Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17453 del 20/08/2020
Cassazione civile sez. II, 20/08/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 20/08/2020), n.17453
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24914/2016 proposto da:
C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7,
presso lo studio dell’avvocato ESTER PERIFANO, che la rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cron. 206/2016 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositato il 28/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/12/2019 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.R., in difetto di spontanea esecuzione, avviò giudizio d’ottemperanza nei confronti dello Stato, al fine di ottenere il pagamento dell’equo indennizzo stabilito dal giudice con decreto depositato il 18/5/2012 (la domanda risaliva al 6/4/2009) e il giudizio d’ottemperanza era stato definito con sentenza del 3/3/2015.
Il Consigliere designato della Corte d’appello di Perugia, con provvedimento del 14/1/2016, respinse la domanda, considerata tardiva quanto al procedimento di cognizione presupposto, per la decadenza maturatasi il 3/7/2013.
La Corte d’appello di Perugia, con decisione collegiale resa pubblica il 20/4/2016, rigettò l’opposizione proposta dalla C., sul presupposto (già fatto proprio dal Consigliere designato in sede monocratica) che ai fini della ragionevole durata del processo non fosse consentito cumulare la fase cognitiva a quella esecutiva (qui svolta nelle forme del giudizio d’ottemperanza).
Avverso il decreto collegiale C.R. propone ricorso fondato su due motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
All’esito dell’adunanza camerale il processo è stato rimesso alla pubblica udienza con ordinanza interlocutoria resa pubblica il 15/1/2019.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con i due motivi di ricorso, fra loro collegati, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli art. 6, p. 1 e art. 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in combinato disposto con gli artt. 10,11 e 111 Cost., italiana, nonchè della L. n. 89 del 2001, artt. 2,4 e 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la Corte territoriale fondato la propria statuizione sull’assunto che non fosse possibile cumulare fase di cognizione e fase esecutiva del c.d. processo presupposto; da qui la conseguenza che il ricorso proposto per il conseguimento dell’equo indennizzo doveva ritenersi tardivo con riferimento alla fase di merito, in quanto depositato oltre il termine semestrale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, mentre la durata del processo esecutivo (a seguito del mancato pagamento da parte dell’Amministrazione), costituito da un giudizio di ottemperanza, fosse stato ragionevole.
2. Il complesso censuratorio è fondato sulla scorta dei principi enunciati assai di recente dalle Sezioni Unite (Sentenza n. 19883 del 23/07/2019, Rv. 654838), le quali hanno spiegato che ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 4, nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, conv. dalla L. n. 134 del 2012, risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018, la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all’indennizzo a carico dello Stato-debitore va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che essa venga iniziata entro sei mesi dalla definitività del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitività della fase esecutiva.
Tuttavia, ulteriormente specificando che nel computo della durata del processo di cognizione ed esecutivo non va considerato come “tempo del processo” quello intercorso fra la definitività della fase di cognizione e l’inizio della fase esecutiva, quest’ultimo, invece, potendo eventualmente rilevare ai fini del ritardo nell’esecuzione come autonomo pregiudizio, allo stato indennizzabile in via diretta ed esclusiva, in assenza di rimedio interno.
3. La decisione deve essere, pertanto, cassata con rinvio, rimettendosi al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Perugia, altra composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020