Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17454 del 28/06/2019

Cassazione civile sez. VI, 28/06/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 28/06/2019), n.17454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17635-2018 proposto da:

M.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DAVIDE VERLATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE di PADOVA, in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 1118/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

TERRUSI.

Fatto

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame di M.B. contro la decisione del tribunale della stessa città, di rigetto della domanda di protezione internazionale e umanitaria;

il predetto ricorre per cassazione con due motivi;

il ministero dell’interno ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo mezzo è dedotta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento ai principi giurisprudenziali in tema di istruttoria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, poichè la corte d’appello avrebbe omesso di acquisire d’ufficio tutte le informazioni necessarie a integrare gli elementi offerti dal ricorrente a proposito della veridicità del suo racconto; egualmente la corte d’appello avrebbe mancato di acquisire informazioni sulla situazione generale dello stato di provenienza e sulla concreta vulnerabilità del richiedente;

col secondo mezzo è dedotto in consecuzione il vizio di motivazione della sentenza in ordine alla “concessione di un permesso per protezione sussidiaria e per motivi umanitari”, nonchè la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32;

il ricorso è inammissibile;

la corte d’appello di Venezia ha previamente e motivatamente escluso l’attendibilità del racconto posto a base della domanda – incentrato su una vicenda personale legata alla morte di un ragazzo asseritamente investito dal ricorrente con una motocicletta, nonchè sul conseguente timore di essere ucciso dai familiari della vittima ovvero arrestato dalla polizia;

tanto ha fatto mettendone in evidenza gli elementi di genericità, le incongruenze e infine l’implausibilità logica;

tali elementi – ha soggiunto – impedivano di stabilire l’effettività delle circostanze dal ricorrente narrate “ad iniziare dalla data di nascita” e dall'”ingresso in territorio libico”; nè del resto era stato indicato il nome dei familiari (madre, padre e sorella) e non erano stati forniti particolari neppure in ordine all’abitazione nel villaggio, nè in ordine al motociclo utilizzato, nè all’identità del ragazzo asseritamente ucciso;

la simile valutazione non è stata specificamente censurata e, secondo consolidata giurisprudenza, esaurisce l’onere motivazionale, dal momento che in ipotesi di esclusione della credibilità soggettiva del richiedente (soprattutto ove tale esclusione attenga a elementi di identità personale) non occorre procedere ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio con riguardo alla situazione del paese di asserita origine (v. Cass. n. 28862-18, Cass. n. 16925-18 e altre); paese che del resto è da ritenere incerto proprio in considerazione del dubbio che si annida finanche in ordine alla nascita;

è appena il caso di aggiungere che le censure si palesano generiche anche a proposito dell’invocato permesso per motivi umanitari;

sul punto la corte d’appello ha infatti rigettato la domanda in base a una concorrente ratio, involgente (questa volta) l’inottemperanza all’onere di specificità della domanda;

la corte ha sottolineato non esser stati ivi dedotti motivi di vulnerabilità soggettiva, il che implica una valutazione di inammissibilità del profilo di gravame;

su tale ulteriore ratio il ricorrente non ha svolto pertinenti doglianze: egli non solo non ha denunciato l’esistenza di una violazione di norma processuale quanto ai motivi di censura in quella sede formulati, ma ha mancato finanche di indicare cosa in effetti era stato dedotto, sia in primo grado, sia in appello, a fondamento della personale vulnerabilità;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 2.100,00 oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2019

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