Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17462 del 14/07/2017

Cassazione civile, sez. trib., 14/07/2017, (ud. 19/01/2017, dep.14/07/2017),  n. 17462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14089/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 29/2011 della COMM. TRIB. REG. della SICILIA,

depositata il 13/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto il rinvio a

nuovo ruolo per produrre la cartolina di avvenuta notifica;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che nulla oppone alla richiesta di rinvio e nel

merito l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. T.G. proponeva ricorso dinanzi alla C.T.P. di Agrigento avverso l’avviso di accertamento emesso, in relazione all’anno di imposta 2004, dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Canicattì – sulla base degli studi di settore, con il quale venivano accertati, ai fini IRPEF, IVA ed IRAP, maggiori ricavi (Euro 357.468,00) rispetto a quelli dichiarati (Euro 275.295,00).

2. La commissione tributaria respingeva il ricorso.

3. Proposto appello dal contribuente, la C.T.R. della Sicilia, con sentenza del 13 aprile 2011, in accoglimento del gravame, annullava l’avviso di accertamento impugnato, sul rilievo che il contribuente avesse offerto valida prova circa le cause che avevano determinato lo scostamento rispetto a quanto emerso dall’accertamento analitico-induttivo.

4. Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’intimato non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per avere la C.T.R. accolto l’appello del contribuente sull’implicito ed errato presupposto per il quale sarebbe stato onere dell’Ufficio quello di provare – pur in presenza di un reddito inferiore a quello derivante dai parametri degli studi di settore – l’origine del maggior reddito accertato.

2. Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 2697 c.c., comma 1, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, nonchè D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per non avere il giudice di appello considerato idonei a fondare la pretesa impositiva gli strumenti parametrici previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, nonostante le presunzioni ad essi correlate.

3. Con il terzo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, per non avere la C.T.R. considerato che, nella specie, le gravi incongruenze richieste dalla legge per poter procedere all’accertamento induttivo risultavano compiutamente integrate dagli elementi di fatto derivanti dallo studio di settore, presentato dallo stesso contribuente, ed applicato dall’Ufficio.

4. Con il quarto motivo si deduce “insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. Sostiene la ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata, a fronte delle specifiche allegazioni dell’Ufficio, non dava conto degli elementi e delle ragioni che avevano portato la C.T.R. a ritenere non integrate le presunzioni legittimanti l’accertamento analitico-induttivo.

5. Il ricorso è inammissibile.

Questa Corte ha osservato (sent. n. 1926 del 2015) che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di Cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito; il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa.

Il ricorso in esame non appare conforme al principio di diritto sopra richiamato, posto che nell’esposizione del fatto non risultano adeguatamente specificate le deduzioni svolte dalle parti in relazione alla vicenda processuale e alle questioni dibattute; difetta, soprattutto, l’indicazione delle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata sulle quali è sollecitato il vaglio critico del giudice di legittimità. Gli errores in iudicando denunciati dalla ricorrente sono supportati da ampi riferimenti giurisprudenziali, privi, tuttavia, di specifica correlazione con le argomentazioni della sentenza che si intendono censurare, neppure sinteticamente riportate, impedendo così a questa Corte di valutare appieno le doglianze formulate in relazione al corredo motivazionale della decisione impugnata.

In ogni caso, va rilevato che la C.T.R., con accertamento in fatto non censurabile in sede di legittimità in quanto congruamente motivato, ha ritenuto che il contribuente avesse addotto concreti elementi (i rapporti intrattenuti esclusivamente con enti pubblici, l’emissione di fatture per ottenere il pagamento delle prestazioni, la necessità di praticare consistenti ribassi d’asta per conseguire l’aggiudicazione degli appalti) idonei a giustificare lo scostamento della propria posizione reddituale rispetto a quanto emerso dall’accertamento standardizzato.

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Stante l’assenza di attività difensiva dell’intimato, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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