Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17454 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. II, 20/08/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 20/08/2020), n.17454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5212/2019 proposto da:

COMUNE DI VENEZIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI 34, presso lo studio

dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati NICOLETTA ONGARO, ANTONIO IANNOTTA;

– ricorrente –

contro

DITTA INDIVIDUALE C.M., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FRANCESCO VALESIO, 1, presso lo studio dell’avvocato MICHELA

DAMADEI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato JACOPO

MOLINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2209/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2019 dal Consigliere ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

è stata impugnata dal Comune di Venezia la sentenza n. 2209/2018 del Tribunale di quella stessa Città con ricorso fondato su quattro ordini di motivi e resistito con controricorso della intimata Ditta Individuale C.M..

Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La controversia attiene al giudizio di opposizione avverso l’ordinanza di ingiunzione n. 8100/2014 con la quale si sanzionava l’eccesso di velocità relativo alla circolazione acquatica nella laguna di Venezia ed attestato in base alle risultanze della strumentazione c.d. “Argos”.

Il Giudice di Pace di Venezia, con decisione n. 667/2017 annullava la suddetta ordinanza per inidoneità della rilevazione strumentale utilizzata.

L’odierna Amministrazione ricorrente interponeva appello avverso la decisione del Giudice di prime cure invocando l’erronea applicazione analogica, nella fattispecie, della disciplina relativa alla circolazione stradale ed all’obbligo della verifica periodica di funzionalità e taratura delle apparecchiature così come risultante a seguito della nota pronuncia della Corte Costituzionale n. 113/2015.

Con la sentenza innanzi citata il Tribunale di Venezia, in funzione di Giudice di appello, rigettava il gravame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso, lamentando – testualmente- “erroneità della sentenza ed ingiustizia manifesta”, si censura, ai sensi dell’art. 350 c.p.c., n. 5, il vizio di violazione di una serie di norme in atti indicate.

Col motivo, nel denunciare errori per violazione di legge, si fa erroneamente riferimento al paremetro normativo processuale di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, (in luogo di quello – corretto – ex n. 3, art. cit.)

Il motivo, in ogni caso, non è ammissibile in quanto non coglie la ratio posta a base della decisione del Giudice del merito.

Tale ratio è correttamente incentrata sulla dovuta garanzia del corretto funzionamento della strumentazione utilizzata per rilevamento velocità, del suo accertamento e delle conseguenti sanzioni.

La nota decisione della Corte Costituzionale n. 113/2015 (a seguito di rimessione ad essa per questione di costituzionalità sollevata da questa Corte) ha inteso affermare un principio di garanzia e di carattere generale per cui ogni apparecchiatura di accertamento deve essere periodicamente controllata e tarata.

La validità di tale generale principio non viene meno per effetto della circostanza che in ipotesi si verta in tema di circolazione acquatica e non stradale.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 3, di violazione del L. n. 689 del 1981, art. 13, e art. 39 Regolamento navigazione locale.

Il motivo, al pari del precedente, non è ammissibile.

Viene dedotta questione relativa all’applicazione di regolamento locale di navigazione, ma la stessa non rileva, nè può assumere carattere decisivo stante il pregresso dirimente profilo della non taratura e, quindi, della illegittima utilizzazione, nell’ipotesi, della apparecchiatura utilizzata per l’accertamento delle velocità, così come innanzi affermato sub 1.

3.- Con il terzo motivo, invocando l’art. 360 c.p.c., n. 5, si lamenta la violazione di norme di legge ed, in particolare degli artt. 97 e 23 Cost., nonchè – ma ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – L’omessa valutazione di prove decisive.

Il motivo inverte i parametri normativi di riferimento, numeri 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., in dipendenza del tipi di vizi oggetto di denunzia innanzi a questa Corte.

Il motivo è, comunque, del tutto infondato in quanto nè vi è stata, da parte del Giudice del merito, una omissione di valutazione, nè la violazione o falsa applicazione di norme e principi di diritto.

L’impugnata sentenza, anzi, ha correttamente dato giusta applicazione al dictum di cui alla decisione della Corte Costituzionale n. 113/2015.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta, ex art. 360 c.p.c., n. 3, il vizio di omessa motivazione della sentenza, nonchè – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – la violazione dell’art. 11 Cost., e di varie altre norme di legge in ricorso indicate.

Anche con tale ultimo motivo parte ricorrente inverte erroneamente le norme processuali invocate in dipendenza dei vizi denunciati e pretesamente sussistenti.

Tuttavia la postulata omessa motivazione (ipotizzabile come censura solo in ordine ad un fatto specifico o un dato rilevante non valutato; cfr., ex plurimis: Cass. S.U. n. 8053/2014) non ricorre.

Il Giudice del merito ha dato atto con la propria decisione della valutazione di quanto rilevante al fine del giudizio ed ha deciso congruamente in modo conforme alle norme di legge ed ai principi giurisprudenziali applicabili nella fattispecie.

Il motivo è, quindi, infondato e va respinto.

5.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

6.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così come in dispositivo.

7.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

 

 

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