Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1746 del 23/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2019, (ud. 17/09/2018, dep. 23/01/2019), n.1746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6535/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.N.C. L’Effige Designer Outlet di D.S.R., in persona

del l.r.p.t., nonchè D.S.R. e D.S.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4/4/11 emessa il 15/6/2010 dalla Commissione

Tributaria Regionale del Molise, sezione 4, depositata il 21/1/2011

e non notificata;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17/9/2018 dal

Consigliere Giudicepietro Andreina;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Del Core Sergio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’ Agenzia delle Entrate ricorre con un unico motivo avverso la S.N.C. L’Effige Designer Outlet di D.S.R., in persona del l.r.p.t., nonchè avverso D.S.R. e D.S.M., per la cassazione della sentenza n. 4/4/11, emessa il 15/6/2010 dalla Commissione Tributaria Regionale del Molise, sezione 4, depositata il 21/1/2011 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa degli avvisi di accertamento fondati sul p.v.c. della G.d.F. di Isernia del 17/3/2007, con i quali l’Amministrazione determinava per gli anni di imposta 2002, 2003 e 2004 maggiori Irpef, Irap, Iva e relative sanzioni nei confronti della ditta individuale di stireria della sig. D.S.R., della società L’Effige Designer Outlet di D.S.R. s.n.c. e dei due soci ( D.S.R. e D.S.M.), ha accolto l’appello dei contribuenti, ritenendo che nel caso di specie i prelevamenti ed i versamenti bancari sui conti correnti dei soci non evidenziassero operazioni in evasione di imposta.

2. Secondo la C.T.R., i dati risultanti dai conti correnti dei soci non potevano essere utilizzati come indici presuntivi di operazioni commerciali in evasione d’imposta, essendo venuti meno, all’esito del processo penale, i presupposti d’indagine, relativi alle operazioni inesistenti con la ditta fornitrice VD s.r.l., “soprattutto quando risultano indicati i beneficiari degli assegni emessi”.

3. A seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, i contribuenti sono rimasti intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione del giudice di appello, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

1.2. Il motivo è fondato e va accolto.

1.3. E’ utile premettere che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015).

Nel caso di specie, l’Amministrazione Finanziaria, con gli avvisi di accertamento impugnati dai contribuenti, ha recuperato, non solo i costi per le operazioni soggettivamente inesistenti (oggetto del procedimento penale) e relative detrazioni Iva, ma anche i maggiori redditi risultanti dalle movimentazioni bancarie (prelevamenti e versamenti) ingiustificate della società, dei singoli soci e della sig. D.S.R., quale titolare della ditta individuale.

In particolare, quanto alla s.n.c., l’accertamento si incentrava sui conti bancari del sig. D.S.M., le cui movimentazioni in entrata ed in uscita si ritenevano direttamente imputabili alla società, presso cui il socio prestava in maniera esclusiva la propria opera, senza percepire alcun compenso (i conti della società, invece, risultavano privi di movimentazione nel periodo di indagine).

In relazione alla ditta individuale della sig. D.S.R., venivano prese in considerazione le movimentazioni di accredito ed addebito sul conto della titolare e del collaboratore, D.S.V., che risultava essere percettore di soli redditi di pensione.

A norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, le operazioni sui conti correnti del contribuente, sia attive che passive, vanno considerate ricavi, salva la possibilità per il contribuente medesimo di prova contraria in ordine ad eventuali specifici costi deducibili (Cass. n. 25317 del 2014; Cass. n. 4839 del 2017; n. 31024 del 28/12/2017).

In particolare, in ambito societario ed in tema di imposte sui redditi, “lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica, sicchè in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente” (Cass. sent. n. 428/15).

Inoltre, secondo l’ormai consolidato e fermo orientamento di questa Corte, “in tema di accertamenti bancari, poichè il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018).

Il giudice, quindi, è tenuto ad individuare analiticamente la prova fornita dal contribuente sui movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11102 del 05/05/2017).

Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto fondato l’appello dei contribuenti con una motivazione insufficiente ed estremamente generica, facendo riferimento al giudicato assolutorio penale sulla fittizietà delle operazioni con una società fornitrice, senza in alcun modo chiarire per quale motivo ed in che misura tale elemento costituisse una prova contraria idonea ad escludere che le operazioni sui conti correnti, sia attive che passive, costituissero ricavi.

Inoltre, la C.T.R. del Molise ha motivato in maniera insufficiente e generica anche in ordine all’avvenuta dimostrazione dei beneficiari dei prelevamenti effettuati a mezzo assegni, senza specificare quali e quanti assegni contenessero l’indicazione dei beneficiari (ovviamente persona diversa dal traente, perchè in tal caso l’operazione è assimilabile ad un prelievo in contanti) e per quale motivo tale indicazione costituisse prova idonea dell’estraneità di ciascuna delle operazioni di prelievo a fatti imponibili.

1.4. L’accoglimento del motivo di ricorso sotto il profilo del vizio motivazionale comporta l’assorbimento del diverso profilo della violazione di legge, nonchè la cassazione della sentenza impugnata con il rinvio per nuovo esame alla C.T.R. del Molise in diversa composizione, cui è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla C.T.R. del Molise in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2019

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