Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17449 del 20/08/2020

Cassazione civile sez. I, 20/08/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 20/08/2020), n.17449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14878-2019 r.g. proposto da:

H.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Vittorio Sannoner, con cui elettivamente domicilia in Foggia, Via A.

da Zara n. 3, presso lo studio del predetto avvocato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante prò tempore il Ministro;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bari, depositato in data

18.4.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/7/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Bari ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da H.M., cittadino del Niger, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato in (OMISSIS) e di provenire da (OMISSIS); ii) di essere stato costretto a fuggire dal sua paese, a causa delle violenze del noto gruppo terroristico di (OMISSIS).

Il tribunale ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perchè comunque i fatti narrati non evidenziavano vicende persecutorie in danno del richiedente; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. e, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al Niger, stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; e) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, perchè il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento ne contesto sociale italiano nè una condizione di effettiva vulnerabilità soggettiva.

2. Il decreto, pubblicato il 18.4.2018, è stato impugnato da H.M. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 4 e 32.

2.Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

3. Il terzo mezzo deduce la omessa valorizzazione di prove e riscontri in relazione alla valutazione del rischio paese, in relazione al quale il tribunale aveva svolto valutazioni generiche, senza neanche indicare le fonti di conoscenza internazionale consultate.

4. Con il quarto motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 8 e 14, sempre in relazione alla richiesta protezione sussidiaria.

5. Il quinto mezzo deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6.

6. Il ricorso è inammissibile.

6.1 Il primo motivo è inammissibile in quanto confligge con la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte sul punto di doglianza sollevato dal ricorrente, giurisprudenza secondo la quale i vizi del procedimento amministrativo celebrato innanzi alla commissione territoriale non rilevano nel successivo giudizio appositivo innanzi all’autorità giudiziaria, la cui cognizione si estende invero ai solo profilo della sussistenza o meno del diritto soggettivo ad ottenere la richiesta protezione internazionale.

6.2 Il secondo motivo di censura è invece inammissibile in quanto non intercetta la ratio decidendi posta a sostegno dell’invocata protezione internazionale, e cioè la valutazione di non credibilità del richiedente, profilo quest’ultimo che – se non adeguatamente censurato – rende superflua ogni ulteriore disquisizione sulla necessità di un approfondimento istruttorio sulla situazione del paese di provenienza dei richiedente, in relazione al profilo del rifugio e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b.

6.3 Il secondo e terzo motivo, articolati in riferimento al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. e, possono essere esaminati congiuntamente e vanno dichiarati anch’essi inammissibili.

Il motivo – articolato (come detto) in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. e, – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Niger, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative.

6.4 Il quinto mezzo, declinato in riferimento al diniego della richiesta protezione umanitaria, è anch’esso inammissibile.

6.4.1 Sul punto giova ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assurnere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perchè la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).

6.4.2 Ciò posto, va subito osservato come il ricorrente, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, pretenderebbe, oggi, un nuovo scrutinio da parte di questa Corte di legittimità, in riferimento alle valutazioni contenutistiche sottese alla decisione di rigetto della richiesta protezione umanitaria, veicolando, peraltro, tale richiesta attraverso generiche osservazioni sulla condizione del paese di provenienza del richiedente. Nessuna statuizione è dovuta per le” spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2020

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