, quindi, sia suscettibile di essere impugnato attraverso il mezzo con cui la parte del processo esecutivo puo’ provocare l’intervento della giurisdizione cognitiva sull’operare del giudice dell’esecuzione, cioe’ l’opposizione agli atti esecutivi.

Tale conclusione si giustifica considerando che la competenza ai sensi dell’art. 26 non e’ nient’altro che un requisito che concerne il quomodo dell’esecuzione e che, quindi, il provvedimento che la neghi o l’affermi e’ provvedimento certamente riconducibile all’ambito del secondo comma dell’art. 617 c.p.c.In presenza di un rimedio generale contro i provvedimenti del giudice dell’esecuzione inerenti il quomodo della pretesa esecutiva, una diversa soluzione, che cioe’ prescinda dal meccanismo dell’attivazione di un controllo tramite un procedimento cognitivo, qual e’ l’opposizione agli atti, dovrebbe rinvenire non solo una qualche giustificazione sul piano logico in generale, ma trovarla, inoltre, sul piano dei principi ed all’uopo il ricorso alla categoria generale della c.d. sentenza in senso sostanziale per qualificare come tale il provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 487 c.p.c.e, quindi, nell’esercizio della giurisdizione esecutiva, si palesa non soltanto privo di alcun appiglio normativo anche indiretto, ma anche del tutto eccentrico rispetto alla regola seguita dal legislatore di ammettere che il controllo sull’esercizio della giurisdizione esecutiva in punto di modalita’ di svolgimento avvenga tramite l’introduzione di un giudizio cognitivo, quale l’opposizione agli atti.

Si deve, poi, rilevare che nel tessuto originario del codice, ancora oggi rimasto immutato sul punto, vi e’ una norma, l’art. 187 disp. att., la quale, nel ribadire l’inimpugnabilita’ della sentenza che decide l’opposizione agli atti, faceva salva come fa salva l’esperibilita’ del regolamento di competenza a norma dell’art. 42 c.p.c.e segg.. Norma questa che il sopraggiungere della Costituzione e, quindi, dell’applicabilita’ del rimedio del ricorso straordinario per violazione di legge (ed ora, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 360 c.p.c., anche per vizio di motivazione) non aveva perso efficacia, tenuto conto che l’esperibilita’ del rimedio del regolamento di competenza e’ soggetto quoad termine a regole parzialmente diverse da quella del ricorso straordinario.

E’ ben vero che sentenza sulla competenza in un giudizio di opposizione agli atti e’ in primo luogo quella che decida sulla sussistenza o meno della competenza del giudice adito con l’opposizione stessa, ma non puo’ sottovalutarsi che sentenza resa su questione di competenza in sede di opposizione agli atti e’ anche quella che decida sul provvedimento con cui il giudice abbia negato o affermato la competenza ai sensi dell’art. 26 c.p.c.Onde e’ da credere che, ancorche’ implicita, la soluzione cui aveva pensato il legislatore del ‘40 era quella qui argomentata.

In definitiva, dunque, in un sistema che prevede un mezzo di controllo generalizzato quale l’opposizione agli atti sul modo di attuazione della pretesa esecutiva, il vuoto di specifica previsione presente nel Codice in ordine al profilo della questione di competenza ai sensi dell’art. 26, sembra doversi risolvere inserendo la tutela al riguardo nell’ambito del detto mezzo.

Puo’ semmai apparire opportuna qualche precisazione sulla regolamentazione che deve avere il provvedimento del giudice dell’esecuzione che dichiari o affermi la competenza sull’esecuzione, qualora l’opposizione agli atti non venga proposta. Nel primo caso la questione resta definitivamente preclusa e non potra’ essere piu’ considerata nel successivo svolgimento del processo esecutivo. Nel secondo caso, non esistendo ragioni per le quali l’incompetenza debba ridondare sull’atto di inizio dell’esecuzione, esso (e, quindi, nel caso di espropriazione presso terzi, il pignoramento, restera’ salvo) e il processo esecutivo potra’ riassumersi presso il giudice indicato come competente, nulla ostando ad un’applicazione del meccanismo della translatio di cui all’art. 50 c.p.c.E semmai, occorrera’ tenere presente che il giudice dell’esecuzione davanti al quale il processo sara’ riassunto, vertendosi in tema di competenza territoriale inderogabile, potrebbe verosimilmente (ma non e’ questa questione su cui ci si deve soffermare in questa sede) elevare conflitto ai sensi dell’art. 45 c.p.c.Ove, poi, la questione di competenza venga decisa con l’opposizione agli atti e non venga proposto regolamento di competenza e sia stata dichiarata l’incompetenza, parimenti il processo esecutivo potra’ riassumersi davanti al giudice indicato come competente, che potrebbe (ma ancora una volta lo si osserva dubitativamente, dato che non rileva in questa sede) ancora una volta esercitare il potere di cui all’art. 45 c.p.c.La diversa soluzione della sentenza in senso sostanziale, talora, ma senza particolare approfondimento od in modo implicito, avallata dalla giurisprudenza della Corte (si vedano, fra altre:Cass. n. 8920 del 2002;n. 15579 del 2000;n. 11314 del 1999;n. 8152 del 1999;n. 9016 del 1997;n. 1191 del 1996;n. 12016 del 1995) appare molto piu’ creativa e distonica rispetto al sistema e, soprattutto, non spiega come un provvedimento emesso nell’esercizio delle funzioni di giudice dell’esecuzione possa assumere, alla stregua del criterio della sentenza in senso sostanziale, valore di esercizio della funzione cognitiva.

D’altro canto, la giurisprudenza della Corte, piu’ recentemente, si e’ mossa nel senso qui sostenuto (si vedano:Cass. n. 17444 del 2004, secondo cui: Non e’ proponibile il regolamento di competenza contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione di negazione della propria competenza, posto che, stante la particolare natura e struttura del processo di esecuzione, va esclusa l’applicabilita’ nel medesimo, in via generale, delle impugnazioni previste per il processo di cognizione, e quindi anche del regolamento di competenza;

ne consegue che gli eventuali vizi che riguardano detto provvedimento possono essere fatti valere, oltre che attraverso l’istanza di revoca, solo attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, atteso che l’errore sulla competenza puo’ essere considerato come rientrante nel concetto di “irregolarita’” di cui all’art. 617 c.p.c.; Cass. n. 18772 del 2005;n. 18019 del 2002; n. 15597 del 2002;n. 4989 del 2001;n. 5962 del 2001, secondo cui: Il giudice dell’esecuzione (mobiliare o immobiliare) e’ per definizione carente del potere di emettere sentenze o comunque decisioni con carattere di definitivita’ e, segnatamente, sentenze affermative o declinatorie della competenza dell’ufficio al quale appartiene. Deve, conseguentemente, escludersi che il provvedimento con il quale lo stesso disponga la prosecuzione del giudizio dinanzi a se o dinanzi ad altro giudice (ritenuto competente per materia, per valore o per territorio) possa essere impugnato con il regolamento di competenza, trattandosi di provvedimento emesso nell’esercizio dei poteri ordinatori del processo esecutivo, impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi in forza del generale principio secondo cui i vizi dei provvedimenti giudiziari che, avuto riguardo al potere con essi concretamente esercitato ed al loro contenuto, corrispondono ad uno schema configurato dalla legge processuale, possono essere fatti valere solo attraverso i rimedi per essi specificamente predisposti dalla legge stessa.).

In particolare,Cass. n. 17444 del 2004- a differenza delle altre decisioni che concernevano casi nei quali il giudice dell’esecuzione aveva affermato la propria competenza – si e’ riferita proprio ad un’ipotesi in cui, come nella presente fattispecie, il giudice dell’esecuzione si era dichiarato incompetente.

5. – L’istanza sembra, dunque, doversi dichiarare inammissibile.

5.1. – Ove il Collegio, viceversa, dovesse convincersi che e’ possibile ricorrere al concetto di sentenza in senso sostanziale sulla competenza, l’istanza parrebbe fondata alla luce della giurisprudenza citata dalla ricorrente, posto che da tempo e’ stato deciso che la filiale o succursale di un istituto bancario e’ da equipararsi ad uno stabilimento della persona giuridica con rappresentante autorizzato a stare in giudizio (si veda gia’Cass. n. 3319 del 1996) e, dunque, erroneamente il Tribunale avrebbe dichiarato la propria incompetenza ai sensi dell’art. 26 c.p.c., comma 2.

2. Il Collegio, letta la relazione condivide le argomentazioni e le conclusioni della stessa in punto di inammissibilita’ del ricorso per regolamento di competenza, le quali si fondano su un’ampia considerazione dello stato della giurisprudenza della Corte e prendono posizione a favore dell’orientamento piu’ recente affrontando funditus e con approccio sistematico le ragioni che militano a favore della conclusione della inammissibilita’, tra l’altro sottolineando che l’opposto orientamento non aveva sostenuto la tesi dell’ammissibilita’ con uno specifico apparato argomentativo.

L’istanza di regolamento di competenza e’, dunque, dichiarata inammissibile sulla base del seguente principio di diritto: Poiche’ la competenza ai sensi dell’art. 26 non e’ nient’altro che un requisito che concerne il quomodo dell’esecuzione, il provvedimento del giudice dell’esecuzione che la neghi o l’affermi e’ provvedimento certamente riconducibile all’ambito dell’art. 617 c.p.c., comma 2e non gia’ espressione della giurisdizione cognitiva. Ne consegue che contro detto provvedimento non e’ proponibile il regolamento di competenza e va esclusa l”applicabilita’, in via generale, delle impugnazioni previste per il processo di cognizione. Gli eventuali vizi che riguardano detto provvedimento possono essere fatti valere, oltre che attraverso l’istanza di revoca rivolta al giudice dell’esecuzione, solo attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, atteso che l’errore sulla competenza puo’ essere considerato come rientrante nel concetto di “irregolarita’” di cui all’art. 617 c.p.c.”., La ricorrente avrebbe, dunque, dovuto reagire contro il provvedimento qui impugnato con il mezzo dell’opposizione agli atti esecutivi.

3. Peraltro, avendo la ricorrente provveduto all’adempimento di cui all’art. 47 c.p.c., comma 3, cioe’ alla proposizione dell’istanza di rimessione a questa Corte del fascicolo del giudice a quo ed essendosi, ai sensi dell’art. 48 c.p.c., verificata la sospensione del processo nel quale l’istanza di regolamento e’ stata, pur inammissibilmente richiesta, si deve rilevare quanto segue. Poiche’ l’ordinanza qui impugnata venne comunicata il 31 agosto 2009 e l’istanza e’ stata presentata il giorno 8 agosto 2009 (come risulta dall’istanza depositata), il termine per l’opposizione agli atti, quale termine relativo ad un mezzo di tutela giurisdizionale interno al processo esecutivo, rimase sospeso da quel giorno e, pertanto, a far tempo dalla comunicazione del deposito della presente, per effetto del venir meno della sospensione conseguita ai sensi dell’art. 48 c.p.c., riprendera’ a decorrere per la sua durata residua, cioe’ per dodici giorni. Onde la ricorrente potra’ proporre tempestivamente entro tale residuo termine l’opposizione agli atti.

Va rilevato che quanto affermato non confligge con il principio di consumazione del diritto impugnazione, atteso che l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c.non e’ un mezzo di impugnazione in senso tecnico, cioe’ diretto contro una sentenza o comunque contro una sentenza in senso sostanziale, bensi’ contro un atto o un provvedimento del giudice dell’esecuzione.

Al riguardo, va affermato il seguente principio di diritto: qualora avverso un provvedimento del giudice dell’esecuzione, denegatorio od affermativo della competenza, sia stata proposta un’istanza di regolamento di competenza, mezzo di impugnazione inammissibile contro detto provvedimento, suscettibile invece di opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., ove al momento della sospensione del processo ai sensi dell’art. 48 c.p.c.il termine per la proposizione di detta opposizione (non potendosi applicare il principio di consumazione del diritto di impugnazione, per non essere tale opposizione un mezzo di impugnazione in senso tecnico, non dirigendosi avverso una sentenza) non si fosse ancora consumato, essa e’ proponibile entro il residuo termine (che era rimasto sospeso), decorrente dalla comunicazione del deposito dell’ordinanza di decisione del regolamento di competenza.

Il Collegio ritiene, inoltre, di precisare quanto segue, nell’esercizio dei poteri riconosciuti alla Corte, in sede di decisione sull’istanza di regolamento di competenza, dall’art. 49 c.p.c., comma 2, ultimo inciso.

Ove la ricorrente, nel proporre l’eventuale opposizione agli atti, non riuscisse a rispettare il residuo termine non ancora decorso e, tuttavia, presentasse l’opposizione entro venti giorni dalla comunicazione del deposito della presente, la Corte ritiene di concederle la rimessione in termini per il periodo decorso fino al momento del verificarsi della sospensione di cui all’art. 48 c.p.c., atteso che ne ricorrono i presupposti giustificativi per resistenza del richiamato contrasto di giurisprudenza in seno alla Corte.

Il giudice a quo, dunque, dovra’ considerare comunque tempestiva l’opposizione eventualmente proposta avverso l’ordinanza qui impugnata se depositata entro venti giorni dalla comunicazione del deposito della presente.

4. Non e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di regolamento di competenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile l’istanza di regolamento di competenza.

Provvedendo ai sensi dell’art. 49 c.p.c., comma 2, ultimo inciso concede alla ricorrente termine di giorni venti dalla comunicazione del deposito della presente ordinanza per l’eventuale proposizione al giudice a quo dell’opposizione agli atti esecutivi contro l’ordinanza qui impugnata. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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