Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17461 del 22/08/2011

Cassazione civile sez. I, 22/08/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 22/08/2011), n.17461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27695/2006 proposto da:

CURATELA FALLIMENTARE LUCIANO PETRINI & C. S.N.C. + 4

ESTENSIONE

SPORT CLUB TRE S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del Curatore

fallimentare rag. R.S., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata

e difesa dall’avvocato MASSETTI Margherita, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BORMIDA 34, presso l’avvocato AMICI

FRANCESCO, rappresentata e difesa dall’avvocato CARDOLA Ivana, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 370/2006 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/05/2011 dal Presidente Dott. DONATO PLENTEDA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.M. con atto 12 agosto 1994 convenne dinanzi al tribunale di Fermo la sorella I. perchè fossero con sentenza ex art. 2932 c.c., trasferiti i diritti della convenuta su alcuni immobili in (OMISSIS) giusta preliminare del 19 settembre 1991 e fosse condannata al risarcimento del danno.

La convenuta giustificò il rifiuto alla stipula con alcuni inadempimenti di controparte.

Il giudizio, interrotto per il fallimento della convenuta quale soda illimitatamente responsabile della società Luciano Petrini e C. snc in estensione del fallimento della società Sport Club Tre srl, fu poi riassunto e il tribunale con sentenza 17 gennaio 2005, nonostante il curatore del fallimento avesse dichiarato di sciogliersi dal contratto, accolse la domanda, che qualificò essere diretta all’accertamento giudiziale del trasferimento della proprietà, dopo avere accertato la autenticità delle sottoscrizioni apposte sulla scrittura privata.

La corte di appello di Ancona con sentenza 10 giugno 2006 ha respinto l’appello proposto dal fallimento, rilevando che il curatore non aveva contestato la scrittura nè nel contenuto nè nelle sottoscrizioni, bensì la opponibilità al fallimento per l’incertezza della data, salvo ad ammettere che era comunque anteriore al fallimento, allorchè aveva riconosciuto che la citazione era stata notificata e trascritta nel periodo sospetto.

Quanto alla deduzione che si fosse trattato di un preliminare di compravendita, in relazione al quale era stata esercitata la facoltà di scioglimento, ha rilevato la sentenza che le espressioni contenute nella scrittura sono di segno diverso, lasciando propendere per la definitività del negozio.

Propone ricorso con un motivo, illustrato da memoria, il curatore del fallimento; resiste con controricorso V.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Denunzia con l’unico motivo il fallimento il vizio di omessa o insufficiente motivazione e la violazione dell’art. 1362 c.c..

Lamenta che la corte territoriale abbia da un lato attribuito rilevanza a espressioni della scrittura, quali “cessione di diritti immobiliari” e “dichiara di vendere” e ne abbia svalutato altre estrinseche all’atto, quali la mancanza di data certa e l’intento di ledere le ragioni dei creditori, mancando così di indagare sulla comune volontà delle parti, attraverso il comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

Osserva che nessun rilievo può essere attribuito al pagamento del prezzo, a fronte del fatto che la causa fosse stata introdotta nel 1994, benchè la scrittura privata fosse di molti anni prima, e del fatto che l’attrice aveva svolto l’azione ex art. 2932 c.c., elementi che deporrebbero per il contratto preliminare; unitamente a quelli desumibili dalle difese della convenuta, che non si era opposta al trasferimento della proprietà, facendo tuttavia valere con la riconvenzionale la pretesa nei confronti di controparte, acchè gravassero su questa i maggiori costi dell’atto pubblico, le imposte medio tempore sostenute e l’Invim sul maggior valore assunto dagli immobili.

Il ricorso è inammissibile, in quanto carente del quesito di diritto e della specificazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa, nonchè delle ragioni per le quali la insufficienza la renderebbe inidonea a giustificare la decisione, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., in vigore ratione temporis (la sentenza è successiva al 2 marzo 2006 e il ricorso ha preceduto la sua abrogazione, avvenuta in data 4 luglio 2009).

La norma infatti stabilisce che “nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, la illustrazione di ciascun motivo deve contenere a pena di inammissibilità la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.

E’ giurisprudenza di questa Corte secondo cui, al fine di rendere appropriato il motivo con il quale si denunzia il vizio di motivazione, è necessario che la illustrazione venga corredata da una sintetica esposizione del fatto controverso, degli elementi valutati in mondo illogico e logicamente trascurati, del percorso in base al quale si sarebbe dovuto pervenire alla decisione se l’errore non vi fosse stato. La censura infatti deve contenere un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto contemplato per le ipotesi di denunzia di violazione di norme di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. SS.UU. 25.117/2008; 26.014/1008; 20603/2008;

Cass.4556/2009; 4589/2009, 8897/2008; 4646/2008; 2652/2008); e deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, al punto che non è possibile ritenere la norma rispettata quando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito di cui si tratta, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assume omessa, contraddittoria o insufficiente la motivazione e quali siano le ragioni per le quali essa è conseguentemente inidonea a sorreggere la motivazione (Cass. 16.002/2007; 4309/2008; 4311/2008; SS.UU. 20603/2007).

Peraltro disatteso risulta anche il disposto dell’art. 369 c.p.c., n. 4, che commina la improcedibilità del ricorso ove non siano depositati gli atti processuali, i documenti e i contratti sui quali si fonda.

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano a carico del ricorrente in Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi e Euro 2000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese processuali in Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi e Euro 2000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2011

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