Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17460 del 14/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 14/07/2017, (ud. 19/01/2017, dep.14/07/2017),  n. 17460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28829/2011 proposto da:

L.P.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO

91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 65/2010 della COMM. TRIB. REG. del PIEMONTE,

depositata l’08/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L.P.P., socio nella misura del 33% della OIKOS COSTRUZIONI s.r.l., impugnò dinanzi alla C.T.P. di Torino l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Pinerolo – aveva accertato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, un reddito di capitale non dichiarato in relazione all’anno di imposta 2001, pari a Lire 246.240.000. L’atto impugnato traeva origine dall’accertamento effettuato nei confronti della società, dal quale erano emersi maggiori ricavi per Lire 738.720.000 quali corrispettivi percepiti in “nero” senza emissione della relativa fattura per la cessione di cinque alloggi.

La C.T.P. accolse parzialmente il ricorso rideterminando in Euro 79.190,06 il reddito di capitale imputabile al socio.

2. La sentenza è stata impugnata in via principale dall’Ufficio e in via incidentale dal contribuente.

La C.T.R. del Piemonte, con decisione dell’8 ottobre 2010, in parziale riforma della sentenza appellata, ha rideterminato il maggiore reddito di capitale attribuibile al contribuente sulla base del maggior reddito accertato in capo alla società.

Rilevato che non ricorreva, nella fattispecie, un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soci e la società, trattandosi di società di capitali e non di persone, il giudice di appello ha osservato che l’accertamento impugnato non si fondava sulle contestate perizie disposte dalla Procura della Repubblica di Pinerolo, ma su un procedimento di ricostruzione logica e di valutazione dei dati raccolti dalla Guardia di Finanza, consistenti nella documentazione fornita dalla società, nelle dichiarazioni rilasciate dagli acquirenti degli immobili dalla stessa venduti, nelle scritture private relative alla compravendita degli immobili. Ha ritenuto, pertanto, la C.T.R. che la non coincidenza tra il prezzo degli immobili dichiarato negli atti di vendita e quello versato era stata provata dall’Ufficio sulla base degli elementi addotti in giudizio, non contraddetti dal contribuente sul quale incombeva l’onere della prova contraria.

3. Avverso detta pronuncia, il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va premesso che questa Corte, con sentenza n. 1125 del 2017, ha rigettato il ricorso proposto dalla OIKOS COSTRUZIONI s.r.l. avverso la sentenza n. 48/29/10 con la quale la C.T.R. del Piemonte, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, ha rideterminato i maggiori ricavi da cessioni immobiliari della società nella misura accertata dall’Agenzia delle Entrate.

2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la ricorrenza di un litisconsorzio necessario tra la OIKOS COSTRUZIONI s.r.l. e i soci, è infondato.

Difatti, diversamente da quanto avviene per le società di persone, il cui regime fiscale è improntato al principio di trasparenza ed i redditi della società sono considerati redditi dei soci, nelle società di capitali non sussiste un simile meccanismo di imputazione dei redditi delle società ai soci – che costituisce, come chiarito da Cass. S.U. n. 14815 del 2008, il presupposto del litisconsorzio originario necessario tra le società di persone e tutti i soci -, salva l’ipotesi non ravvisabile nel caso in esame – in cui i soci di una società di capitali abbiano optato per il regime di trasparenza fiscale ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 116,con conseguente automatica imputazione dei redditi sociali a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi (in termini, Cass. n. 24472 del 2015).

3. Il secondo motivo – con il quale si lamenta che l’avviso di accertamento aveva trasfuso il contenuto delle perizie predisposte dalla Procura della Repubblica di Pinerolo, non utilizzabili perchè effettuate da soggetti che erano in situazione di incompatibilità, e che all’avviso di accertamento non erano stati allegati, seppur richiamati, alcuni documenti relativi ad indagini tecniche effettuate dalla Procura – è infondato, posto che tali atti non assumono rilievo dirimente, in quanto l’accertamento e la decisione assunta dal giudice di appello si fondano su una serie di altri elementi, segnatamente la documentazione fornita dalla società, le dichiarazioni rilasciate dagli acquirenti degli immobili, le scritture private relative agli acquisti immobiliari.

4. Del pari destituito di fondamento è il terzo motivo – con il quale si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, sul rilievo che, nella specie, trattavasi di redditi di capitali e non di partecipazione -, avendo l’Ufficio correttamente proceduto ad accertamento parziale sulla base delle risultanze delle indagini espletate dalla Guardia di Finanza nell’ambito del procedimento penale svoltosi presso la Procura della Repubblica di Pinerolo, da cui erano emersi “maggiori ricavi (…) andati nella disponibilità dei 3 soci”.

5. Anche il quarto motivo – con il quale si assume che l’Ufficio avrebbe operato una doppia imposizione nei confronti della società e dei soci – è infondato, stante la diversità delle imposte cui sono soggetti società e soci.

6. Il quinto motivo – con il quale si deduce che erroneamente sarebbe stata ricompresa nei maggiori ricavi accertati la somma di Lire 15.985.250, relativa a costi non inerenti e non di competenza – è inammissibile per difetto di specificità, non avendo il ricorrente indicato gli elementi necessari ad identificare le operazioni correlate ai costi e a dimostrare l’estraneità della somma in questione all’oggetto dell’accertamento.

7. Con il sesto, settimo ed ottavo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, il ricorrente, in riferimento alla ritenuta distribuzione ai soci dei ricavi societari accertati, sostiene che sarebbe stata applicata, nella specie, una inammissibile doppia presunzione, in quanto i maggiori ricavi attribuiti alla società, essendo stati contestati, non erano divenuti definitivi e non potevano, comunque, considerarsi “in automatico” distribuiti tra i soci nella stessa misura (33%) delle quote sociali dagli stessi sottoscritte.

Le doglianze sono infondate.

La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito (Cass n. 5581 del 2015) che, in ipotesi – ravvisabile nel caso di specie – di società di capitali a ristretta base sociale, è ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili ove sussista, a carico della società medesima, un valido accertamento di utili non contabilizzati, che ricorre anche quando esso derivi dalla quantificazione dei profitti contenuta in altra sentenza, pronunziata nei confronti della società, non ancora passata in giudicato. A fortiori tale principio vale nella fattispecie, essendo stati i ricavi della società definitivamente accertati con la menzionata sentenza di questa Corte n. 1125 del 2017.

Va, inoltre, osservato, che la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale (Cass. n. 15824 del 2016). La suddetta presunzione può essere vinta dal socio dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria (Cass. n. 1932 del 2016), prova in alcun modo fornita dall’odierno ricorrente.

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2017

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