Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17458 del 22/08/2011

Cassazione civile sez. I, 22/08/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 22/08/2011), n.17458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.S., con domicilio eletto in Roma, Via dei Gracchi n.

191, presso gli Avv.ti DE CASTELLO Valentino e Roberto Volpi che lo

rappresentano e difendono come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.S., quale titolare della impresa individuale con ditta

“DAL CAVALIERE”, fallito, in persona del curatore pro tempore, con

domicilio eletto in Roma, via Dora n. 1, presso l’Avv. Maria Athena

Lorizio rappresentato e difeso dall’Avv. TANDURA Gianfranco come da

procura in atti;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia n.

1888/05 depositata il 25 novembre 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 19 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott.ssa ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

primo motivo di ricorso e per l’inammissibilità o, in subordine, per

il rigetto degli altri;

uditi gli Avv.ti Fabrizio Gizzi, per delega dell’Avv. Del Castello, e

Maria Athena Lorizio per delega dell’Avv. Tandura.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.S., titolare dell’omonima impresa individuale dichiarata fallita dal Tribunale di Belluno in data 2 ottobre 2003, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia che ha rigettato la sua impugnazione avverso la sentenza resa in sede di opposizione al fallimento con la quale il Tribunale ha dichiarato estinto il giudizio per rinuncia dell’opponente.

Il ricorso è affidato a quattro motivi con i quali si censura la decisione della Corte d’appello sotto il profilo della violazione di legge per aver omesso di integrare il contraddittorio con il creditore istante per il fallimento e per aver altresì omesso di pronunciarsi in relazione ad alcune questioni alla stessa sottoposte.

Resiste l’intimata curatela con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso con cui si deduce violazione dell’art. 102 c.p.c., per avere omesso la Corte d’appello di rilevare la necessità di integrare il contraddittorio con il creditore D. che aveva presentato istanza di fallimento è infondato in quanto, come ha evidenziato la curatela controricorrente, il predetto D. aveva rinunciato all’istanza e il fallimento è stato dichiarato d’ufficio, come risulta d’altra parte confermato implicitamente dallo stesso attuale ricorrente che in sede di opposizione (dove il citato creditore è stato convenuto ed è rimasto contumace) ha eccepito l’incostituzionalità della norma che appunto consentiva l’iniziativa d’ufficio. Ciò comporta che il D. non era litisconsorte necessario per cui nessuna violazione deriva dalla sua omessa citazione per il giudizio di appello.

Il secondo motivo con il quale si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice del gravame omesso di pronunciare in ordine al motivo di appello concernente la mancanza di potere in capo all’Avv. De Biasi, allora difensore del M., a rinunciare all’opposizione è inammissibile in quanto della questione che sarebbe stata proposta all’attenzione della Corte d’appello non è traccia nell’impugnata decisione per cui o la censura è nuova oppure il ricorso non è autosufficiente, non essendo stato fedelmente riportato il passo dell’atto di appello in cui sarebbe stata dedotta.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere omesso la Corte d’appello di valutare il motivo attinente all’erronea interpretazione data dal Tribunale alla dichiarazione di rinuncia agli atti proposta dall’opponente, da ritenersi condizionata all’omologazione del concordato fallimentare. Il motivo è infondato in quanto il giudice del gravame ha implicitamente rigettato il motivo dal momento che ha esaminato la questione, logicamente dipendente, della dedotta carenza di accettazione. L’implicita pronuncia è peraltro corretta; come risulta dallo stesso ricorso l’apposizione della condizione alla rinuncia agli atti deriverebbe dalla precisazione verbalizzata “in quanto si sta valutando la possibilità e l’opportunità di proporre concordato fallimentare”.

Tale precisazione, tuttavia e come ha giustamente osservato il Tribunale, altra valenza non può avere che quella di mera giustificazione della rinuncia, non risultando in alcun modo la subordinazione ad una qualche condizione, stante anche la fumosità e vaghezza dell’espressione; nè è un caso che, sostituito il difensore, il nuovo legale abbia sentito la necessità di comunicare che la proposta di concordato era stata presentata e di esplicitare (tardivamente) che la già avvenuta rinuncia era da ritenersi condizionata al buon esito della medesima.

Il quarto motivo con il quale ancora si deduce la carenza di motivazione circa gli ulteriori motivi di gravame avverso la sentenza dichiarativa del fallimento è infondato in quanto la Corte d’appello ha esaminato tali questioni solo ad abundantiam dopo aver correttamente premesso che i relativi motivi erano da considerarsi assorbiti alla luce della ritenuta estinzione del giudizio di opposizione per intervenuta rinuncia.

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese in considerazione della circostanza che soccombente è il fallito nei confronti della procedura relativa alla sua insolvenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2011

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