Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17452 del 22/08/2011

Cassazione civile sez. I, 22/08/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 22/08/2011), n.17452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24708/2005 proposto da:

M.F. (c.f. (OMISSIS)), L.A.M.

(C.F. (OMISSIS)) vedova M., MO.FL.

(C.F. (OMISSIS)), M.A.M. (C.F.

(OMISSIS)) in B., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA LAURA MANTEGAZZA 24, presso il Dott. GARDIN MARCO, rappresentati

e difesi dall’avvocato VALLA Giacomo, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI GROTTAGLIE (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 142,

presso l’avvocato RELLEVA Piero, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 246/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 27/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato VALLA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato RELLEVA che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del primo

motivo e accoglimento del secondo motivo con applicazione della

sentenza n. 1349/07 della Corte Costituzionale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 26/5/1989, il Tribunale di Taranto accoglieva la domanda di C.I., G. ed O. (questi ultimi due, anche come eredi del fratello I., deceduto nelle more) e condannava il Comune di Grottaglie alla corresponsione della somma di L. 557.331.696, con interessi legali dal febbraio 1985 al saldo, per l’accessione invertita di mq. 3775,96 del terreno dei fratelli C., limitrofo ad altro terreno espropriato per conto dell’ente pubblico, ed oggetto di sconfinamento.

La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 29/6/1996, pronunciando sull’appello principale del Comune ed incidentale dei C., rigettava l’appello incidentale e, in parziale accoglimento dell’appello principale, rideterminava il risarcimento nel minore importo di L. 104.746.400, oltre rivalutazione ed interessi.

Proponeva ricorso per cassazione il Comune; resistevano i C..

Il Supremo Collegio, con sentenza depositata il 1/9/98, rigettava i primi due motivi del ricorso del Comune e, pronunciando sul quarto, assorbito il terzo, in applicazione dello jus superveniens, costituito dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, che ha introdotto la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, cassava la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, affinchè accertasse il risarcimento del danno dovuto ai resistenti sulla base dei criteri della normativa sopravvenuta.

Veniva riassunto il giudizio dagli eredi di C.G. ed O., M.F., M.A.M. in B., L.A.M. ved. M. e Mo.Fl.; veniva disposta nuova C.T.U. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 27/4/2005, ha determinato il risarcimento dovuto agli eredi di C.G. ed O. in Euro 23.440,00 da rivalutarsi dal 31/12/79 all’11/5/95(data della decisione della Corte d’appello parzialmente riformata) in base agli indici Istat, oltre interessi legali dal 31/12/79 al 30/12/80 sulla somma originaria e, per ogni anno successivo, sulla somma anno per anno rivalutata sino all’11/5/95, con diritto del Comune di ripetere le maggiori somme corrisposte a tale titolo; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza ed ha compensato le spese di primo e di secondo grado, del giudizio svoltosi avanti al S.C. ed alla Corte del merito in sede di rinvio per la metà, ivi comprese le spese della C.T.U., gravando il Comune della restante parte.

La Corte d’appello, premesso che oggetto della decisione era solo la determinazione del risarcimento, ha rilevato che la norma indicata dalla Cassazione in sede di cassazione con rinvio era stata sostituita dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, come modificato dal D.Lgs. n. 302 del 2002, come tale applicabile, ed ha aderito alle conclusioni peritali; per il calcolo degli interessi e della rivalutazione, ha ritenuto di fare riferimento alle determinazioni della Corte d’appello nella sentenza depositata il 29/6/96, non impugnate e quindi passate in giudicato.

Ricorrono per cassazione M.F. ed altri, sulla base di due motivi.

Si difende il Comune con controricorso.

Ambedue le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 394 e 112 c.p.c., sostenendo l’erroneità della sentenza impugnata, per avere ritenuto di non potere procedere a diversa qualificazione della domanda, quale risarcimento da occupazione usurpativa, come richiesto dai M., al fine di escludere l’applicazione dello jus superveniens. Secondo i ricorrenti, la sentenza del S.C. n. 8678 del 1998 non preclude la diversa qualificazione della fattispecie in occupazione usurpativa, che non comporta mutamento nelle conclusioni;

nella specie, la cassazione della sentenza di merito per l’intervenuto jus superveniens non può equipararsi alla cassazione per violazione di norme di diritto, e d’altra parte, l’allegazione dell’elemento integrativo( inefficacia ab origine della dichiarazione di pubblica utilità) si era resa necessaria proprio in conseguenza della nuova disciplina, mentre era irrilevante nell’anteriore fase di merito; non può pertanto trovare applicazione il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, avendo il C.T.U. acclarato l’assenza di valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, per cui agli attori spetta l’integrale risarcimento del danno per la perdita di proprietà dei suoli.

1.2.- Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, per trattarsi di occupazione usurpativa.

2.1.- Il primo motivo ed il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati.

E’ costantemente affermato da questa Corte che in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità costituiscono il presupposto stesso della pronuncia di annullamento, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio di intangibilità, (così in massima, tra le ultime, le pronunce 17353/2010, 26241/2009, 737/2005, 8889/2003).

Secondo i ricorrenti, detto principio sarebbe inapplicabile avendo la Corte cassato non per violazione di norme di diritto, ma in applicazione dello jus superveniens: tale tesi deve ritenersi infondata, atteso che, denunciato dal Comune il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, proprio nell’ambito del giudizio di diritto che le era stato sottoposto, il S.C. ha applicato la normativa sopravvenuta;

d’altronde, l’infondatezza della prospettazione dei M. è evidente, laddove si pone mente alla cassazione con rinvio della sentenza, avvenuta per “consentire al giudice del merito di accertare il risarcimento del danno dovuto ai resistenti sulla base dei criteri stabiliti dalla normativa sopravvenuta di cui alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65”, che pianamente postula l’avvenuta qualificazione della fattispecie in termini di occupazione appropriativa, non più suscettibile di essere rimessa in discussione in sede di giudizio di rinvio, che come è noto, costituisce una “fase” dell’intero giudizio (così la recentissima sentenza delle Sezioni Unite, 19701 del 2010 e vedi la precedente sentenza 1824 del 2005).

Ne consegue anche l’infondatezza del secondo motivo, articolato sempre avuto riguardo alla prospettata diversa ipotesi di occupazione usurpativa. Ciò posto, va resa applicazione dell’intervenuto jus superveniens.

La Corte costituzionale, con la sentenza 349/2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 33 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, convertito con modificazioni, nella L. n. 359 del 1992, introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 65, nella parte in cui non prevede, per il caso di occupazione acquisitiva, il ristoro integrale del danno subito dal proprietario dell’immobile; come è noto, la sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale spiega i suoi effetti dal giorno successivo alla pubblicazione sui rapporti in corso, salvo che il rapporto non si sia esaurito in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato, per essersi verificato un evento al quale l’ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali o decadenze e prescrizioni non direttamente investite nei loro presupposti normativi dalla pronuncia di incostituzionalità (in tal senso, le pronunce 16450 del 2006, 15200 del 2005, 22413 del 2004).

Si deve aggiungere che nelle more del giudizio è intervenuto la L. n. 244 del 2007, art. 2, il cui comma 89, sub e), ha modificato l’art. 55 del T.U. sulle espropriazioni, D.P.R. n. 327 del 2001, disponendo che:” nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità, in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene”; da ciò consegue che, avendo i ricorrenti con i motivi di impugnazione rimesso in discussione il quantum del risarcimento,il giudice di rinvio dovrà calcolare detto risarcimento sulla base del parametro del valore venale reintrodotto da quest’ultima norma (in senso conforme, vedi la pronuncia 8384 del 2008).

E’ appena il caso di aggiungere, sul punto, che la rimessione al giudice del merito si appalesa necessaria nel caso, non risultando dalla sentenza quale sia il valore di mercato del bene, avendo la Corte leccese fatto riferimento tout court al valore calcolato del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 55.

Il Giudice del rinvio provvederà a decidere sulle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso e decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata dei limiti di cui in motivazione e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2011

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